La Provincia di Salerno ha un passato e un presente contornati di arte, cultura, bellezze naturali e tradizioni cristiane e filosofiche, che attraggono ogni anno milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Fra le tante mete apprezzabili nel nostro incantevole territorio, degna di nota è, senza alcun dubbio, Velia-Elea, antica città “greca” che ha dato i natali a Parmenide, filosofo eleatico del quinto secolo a.C.
Dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, l’area archeologica di Velia è oggi situata nel comune di Ascea, a circa 90 km da Salerno, all’interno del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano ed è una delle principali attrazioni turistiche della provincia. La città, che in origine era conosciuta con il nome di Elea (da Hyele, sorgente locale), era una delle più rinomate polis italiane della Magna Grecia, fondata nel 530 a.C. da un esercito ellenico proveniente da Focea. Successivamente, i romani la ribattezzarono con il nome di Velia. Fin dai primordi, Elea si distinse per la sua dimensione culturale, che in breve tempo la spinse a divenire uno dei più importanti poli filosofici di tutto il mediterraneo.
Con l’intento di far luce sulla figura di Parmenide e sulla scuola eleatica abbiamo intervistato la Prof.ssa Carla Romano, Docente di Storia della Filosofia e Teoria della scuola presso l’Istituto di Scienze Religiose San Matteo di Salerno, già Dirigente Scolastico, nonché autrice di diversi e interessanti saggi filosofici, alcuni dei quali dedicati al pensiero di Jacques Maritain, Edith Stein e al tema dell’amicizia nella Patristica.
Professoressa Romano, chi era Parmenide e cosa resta oggi del suo pensiero?
Parmenide è stato una figura estremamente rappresentativa nel panorama della cultura greca pre-socratica perché ha fondato, insieme al suo discepolo Zenone, la scuola eleatica. Fu senza alcun dubbio l’esponente più importante dell’eleatismo e scrisse un’unica opera, Sulla Natura, in cui è trattata la base del suo pensiero, cioè la svolta ontologica e l’indagine sull’essere. Se i filosofi precedenti si occuparono prevalentemente della physis, cioè della natura, Parmenide iniziò ad indagare l’essere. Nella sua opera egli affronta il problema dell’illusorietà del mutamento del mondo fisico, affermando che tutto ciò che muta nell’universo empirico è illusorio. Illusoria è tutta la realtà fisica. Parmenide ha un duplice merito: è stato il primo a parlare di essere, collocandolo al centro della ricerca filosofica, ed ha contrapposto questo essere all’illusorietà del mondo fisico. L’essere è concepito come principio primo. L’ontologia è la matrice genetica della metafisica, che nascerà poi con Platone. Questo essere di Parmenide è eterno, immutabile, ingenerato, incorruttibile, unico, omogeneo, immobile ma è finito e non infinito (perché per i greci, la perfezione era simboleggiata dalla finitezza). Del suo pensiero oggi resta da un lato la conquista dell’ontologia e, dall’altro, un’influenza su Platone, dovuta al fatto che l’ontologia è da considerarsi appunto la matrice genetica della metafisica platonica. Parmenide ha inoltre il merito di aver introdotto la dimensione ontologica nella ricerca speculativa. Non dimentichiamo poi che nel novecento il suo pensiero è stato ripreso dal movimento filosofico del neo-parmenidismo, che ha avuto esponenti del calibro di Emanuele Severino.
Quali sono i capisaldi della scuola eleatica?
Anzitutto il rifiuto di un sapere prevalentemente empirico, basato solo sui sensi. Va poi ricordato che Parmenide dà all’ontologia una validità epistemologica, nella misura in cui la verità può per lui derivare solo da premesse chiare ed evidenti. Quindi il secondo caposaldo è l’ontologia come inizio di una vera e propria epistemologia. Infine, il modo di argomentare di Parmenide è alla base della logica occidentale, che sarà poi fondata da Aristotele.
È corretto, secondo Lei, affermare che, oggigiorno, la filosofia può comprendere l’uomo e il mondo, e può contribuire all’edificazione di argini contro la deriva nichilista soprattutto alla luce dell’insegnamento di Gesù e, quindi, trasformandosi definitivamente in filosofia cristiana?
Sicuramente la filosofia ha oggi la capacità di comprendere l’uomo e il mondo. Però io vorrei dire che oggi la filosofia può avere due esiti completamente contrapposti: o metafisica o nichilismo, tertium non datur! Intendo dire che: o una ricerca filosofica accetta la prospettiva metafisica, proponendola come sfida alla cultura secolarizzata, laicista, scientista e nichilista, oppure si ha il secondo esito, il nichilismo, che è la strada contrapposta alla metafisica. Noi cristiani, che non vogliamo essere ignavi, siamo profondamente convinti che la sfida della metafisica possa rappresentare la risposta alla cultura contemporanea o post contemporanea del terzo millennio. Concluderei quindi con questo slogan: O metafisica o nichilismo, tertium non datur!.