La previsione della somministrazione di una terza dose di vaccino accende, ancora una volta, i riflettori sulla privacy e rende necessario l’intervento del Garante.
Alla base di questa nuova “querelle” le affermazioni di Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia, rilasciate a margine di un evento organizzato presso l’Ambasciata di Israele a Roma, secondo il quale la privacy limitarebbe la possibilità di chiamare e sollecitare gli assistiti alla somministrazione della terza dose di vaccino.
Ancora una volta la privacy viene additata di inutile ostacolare che rallentando essere attività di vario genere, invocando quanto molteplici attività di marketing che “subiamo” quotidianamente (secondo riportato dalla stampa le parole di Bertolaso potrebbero “Il Green Pass è la punta dell’iceberg di un dramma che si chiama privacy: ma di che cosa stiamo parlando, veniamo ascoltati e possiamo parlare per qualsiasi pubblicità e poi non possiamo chiamare direttamente le persone per sollecitarle a fare la terza dose perché violiamo la privacy. fatemi parlare di privacy perché altrimenti rischio qualche denuncia”).
Emerge in maniera evidente e incontrovertibile come, per l’ennesima volta, la privacy viene invocata a sproposito, facendo confusione tra aspetti che devono essere considerati in modo autonomo perché concettualmente diversi.
È dovuto intervenire, quindi, il Garante per fare chiarezza e per ribadire, ancora una volta, che nel caso di chiamate per la somministrazione della terza dose di vaccino non si viola la privacy.
Nel comunicato del 5 novembre [doc web 9715558] si legge testualmente “L’Autorità ribadisce quindi che le iniziative volte a promuovere la vaccinazione siano realizzate attraverso gli operatori del Servizio sanitario nazionale, coinvolgendo, auspicabilmente, i medici di medicina generale, a cui è nota la situazione sanitaria degli assistiti, anche riguardo ad aspetti che sconsigliano la vaccinazione in assoluto o temporaneamente. L’Autorità ricorda infatti che, a tutela della riservatezza degli assistiti, le iniziative per promuovere e sollecitare la terza dose di vaccino, non possono avvenire attraverso altri organi o uffici amministrativi regionali o comunali”.
Nessuna violazione della privacy, quindi, per il richiamo per la terza dose di vaccino.
Come anticipato, inoltre, la necessità di contattare i cittadini per la somministrazione della terza dose non può in alcun modo essere equiparata alle chiamate “per qualsiasi pubblicità”.
Queste ultime, infatti, rientrano tra le attività di marketing per le quali l’utente deve aver fornito il proprio consenso e, nell’ipotesi in cui l’attività venga effettuata senza questa base giuridica, l’operatore è esposto alle sanzioni previste dal Regolamento europeo l’art. 83 prevede sanzioni fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo).
Chissà da dove deriva quel consenso che, ipotizziamo sia un’attività lecita, consenti all’operatore di chiamarci “per qualsiasi pubblicità”. Abbiamo letto le condizioni di contratto? Abbiamo letto le privacy policy dei siti che consultiamo? Delle app che usiamo? Cosa abbiamo accettato? Lo sappiamo? La risposta è negativa. Non lo sappiamo perché non leggiamo, non ci fermiamo e non prestiamo la attenzione alla tipologia di dati che forniamo e alle finalità per le quali verranno utilizzati. Salvo poi lamentarci se riceviamo “qualsia pubblicità” e invocare la difesa della privacy a giustificazione di comportamenti errati di cui siamo noi i principali artefici.
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