Di Massimiliano De Paola Burocrazia e spintarelle la fanno da padroni. Su questo giornale abbiamo parlato più volte del rischio spopolamento e di come fermare questa “drammatica” emorragia di risorse umane da questo lembo di terra del Sud Italia. Provo a fare un’analisi lucida e approfondita su quelle che considero siano alcune cause. Se qualcuno vi chiedesse “preferisci il mare alla nebbia, l’aria salubre allo smog, la tua terra natia ad un posto lontano e indefinito?”, voi come rispondereste? Probabilmente non avreste dubbi su cosa rispondere. Ma se vi ponessero la domanda da un’altra prospettiva, da un’altra angolazione, i dubbi vi verrebbero o no? Mi spiego meglio. La domanda potrebbe essere quest’altra: “preferisci avere un lavoro precario pur di stare vicino ai tuoi affetti più cari e a un posto che ami, oppure ritieni che sia meglio spostarti per raggiungere i tuoi sogni?”. Detta così sembra un’entrata a gamba tesa. Premesso che i sogni sono una cosa seria, chi ci garantisce che andando via da questo lembo di terra, altrove riusciamo a raggiungere davvero i nostri sogni? Mi sembra tutto troppo esemplificativo. Andare via o rimanere qua, a quanto pare prevede una serie di pro e contro che vanno vagliati uno a uno a tavolino, vanno ben analizzati. Bisogna contare fino a dieci prima di prendere una decisione del genere. Ma come ci siamo finiti in questo disastro? Beh, c’è da dire che è da quando sono nato che sento parlare di “questione meridionale” e di crisi economica. La “questione meridionale” sta bene su tutto, perciò spunta ad ogni campagna elettorale come “il ponte sullo stretto”. Non è un problema di oggi e non sarà certo risolto oggi. Il Sud è pieno di amministratori locali bravi e competenti, ma bisogna riconoscere che ci sono pure quelli che non sono all’altezza. E c’è il vizio della raccomandazione, che in periodo di crisi è ancora più evidente. Quello è un male endemico di cui non si può non tener conto. Lecca oggi, lecca domani, che prima o poi qualcosa esce. Abituarsi a questa pratica comporta varie controindicazioni da parte della società civile: porta al servilismo volontario dei soggetti che la ricercano con annesso rifiuto di ogni altra occasione di lavoro che non sia contemplata in quel tipo di raccomandazione, prevede la connivenza e la complicità di alcuni politici che su questo tipo di pratica ci marciano in termini elettorali e, soprattutto, comporta costi che i cittadini onesti saranno costretti a pagare per l’incompetenza di chi va a svolgere ruoli non adeguati alle proprie capacità. E’ così che nascono tanti posti di lavoro di gente senza il titolo di studio appropriato o, molto spesso, proprio senza titolo, che è peggio. Ciò va a discapito di chi ha studiato tutta una vita, della famiglia che ha pagato i suoi studi e della famosa società civile che si trova ad avere a che fare, in uffici pubblici e privati, con gente incapace di risolvere i problemi. E’ così che ci si ritrova in tanti ospedali, uffici pubblici e posti di lavoro in generale, persone inadatte al ruolo che ricoprono, annoiate, stressate e per nulla coinvolte e appassionate dal proprio lavoro. E’ superfluo dire che questi soggetti riescono a trovare ben pochi stimoli dentro di sé e che si limitano a fare il minimo indispensabile. Per la verità c’è anche da dire che soprattutto nelle amministrazioni locali, per volontà acclarate o per difficoltà reali, ci sono pochi controlli e così i furbi la fanno quasi sempre franca. Esiste pure qualche mosca bianca, ma bisogna ricercarla con un lanternino, l’impressione è quella di cercare un ago in un pagliaio, non è mica facile! E quella mosca bianca a lungo andare rischia di diventare come le altre mosche, mica è facile resistere a certe tentazioni! Quella mosca bianca è da preservare e da clonare, perché mette passione in tutto quello che fa e soprattutto perché lavora per tre. Quella mosca bianca salva un pochino la baracca, anche se nel complesso la situazione generale rimane piuttosto disastrosa. E poi vogliamo parlare dell’incapacità della classe dirigente locale di spendere i Fondi Europei? Sapete quanti soldi ogni anno tornano indietro? E’ meglio che non ve lo dico. Non so se riuscireste a superare lo shock! E’ meglio non rischiare! Riuscite ad immaginare quanti posti di lavoro potrebbero essere creati da questi tipi di progetti? Se parli con alcuni sindaci ti dicono che i tecnici comunali non hanno tempo per farli. Se parli con i tecnici comunali ti dicono che non è compito loro farli. Per fortuna non sono tutti così, c’è chi i progetti li fa e li fa pure bene e non perde neanche un centesimo di finanziamento comunitario. Preferisco focalizzare l’attenzione su questi ultimi. Ma ora mi chiedo, perché ci sono tutte queste differenze tra le amministrazioni locali, perché ci sono tutti questi sprechi e soprattutto perché noi cittadini dobbiamo pagare puntuali come un orologio svizzero il 27 di ogni mese (giorno più giorno meno) lo stipendio a chi il proprio lavoro non lo fa bene fino in fondo? Un giorno, credo un paio di anni fa, con tanto entusiasmo, andai a presentare un progetto e un tecnico comunale mi disse “Si vabbè, sai quanti ci hanno provato prima di te senza riuscirci!”. Lì iniziai a capire di che pasta era fatto quel tecnico (uno dei tanti che si possono incontrare sui nostri enti locali) e che aiuto mi avrebbe potuto dare per la buona riuscita del mio progetto. Lì iniziai a capire che bisogna lottare prima di tutto contro questa gente, che col tempo ha preso potere. Lì ho iniziato a capire che i tempi della burocrazia dipendono pure da simpatie o antipatie. Lì ho iniziato a capire che ci sono troppi interessi in ballo negli enti locali e che a nessuno interessa fare troppa luce, alla faccia della trasparenza. Tra le problematiche dei nostri territori a mio avviso non si possono tralasciare quelle imprenditoriali. Metterei tra i primi posti la mancanza di formazione adeguata, la mancata attitudine alla cooperazione e un’arretratezza in alcuni casi nell’ambito dell’organizzazione aziendale e dell’utilizzo degli strumenti tecnologici più moderni atti a rendere veloce, efficiente e competitiva la propria azienda rispetto a mercati esterni al nostro territorio. Il problema infrastrutturale esiste, ma non può essere l’unica attenuante. In un contesto del genere ci vuole molto coraggio ad essere ottimisti, anche se ricordo che uno spot pubblicitario diceva che l’ottimismo è il sale della vita.
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