Il capo politico dei 5 Stelle e il segretario leghista, avendo vinto le elezioni rispettivamente a Sud e a Nord, pretendono di governare il paese. Per raggiungere questo fine non hanno esitato a strumentalizzare la religione. Così il primo, da buon meridionale, con atavico ossequio – novello Murat o Peppino Garibaldi – ha baciato la rutilante reliquia di San Gennaro in attesa del miracolo; il secondo, abituato da sempre a vivere all’ombra della Madonnina, con gesto vibrante ha impugnato il rosario per farne l’arma vincente dell’egoismo anti-immigrati. E’ la prospettiva popolaresca tanto amata dal cattolico Arlecchino nel quale si rispecchiano tutti i girella stanchi di promesse, sfatti dalla paura di non farcela, preoccupati per un futuro che sembra simile o peggiore del recente passato. Poco è rimasto di un cattolicesimo sociale che nel Mezzogiorno s’era identificato col popolarismo sturziano e nel centro Italia aveva riconosciuto come propri profeti La Pira, Dossetti e perfino don Milani e in tutta la penisola aveva trovato il dinamico seguito dei fedeli di don Giussani oggi però ridotti ai minimi termini. Il dibattito animato da questa situazione ci sta affliggendo da giorni; tanti sembrano impegnati a far quadrare il cerchio elettorale che ha decretato il primato di vincitori incompatibili e deboli per poter governare da soli.
Rispetto a questo assillo, la scorsa domenica sono arrivati dei preziosi suggerimenti dalla liturgia della Parola per rifondare la nostra speranza e vedere illuminata la nostra persistente oscurità. E’ la Buona Novella che Gesù comunica ad un gruppo di greci desiderosi d’incontrarlo per una risposta al loro razionale desiderio di conoscenza. Le parole di Gesù suscitano stupore mentre tonificano lo spirito. Nonostante le difficoltà quotidiane, possiamo aggrapparci a questa verità e consolidare il nostro bisogno di pace interiore. La concretezza del Vangelo si fonda sulla semplice analisi della composizione e della funzione di un granello di frumento dal guscio inerte ma al suo interno dotato di una potenziale forza che, a contatto con la terra, non marcisce ma determina un processo vitale.
L’allusiva metafora usata da Gesù per rendere il suo pensiero circa il lavorio infaticabile che determina il dono di sé si applica all’attuale situazione politica italiana perché descrive il compito che dovrebbe contraddistinguere l’azione degli eletti. Per costoro seme e germe dovrebbero indicare la stessa cosa: il caratteristico movimento verso il basso per procedere al radicamento e l’orientamento verso l’alto per far spuntare le foglie prima ed il frutto che sa di miracoloso. Gli eletti dovrebbero riflettere sul mandato ricevuto, chiara indicazione del desiderio di profondi mutamenti nel gestire la cosa pubblica per realizzare esattamente quanto i semi da sempre fanno. Condizione preliminare è un gesto di feconda umiltà, vale a dire condividere problemi, aspirazioni, bisogni e sogni della cittadinanza, comprenderne la condizione radicandosi tra la gente, cessando di essere casta, uscire dal palazzo e finalmente identificarsi col popolo.
Tutto ciò comporta un nuovo modo di operare: rinunciare alla rete di privilegi collegati con un modo distorto di concepire il potere, che non è privilegio ma servizio, altrimenti diventa prepotente tirannia. Come per il seme, a queste condizioni si mette in moto il germoglio, al radicamento si accompagna lo spuntare delle foglie che si nutrono di luce ricevendo così la forza di crescere e fruttificare. Per i politici sono gli ideali per impegnarsi a vantaggio del bene comune, l’attenzione alle condizioni reali della gente, il desiderio di porre riparo alle ingiustizie e bloccare processi d’insopportabili sperequazioni tra ricchi, sempre più ricchi, e la gente comune che rischia di precipitare da una condizione di povertà ancora dignitosa nel buco nero della miseria, che mina anche i valori basilari della convivenza in una società civile.
Ciascuno è invitato a scegliere, opzione che si tramuta anche in giudizio. Essere immersi nell’egoismo determina dolorose conseguenze per il rifiuto della fiducia e la privazione della compassione. In tal modo ci si auto-esclude continuando a vivere nelle tenebre; invece, secondo la metafore semplici ma essenziali di Gesù, sentirsi seme pronto a germogliare implica sempre un operare per il bene. E’ la via tracciata dalla verità di Cristo, che risponde positivamente all’invito ad operare a favore del popolo garantendogli una rasserenante convivenza. Per essere veramente coerenti rispetto alle promesse elettorali, nel rimboccarsi le mani tutti devono mettere da parte sterili tatticismi, venire allo scoperto per ridare una prospettiva di futuro condivisibile a chi si è espresso per un deciso cambiamento.