Un comune con circa 25 chilometri quadrati vi è una concentrazione di uffici pubblici, di presidi sanitari, di plessi scolastici, di istituzioni civili e religiose che ne fanno una “città”
I Comuni vivono da tempo una profonda crisi finanziaria dovuta ai ripetuti tagli dettati dalle politiche del rigore che si sono succedute dagli anni ’90 in poi.
Parallelamente, si assiste ad un progressivo calo demografico che automaticamente riduce la base imponibile, venendo a mancare sempre più i contribuenti, con un costante invecchiamento della popolazione.
Tuttavia i Comuni devono continuare a garantire i servizi essenziali di ogni comunità, dalla gestione dei rifiuti, alla manutenzione delle strade, fino ai servizi connessi alle scuole, oltre alla stessa macchina amministrativa e, spesso, i sindaci fanno i salti mortali per far sopravvivere le proprie comunità.
Il caso di Vallo della Lucania è emblematico.
Una cittadina che svolge da tempo immemorabile la funzione di “capoluogo comprensoriale” per un territorio vasto e decentrato dalle aree metropolitane, frammentato da una orografia complicata e con scarsi collegamenti viari.
All’interno di circa 25 chilometri quadrati vi è una concentrazione di uffici pubblici, di presidi sanitari, di plessi scolastici, di istituzioni civili e religiose.
L’ Ospedale Civile San Luca, gli uffici Asl, gli ambulatori del Distretto Sanitario.
La Clinica Cobellis, con annessi centri diagnostici, di analisi e di dialisi.
Il Laboratorio D’Arena a capo di un Consorzio tra i più grandi della provincia di Salerno.
Il Tribunale ed il Carcere.
Gli Uffici Finanziari e del Territorio.
Il Comando dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato.
La Sede della Curia Vescovile e del Seminario Diocesano.
Gli Uffici del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
La sede del Consac SpA per la gestione della rete idrica del Cilento e del Vallo di Diano.
La sede della Comunità Montana Gelbison e Cervati.
Gli uffici e la sede dell’Inps.
La sede del Consorzio Irriguo di Miglioramento Fondiario.
Un numero di oltre venti Scuole, pubbliche e private, tra Asili, Elementari, Medie, Licei ed Istituti Tecnici e Professionali.
Le sedi degli Ordini Professionali degli Avvocati e dei Commercialisti.
La sede della più grande Banca di Credito Cooperativo del Sud Italia.
Oltre ad una lunga serie di distaccamenti pubblici, di sindacati e di patronati.
Ebbene, a fronte di questo lungo elenco di funzioni e con il conseguente afflusso di personale e di utenti, il Comune di Vallo della Lucania ha meno di ottomila abitanti, come un organismo con una testa grande ed un corpo rachitico.
Una mancata crescita demografica, dovuta a varie motivazioni, ma che rischia di mettere in stallo anche le normali funzioni amministrative, impedendo a questa comunità di diventare una vera città.È ovvio che questi servizi siano stati tarati per il più ampio bacino cilentano e non per i soli residenti vallesi, finendo per abbracciare geograficamente un’area grande come il Molise, se pensiamo solo ai circa 100 Comuni del Parco Nazionale.
Una macchina amministrativa troppo piccola per potere gestire bene un simile flusso, dovendo garantire l’accessibilità, la viabilità, i parcheggi, la sicurezza e l’igiene al quotidiano arrivo di lavoratori, utenti e studenti che ogni giorno giungono in questo Comune.
Basti pensare alla sola “popolazione scolastica”, composta da studenti, docenti e personale amministrativo, all’incirca quattromila individui, pari al 50% della popolazione residente.
La medesima superficie comunale è per giunta attraversata dagli abitanti dei comuni viciniori i quali, obbligatoriamente, sono costretti a percorrere le vie urbane di Vallo per raggiungere i collegamenti stradali e ferroviari con il resto della Provincia, incrementando un traffico di non residenti, che alimenta le attività presenti, senza generare cittadinanza. Quasi una naturale vocazione ad essere parte di un unico tessuto urbano e sociale, spezzettato amministrativamente senza alcuna logica.
Novi Velia, Cannalonga, Moio della Civitella, Gioi Cilento, sono posti ai limiti della cintura urbana vallese, spesso senza una netta linea di demarcazione, avendo avuto uno sviluppo residenziale che ha avvicinato molto le varie municipalità.
Sono tutti Comuni dalle profonde radici storiche ed identitarie, afflitti dagli stessi problemi di sostenibilità delle proprie finanze amministrative, con il personale ridotto all’osso, spesso costretti a tenere in “condominio” le figure del Segretario Comunale e dei Tecnici comunali.
Quale migliore occasione storica di mettere insieme queste energie e fare un Comune unico?
Senza alcuna velleità egemonica da parte di Vallo, mettendo per primo da parte il proprio nome ed adottando magari quello di Gelbison, amato da tutti i Cilentani, i quali hanno sempre visto il Monte Sacro come un luogo iconico e spirituale ed un bastione fisicamente inespugnabile.
La politica spesso rincorre ricette suggestive ed astratte, dettate dalle mode del momento, come il costruire parchi giochi e scuole nuove in posti dove nascono solo due o tre bambini all’anno, senza porsi il problema di agevolare gli investimenti produttivi e di attrarre nuovi residenti, ignorando le agevolazioni fiscali e finanziarie che un progetto di fusione potrebbe portare alla collettività.
Peggio ancora, inseguendo gli slogan di una stanca convegnistica, spesso solo autocelebrativa, utile a produrre vacui “pour parler”.
Bisogna ripartire da azioni concrete e da iniziative non più differibili, con l’unica possibilità di costruire un corpo demografico e geografico intorno ad una straordinaria concentrazione di funzioni, costituendo un primo nucleo di coesione territoriale da estendere progressivamente anche ad altri Comuni, fino a costituire quella che un tempo fu definita la “Città Territorio”.
Vallo oggi vive di un contesto istituzionale importante, ma che ha bisogno di una “governance” più grande, più forte e più ambiziosa che, solo grazie agli apporti di una nuova cittadinanza, può allargare gli orizzonti di una cornice municipale troppo piccola e quindi inadeguata ad affrontare le sfide del futuro.
Ci vuole solo il coraggio delle proprie azioni, parlando il linguaggio della verità alle popolazioni, mettendo da parte i vecchi tabù campanilistici dal vago sapore tribale, dettati da un anacronistico mantenimento dello “status quo”, che non hanno prodotto nulla di buono, se non creare le condizioni di un declino inesorabile.