L’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni ha celebrato il ventennale dall’iscrizione, insieme ai siti di Paestum, Velia e Certosa di Padula, nella Lista UNESCO, quale Paesaggio Culturale. L’evento si è tenuto lunedì 3 dicembre, presso la Fondazione Alario, in Ascea. Scolaresche, istituzioni locali, parlamentari e consiglieri regionali, partendo dal lontano 1998, hanno discusso sull’importanza di essere riconosciuti come Patrimonio Mondiale dell’Umanità; sul valore da trasmettere ai giovani; sulle ricadute positive sul territorio.
Dinanzi al Bello siamo soliti rimanere sbigottiti. Vorremmo tradurre in parole ciò che proviamo al cospetto di un’opera d’arte, di un sito, di un paesaggio. Eppure rimaniamo in silenzio. Un silenzio che sa di poesia, armonia, godimento. Cerchiamo di afferrare quella sensazione, addirittura di fotografarla per eternarla. La bellezza però è schiava del tempo, delle distruzioni, della storia. Se solo capissimo il significato del termine, riusciremmo a preservarla. Sì, perché la bellezza può trasformarsi in bruttezza, in degrado, fino a perire e a cancellare secoli di storia. È l’Unesco – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, istituita a Parigi nel 1946 – ad occuparsi dei luoghi straordinari presenti sul nostro pianeta. Far parte della Lista diventa un onore e un onere. Nel ’97, così, inizia, la predisposizione di un dossier di candidatura da parte dei progettisti incaricati, Laureano, Maurano, Anzani e Nicoletti: «Posto al centro del Mediterraneo, ne è il Parco per eccellenza perché ne concretizza la biodiversità, la compenetrazione ambientale e l’incontro delle genti […]. Ai nostri giorni il Parco del Cilento continua ad arricchire il suo territorio, che si configura come un paesaggio evolutivo vivente e vitale nel mondo contemporaneo». Tra coloro, invece, che ne sono stati i promotori istituzionali, ricordiamo le parole di Alfonso Andria, Presidente della Provincia di Salerno: «Il ventesimo anniversario, sì una ricorrenza importante. Però bisogna affidare a voi giovani questo riconoscimento, perché non soltanto custodiate, ma sappiate investire per costruire un rapporto culturale».
Nell’intervento di Tommaso Pellegrino, presidente del PNCVDA, la valorizzazione di tali luoghi si trasforma in una missione collettiva: «Si tratta di una terra con un patrimonio culturale di grande pregio ̶sottolinea ̶al quale aggrapparci per costruire un futuro».
Tra le testimonianze, invece, emerge l’ambasciatore Francesco Caruso: «Noi non siamo i proprietari del bene ma i custodi. Prendendosene cura, lo si può tutelare per le generazioni future». Perciò, prosegue: «È necessario uno strumento normativo di gestione, che sia compreso di anima. La narrazione del sito da affidare a chi lo vive. Così facendo, possiamo partire dalle idee dei giovani».
Si è discusso, peraltro, sul ‘fare rete’ e ‘tradurre in azione’. È intervenuta sul tema Anna Imponente, direttrice del Polo Museale della Campania: «Per esempio creando dei percorsi per i centri ritenuti minori, tali perché conosciuti poco da noi stessi, prosciugati dai grandi centri».
A seguire, l’attenzione è ricaduta sul Parco Archeologico di Elea-Velia. Ha parlato di partecipazione attiva, rivolgendosi alle generazioni future, la direttrice Giovanna Scarano: «A breve presenteremo un progetto che vedrà protagoniste le scuole: saranno i ragazzi, che ascolterò il 12 dicembre, a sceglierne il tema. I giovani custodiscono un tesoro ed hanno il diritto di progettare» conclude. Si è professata, invece, orgogliosa Anna Maria Romano, direttrice della Certosa di Padula, per l’aumento delle presenze in visita (42% paganti). In sala anche Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Paestum: «I grandi attrattori, come Velia o Paestum, hanno bisogno dei piccoli attrattori per offrire un’esperienza ricca e non limitata ad un solo sito, ovvero sentieri, borghi, castelli». Conclude, discutendo sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità, importanti per non creare barriere economiche.
Un riferimento, anche allo sviluppo sostenibile. L’identificazione del Cilento come sito Unesco porta con sé un aumento notevole di attività. Una risorsa per il territorio, purché queste attività vengano pianificate ed organizzate. Per poter salvaguardare l’integrità dei siti, bisogna osservare una serie di principi, sia sociali sia economici che ne potenzino la stessa identità. «Pongo un appello ̶afferma Francesca Casule, soprintendente archeologia BAP SA e AV̶ per evitare che il paesaggio culturale venga corrotto: ha senso continuare a costruire dei ‘non luoghi’ come villaggi o complessi urbani? Convertiamo l’edilizia e destagionalizziamo».
Se da un lato è necessario stabilire un rapporto tra memorie e paesaggio; dall’altro, per poter agire e salvaguardare, bisogna riconoscersi appartenenti ad un luogo. Pertanto, è fondamentale un piano di gestione che tenga in vita l’iscrizione nelle liste Unesco e che renda operativi. Saremo capaci di preservare ciò che, millenni fa, le popolazioni hanno costruito? Saremo capaci di salvaguardare la biodiversità? Saremo capaci di trasformare il Bello in risorsa? Saremo capaci di amare ciò che l’intero Cilento è?