La stima numerica pretende cifre a sei zero, se vogliamo avvicinarci al numero, impressionante, di Donne che rappresentano un esercito senza armi e senza difesa. Stupri, violenza, molestie, sono alcune delle tante brutalità che vengono commesse, per lo più nell’intimità di quei luoghi i quali dovrebbero rappresentare il meraviglioso tempio della famiglia e della serenità, anziché la triste arena delle aggressività domestiche. Secondo l’Istat le donne abusate dai propri partner sono il 90,6%, tra coloro che subiscono violenze. Tra queste circa l’80% subisce tentativi di strangolamento e il 77,8% riceve ogni tipo di maltrattamento, con serie conseguenze permanenti di natura psicologica, che spesso si riflettono anche sui figli. Ed è proprio lo status psicologico che la fa da padrona, ad ogni primordio di una qualsiasi violenza, soprattutto quando questa sfocia nell’omicidio. In Italia ogni tre giorni si conta una vittima in più, che la si vuole chiamare “Femicidio” per dirla con Russell e Harmes che ne hanno introdotto il termine nel 2001, oppure “Femminicidio” come lo ha concettualizzato l’antropologa messicana Marcela Lagarde, resta sempre e comunque quel vile atto che sfocia nella forma estrema di violenza di genere, prodotta – sostiene quest’ultima – dalla violazione dei diritti umani in ambito pubblico e privato.
Tuttavia al di là di qualsiasi terminologia che si desidera utilizzare, la violenza sulle donne è, e resta, una regressione sociale delle più indegne esistente nel nostro mondo. Verso la quale l’umanità, come istituzione, società civile e culturale, non può voltare le spalle, anzi deve, ancor più di quanto si occupa, interessarsi in maniera collettiva per la sua repressione e prevenzione. Un problema sociale dunque che interessa tutti, in quanto è proprio come essere umani che abbiamo attinto quei princìpi che regolano la morale che ci è utile – come società – per i nobili scopi della convivenza e uguaglianza, tra sessi, idee, opinioni e scelte.
Seppur senza scomodare la criminologia letteraria di Cesare Beccaria, il quale suggerisce che la rivelazione, le leggi naturali e le convenzioni fittizie della società, possono essere proprio queste a costruire il luogo dove trovare, probabilmente, le leggi non scritte della moralità sociale, possiamo facilmente intravedere se e quanto il problema femminicidio ci possa interessare più di quanto immaginiamo. Ma se così, se trattasi di un problema collettivo e morale, in quale modo e attraverso quali strumenti potremmo costruire prevenzione? Lo stile pedagocico qui richiesto è il senso stesso dominante l’esistenza della società, alla quale apparteniamo, quindi non la casualità o la probabilità, oppure la occasionalità, ma la seria volontà nell’educare il nostro ambiente sociale. Dobbiamo quindi ricercare prerogative filosofiche o psicologiche oppure culturali e umane per disegnare lo studio preventivo alle violenze sulle donne? Sarà magari la sola psichiatria che dovrà intervenire? Credo che oltre alle spiegazioni culturali, storiche, filosofiche e psicologiche – anche se tutte interessano l’interpretazione, non giuridica, a questo immane crimine – occorre circoscrivere una volontà quantica nella assoluta convinzione che questi atti criminali possono essere evitati, se la nostra società, per mezzo di tutti gli attori preposti, ascolterà di più, si predisporrà nelle condizioni di prestare maggiore attenzione a tutte le Donne che per via ufficiale o ufficiosa hanno denunciato un atto di violenza, un maltrattamento, una minaccia oppure un già solo piccolo segnale, che lasci presagire un’azione cruente a loro danno. Certo, tutto ciò non basta, occorre che le leggi – seppur esistente una Normativa che ne argomenta il tema sin dal 1996 (Legge 15 febbraio 1996, n.66) per poi estendersi nel 2006 e modificata e/o incrementata con D.Lgs fino al 2015 – siano per lo più orientate alla prevenzione, in caso di segnalazioni, di tutela istituzionale in caso di denuncia. Non è possibile, giusto ad esempio, che lo Stato spendi milioni di euro per tutelare i c.d. pentiti della mafia, della camorra o di qualsiasi altra organizzazione criminale, mettendo a disposizione strutture, agenti di scorta etc. mentre per le donne che subiscono minacce di morte, la Legge non prevede se non una semplice sentenza del Tribunale che obbliga (così per dire) il partner o il l’intimidente a non avvicinarsi alla vittima. Cosa che, come abbiamo più volte visto, si trasforma in tragico epilogo. Occorre anche ricordare che lo stalking è l’anticamera del femminicidio, ne abbiamo avuto già abbastanza esempi. Bisogna andare oltre, proprio per evitare che accada l’irriparabile. È, come già detto, un problema sociale, e dunque tutti dobbiamo dare il proprio contributo, dal semplice No alla violenza, all’importante traguardo di offrire aiuto, supporto e tutela. Dare un impulso importante per promuovere e condurre la lotta contro le violenze e lo stalking sulle Donne affinché questo non sia più un problema sottovalutato e purtroppo spesso dimenticato, ma sia invece sprono per avvicinare le Istituzioni e la Società a questo grave problema il quale si presenta sotto forma di atrocità psico-fisica, di persecuzioni, condizioni che spesso sostano nel sommerso e nella totale indifferenza di chi sa e tante altre volte nel silenzio di chi subisce, preferendo tacere per il bene altrui, per i figli, per la dignità. Ecco appunto, la dignità, che viene soppressa proprio tacendo e non denunciando, la libertà che viene ostacolata e privata se non si decide per la propria vita; la vita, quella grande meravigliosa sensazione che Dio ci ha offerto, e che nei tardi momenti non la si può restituire più a nessuno, lasciando solo rabbia, pianti e sdegni. Basta con questa regressione psicosociale, basta con questo indegno agire dell’uomo che tale non è, non possiamo voltare le spalle e l’interesse dall’altra parte dando così agio a chi commette questi atti spregevoli. Assumiamo il comportamento che più si addice all’individuo che vuole continuare a far parte di una società: la moralità, nel nostro pensare, nel nostro agire, nel nostro considerare l’altrui persona, amare senza uccidere. La conoscenza e la centralità dell’uomo vive proprio nell’esistenza della Donna. Sosteniamo tutte quelle realtà che quotidianamente si impegnano affinché fatti scellerati e criminali vengano denunciati e fermati. Sosteniamo, come essere umani, il ruolo che ci compete in questo mondo ormai quasi imploso nella gratuita brutalità dell’individuo maschio, anche se maschio lo si è solo se dapprima ci si scopre di essere uomo; e l’Uomo la sua Donna la difende non la uccide, così come la Donna difende il suo uomo, questa è la legge non scritta ma ancor più importante di quelle note per sancita costituzione dei nostri codici, una legge che elogia ed innalza in modo eccelso il senso di ogni individuo nell’ essere parte inconfutabile della società, di cui tanto ci vantiamo di appartenere ma tanto facciamo per denigrarla nella sua sostanza e nella sua forma di convivenza.