Non è molto diffusa nel linguaggio corrente e fa anche fatica ad entrare nella quotidianità, risultando anche antipatica a molti, ma certamente la parola “empatia”, e suoi derivati, in questo momento è di moda e fa molto intellettuale, pertanto per stare au pair bisogna conoscerne il significato. Il vocabolario italiano, però, non aiuta molto a farla diventare simpatica, anzi, se vogliamo, la rende odiosa: infatti sono ben tre i significati, riferiti alla critica d’arte, alla filosofia e alla psicologia. E qui verrebbe voglia di lasciarla scivolare nel dimenticatoio… ma non si può. Si insiste nella ricerca di una qualche giustificazione d’uso ed ecco che Francesco D’Episcopo, con la sua innata genialità, ne dà un sereno significato: «Innanzitutto empatia significa sentire insieme, e io credo che arte e religione siano le più alte forme di empatia». Allora la mente si riappacifica con la parola, l’anima si predispone ad un diverso confronto. Proseguendo nella sua analisi di quel termine D’Episcopo sottolinea: «Il Novecento è stato un secolo particolarmente empatico, in cui gli scrittori, gli artisti, gli intellettuali riuscivano a stare insieme. Il Duemila, forse, è un secolo “più singolare”, fatto di personalità che hanno qualche volta difficoltà a incontrarsi e a inventarsi». Analisi lucida e puntuale sulla quale si sarà attardato anche Menotti Lerro, uomo di lettere, poeta e, quindi, sognatore, nel pensare, fondare e divulgare “La scuola empatica”, nata alla luce delle considerazioni del sentire e dello stare insieme e alla quale hanno aderito, in poco tempo, personalità di sicuro prestigio del mondo letterario e delle varie arti intellettuali e visive. Non stiamo a citarle, perché o rischieremmo di dimenticarne qualcuna o il tutto risulterebbe un noioso elenco che nessuno ha certamente voglia di leggere.
Particolare interessante è che questo movimento, pur avendo un respiro nazionale e internazionale, è nato in questo «Sud scontrosamente socievole – sempre a richiamo di D’Episcopo -, difficile a volte da definire, ma che noi amiamo appassionatamente e di cui non possiamo fare a meno». E, cosa più importante, è un Movimento che nasce nel Cilento, terra di miti, ma anche di storia e di robusto pensiero filosofico, luogo di tradizioni e di unione tra l’uomo e la natura, con una ideale triangolazione geografica di un territorio magico ove è racchiuso il suo “genius loci”: Omignano, paese degli aforismi; Salento, paese della poesia; Vallo della Lucania, sede del Centro Contemporaneo delle Arti. Corre il pensiero a quella utopica “Certosa esplosa” teorizzata da Ugo Marano. E si aggrega, questa “empatica” alla Scuola Medica Salernitana e a quella, più vicina, Scuola Eleatica per un ideale triangolo storico e di pensiero, quasi una continuità intellettuale, scientifica, artistica tra il mondo greco e quello attuale passando per il medioevo salernitano. Secoli di storia e di pensiero che continuano a vivere su questo territorio spesso non rispettato, perché non conosciuto.
Dice Menotti Lerro: «Il terzo millennio è entrato nella terza decade ed è tempo di costruire insieme una visione del mondo all’insegna della bellezza e dell’armonia», per cui va aperto un dialogo ideale e infinito tra l’innovazione del presente e la grande tradizione del passato. Così, al di là di un luogo fisico racchiuso tra pareti, “la scuola empatica” si pone come luogo d’anime, dove le menti si incontrano, le mani operano in sintonia di interessi culturali, pur nel rispetto di una identità intellettuale: è, in sintesi, il luogo di idee, di opere, di giorni trascorsi nella costruzione di quella bellezza che potrebbe salvare il mondo.
Ecco allora che “empatia” diventa una parola simpatica, anche capace di farsi amare se riesce a far vicini gli uni agli altri, come essere umani e come artisti. Ritorna alla mente quel grido di Martin Luther King lanciato oltre mezzo secolo fa davanti al Lincoln Memorial di Washington: «I have a dream, Io ho un sogno, che un giorno gli uomini si rizzeranno in piedi e si renderanno conto di essere stati creati per vivere come fratelli».
A leggere le motivazioni del “Nuovo Manifesto” di Menotti ed altri, si ritrova quel pàthos caro ai greci e che per noi uomini del Sud, loro diretti discendenti, diventa passionalità, forza espressiva non solo di una idea, ma di quell’anima antica che ha guidato il popolo meridionale e, nella fattispecie, cilentano attraverso le varie avversità della storia. Un territorio di cui bisognerà cogliere l’Anima Mundi per capirne i disagi; ricorda Luigi Leuzzi, «dovremo spogliarci dell’individualismo per accogliere l’altro da noi in maniera autentica, attuando un percorso emozionale e affettivo tipico della “paideia” dove il docente e il discente costituiranno una diade affettiva». Un messaggio che Papa Francesco non si stanca di ripetere, giorno dopo giorno. Ecco, allora, che “arte e religione” sono le più alte espressioni di empatia. Una sfida che “La scuola empatica” lancia in questi anni di insicurezza, una sfida difficile, ma possibile «se si riesce – ricorda Luigi Rossi dall’alto del suo sapere intellettuale e della sua essenza ecclesiastica – a favorire l’eccellenza incoraggiando originalità e meriti… Uno stile rispettoso e disponibile a comprendere, apre ad una convivenza pacifica tra differenti comunità». Ed è quello di cui ha bisogno questo terzo millennio dell’era cristiana.