Su di loro aleggia il fantasma della solitudine. Li circonda e li percorre. E se ne sentono persino i passi. Si appropria dei borghi, quelli dell’attesa e dell’abbandono. Volteggia tra le aree interne. Quelle aree da cui l’uomo per anni è fuggito e che oggi ricerca.
Si tratta di aree soggette allo spopolamento, in cui il calo della popolazione – registrato soprattutto nel Mezzogiorno – diventa più lampante. Secondo l’ultima rilevazione Istat, i paesi fantasma in Italia sono circa un migliaio. Non da poco i piccoli comuni (che rappresentano il 69,53% del numero totale), ovvero quelli che non superano i 5mila abitanti e che vedranno calare sempre più le cifre. Restringendo il cerchio all’area Parco, sia nel Vallo di Diano che nell’area Cilento Interno troviamo zone che ogni giorno cercano di sopravvivere. E che oltre a fare i conti con l’attesa, si trovano ad affrontare il rischio idrogeologico, l’arretratezza economica e il disagio insediativo.
Sono quelle aree da cui si preferisce scappare. C’è chi fugge per la mancanza di trasporti. Per lo più assenti: da quelli che collegano l’interno con l’esterno a quelli scolastici. C’è chi li abbandona perché mancano i servizi: dal supermercato alla banca. Questi d’altro canto si sottraggono allo strazio dell’attesa del prossimo cliente. C’è chi è alla ricerca di nuove prospettive. I giovani sognano le aree ad alta densità. Prospettano il loro futuro di studio o di lavoro altrove.
Così di questi luoghi ce ne dimentichiamo. E nel perderli li abbandoniamo. Eppure sono quei luoghi che si fanno portavoce di un’Italia che oggi non c’è più e che chiede di essere guardata, ascoltata, curata, ma soprattutto abitata. Il grido d’aiuto lo si avverte percorrendoli. Dal fruscio del vento alla saracinesca abbassata. Dal balcone socchiuso alla piazza popolata da qualche anima ad osservare lo straniero. Dal portone settecentesco al nuovo imprenditore alla ricerca di purezza. Dalla signora intenta ad annaffiare i gerani all’uomo che sorseggia vino. E quel vocio diventa più fitto attraversando i centri storici. Lì il rimbombo è ancora più persistente e si unisce alle pietanze, ancora fumanti, messe in tavola. E poi l’odore del caffè, così intenso, da scavalcare le fondamenta. I panni stesi al sole del nuovo vicino che ha investito i suoi risparmi nella casa abbandonata. Fino ad incontrare quei pochi giovani rimasti, desiderosi di dare una svolta con nuove iniziative.
E di iniziative ce ne sono. In tutta Italia. Molti propongono case a pochi spicci; altri attivano voucher; altri ancora si uniscono in associazioni. E ce ne sono anche nel PNCVDA. Valle dell’Angelo, con 223 abitanti – nei mesi invernali circa 136 – è il comune meno popoloso di tutta la regione. Immerso in un’atmosfera amena, percorso dal fiume Calore, gode della vista del monte Ausinito. Qui abbiamo parlato con Francesco Coccaro, proprietario dell’osteria La Piazzetta, Slow Food km 0, che insieme ai suoi genitori ha investito in un’attività esistente dall’Unità d’Italia. Già nel ’97, la sua famiglia aveva dato vita al concetto di ospitalità diffusa, creando una sorta di home restaurant: «Capitava che tornassi da scuola e mangiassi con un tedesco o un francese» – mi confessa con molto orgoglio. E così ha ben pensato di crescere e dare vita a tante altre iniziative, a cui oggi partecipano anche i suoi coetanei. È il caso di una manifestazione che si tiene ad agosto, Cucina Clandestina, con lo scopo di far assaggiare i prodotti locali, come i ‘parmarieddi’, cavatelli vallangiolesi dalla forma più allungata. Poi l’arrivo della pandemia da coronavirus, ma neppure questa li ha arrestati. Un luogo puro ed intatto come Valle dell’Angelo è stato un grande attrattore per chi ha preferito rifugiarsi lontano dalle grandi città. «Quest’estate i nostri paesi sono stati presi d’assalto e noi abbiamo risposto potenziando l’offerta dei nostri pacchetti, che spaziano dal trekking alla sentieristica; dalla raccolta delle olive a quella del grano; dal contatto con la natura sino alla visita del territorio circostante. Vogliamo avvicinarli all’agricoltura e non mancano le visite nel nostro orto». «La nostra è una clientela – prosegue ̶per lo più estera. Siamo affiliati con agenzie tedesche ed olandesi, lieti di condividere la nostra filosofia sulla Dieta Mediterranea». Valle dell’Angelo, mi racconta Francesco, ospita un pubblico proveniente sia dalla costiera cilentana, che amalfitana. Il via vai di gente però ha fatto sì che molti loro conoscenti acquistassero delle abitazioni: «hanno investito e ristrutturato casa qui secondo il nostro ‘modello’, per lo più vintage».
Ma basta attivare dei bonus per chi investe in paesi piccolissimi? Basta vendere case a un euro per riqualificarle? Bastano dei voucher per chi si adopera per il bene pubblico? Chissà. Certo è che le opere di riqualificazione spesso servono da copertina pubblicitaria, per poi rimanere cementificate e abbandonate per altri anni. L’arrivo della pandemia, poi, se da un lato ha riacceso i riflettori sui piccoli borghi e la loro purezza; dall’altro li sta costringendo ad un nuovo abbandono. Fino a quando resteranno il rifugio degli studenti scappati dalle grandi città? Fino a quando si avrà voglia di rifugiarsi tra le praterie? Fino a quando una finestra sul mare potrà sollevarci dall’abbandono istituzionale? Certo è che l’Italia vanta di giovani e non con la voglia di salvare e salvaguardare i propri territori. Animati dallo spirito di farli emergere, dargli un volto e un perché per visitarli. Non lasciamoli soli.