Ogni giorno i telegiornali nazionali ci parlano di cronaca e politica estera riferendosi alla crisi siriana, alla politica di Trump, a quella di Putin. Siamo bombardati da notizie riguardanti attentati terroristici in importanti città europee… Ma troppo poco si parla della grave crisi Venezuelana… anzi, non se ne parla quasi per niente!
Viene da chiedersi il perché di tanta indifferenza. Forse il terrorismo sembra riguardare l’Italia e gli italiani più da vicino? Eppure se pensiamo al gran numero di nostri connazionali emigrati in Venezuela, ci rendiamo conto che, in fondo, la crisi Venezuelana non è poi tanto lontana da noi ed ha investito violentemente le vite di nostri familiari, amici e conoscenti.
Chi di noi non ha parenti o amici di famiglia che, dopo la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, ha deciso di intraprendere il viaggio della speranza su qualche bastimento diretto oltreoceano? Il fenomeno migratorio esisteva già da decenni, ma se fino agli anni Venti la destinazione dei nostri avi emigranti era per lo più quella statunitense, dalla fine degli anni Quaranta si è assistito ad una forte migrazione verso il Nord Europa, l’Australia e il Sud America.
Migliaia di cilentani hanno sperato e creduto di poter sbarcare il lunario trasferendosi dall’altra parte del mondo. Qualcuno ci è riuscito, qualcuno no. In molti, dopo un’esperienza di qualche anno, hanno fatto ritorno alla propria terra di origine, ma la maggior parte dei nostri compaesani emigrati si è stabilita nel Paese in cui si erano recati per cercare fortuna e hanno messo su famiglia… fino ad arrivare alla terza o quarta generazione.
In America Latina si è senz’altro evidenziata una vera e propria invasione di cilentani: Brasile, Argentina, Colombia, Cuba, Venezuela… non c’è Paese latinoamericano che non sia diventato la nuova Patria di molti nostri compaesani, amici e parenti. E così, ci siamo sentiti un po’ cittadini del mondo anche noi, quasi per riflesso… perché potevamo vantare quello zio d’America che in estate veniva a farci visita e che ci raccontava quanto fosse bella l’America e quanto fosse migliore della nostra Italia.
Le cose, però, si sa, non vanno sempre per il verso giusto; la storia cambia, cambiano i governi e di conseguenza cambia la qualità di vita… E, a volte, il sogno americano si è trasformato in una realtà dai risvolti raccapriccianti. È, oggi, il caso del Venezuela.
Paese in via di sviluppo, con un’economia basata principalmente sulle operazioni di estrazione, raffinazione e commercializzazione del petrolio e di altre risorse minerarie, il Venezuela vive dal 2011 una profonda crisi economica, istituzionale e sociale.
Dopo anni di dittatura (prima con Hugo Chavez e poi con Nicolas Maduro – attuale presidente) la popolazione venezuelana – stanca, denutrita e ridotta alla miseria – ha dato il via ad una serie di proteste che, dal 2013 ad oggi, ha visto protagoniste centinaia di vittime. Con la salita al potere di Maduro sono emersi gravi problemi economici derivanti dalle politiche economiche di Chavez, che hanno portato a razionamenti e a scarsità di generi di prima necessità. Il Venezuela, quindi, è sprofondato in una crisi economica drammatica, di cui non si vede la fine. Nel Paese manca tutto: dai farmaci ai generi alimentari. Si muore per un’allergia o per la puntura di un insetto. La fame è dilagante, tanto che nel 2016 si è calcolato che i tre quarti dei venezuelani avrebbe perso in media 9 kg di peso a testa; fare la spesa al supermercato è pressoché impossibile perché bisogna sopportare file interminabili per poi ritrovarsi di fronte a scaffali vuoti, per questo molti venezuelani sono costretti a mangiare una sola volta al giorno. Decine di migliaia tra giovani e meno giovani sono fuggiti da un Venezuela che non offre alcun futuro.
Dai primi di aprile ad oggi, la popolazione venezuelana è scesa per le strade, chiedendo pacificamente al governo di indire le elezioni per contestare la violenta dittatura di Maduro. “La madre di tutte le proteste” ha portato per le strade delle più importanti città venezuelane 6 milioni di persone che hanno marciato in silenzio vestite di bianco.
La situazione è gravissima e sicuramente è peggiore di quella che ci trasmettono i media di tutto il mondo perché il controllo dell’informazione venezuelana è in mano al governo: non si ha certezza del numero delle vittime né delle persone arrestate.
Nicolas Maduro, intanto, gioca la carta del “vittimismo” definendo la manifestazione un vero e proprio golpe avallato dall’opposizione e da Washington. Viene da chiedersi come si possa definire “colpo di stato” una marcia pacifica messa in essere da milioni di venezuelani che non hanno alcuna arma e che, anzi, vengono contrastati dai cosiddetti “colectivos”: bande di civili armati che con l’inasprirsi della crisi economica si sono trasformati in garanti dell’ordine “contro ogni forma di dissenso” e che seminano nel Paese terrore e morte.
È una vera catastrofe che vede protagonisti anche migliaia di italiani, cilentani e figli di cilentani. Non possiamo più fare finta di niente!