La mia personale “maratona” di New York comincia la mattina del secondo giorno di permanenza nella “grande mela”.
Il giorno arriva presto perché la voglia di correre per le strade di New York mi ha fatto salire l’adrenalina già mentre ero ancora tra le lenzuola.
Scendo in strada “armato” del mio cellulare al quale affido il “compito” di segnare il tracciato del percorso che seguo zigzagando tra street e Avenue senza badare molto alla direzione.
Mi lascio andare fino a raggiungere il bellissimo lungomare che fa la gioia dei turisti e dei podisti che, già all’alba, affollano la sponda Nord della baia che separa New York e il New Jersey.
È un fiume di persone che si muovono sulla bellissima area pedonale che separa il mare dalla striscia di asfalto che porta il traffico da e per i ponti di Brooklyn e Manhattan.
Si corre sempre in compagnia come in una maratona con il vantaggio che si può scegliere la direzione e guardare negli occhi chi si incontra …
Ogni passo in avanti è accompagnato da inquadrature diverse che restituiscono fotogrammi che restano impressi nella memoria.
I volti della gente che si incrociano raccontano flash di vite vissute che si sfiorano, forse, una sola volta nella vita come nel mio caso.
Sulle acque si muovono, instancabili, grandi e piccole imbarcazioni che fanno la spola tra le terre “ferme” e i punti di altissimo interesse turistico
Terminata l’attività sportiva con il “complicato” ritorno in hotel a causa di mancanza di collegamento alla rete del cellulare, comincia quella turistica…
L’obiettivo è una gita sull’isola dove troneggia la “statua della libertà” in traghetto.
Sotto la statua, che è di proporzioni gigantesche, passano ogni anno oltre 5 milioni e mezzo di visitatori!
Vederla da vicino è una bella emozione perché ci si rende conto della sua monumentalità strutturale che, abbinata al suo planetario valore simbolo, ne fanno un’icona per chiunque ama la democrazia e la libertà.
Il bel museo allestito all’interno racconta la storia del monumento che fu regalato dalla Francia agli Stati Uniti alla fine del 1800. Fu il riconoscendo alla nazione americana del il ruolo trainante nell’evoluzione democratica del “nuovo mondo”.
A seguire visitiamo Ellis Island, il luogo dove milioni di migranti venivano fatti sbarcare per trascorrervi il periodo di quarantena dopo la traversata dell’Oceano Atlantico.
Anche in questo posto, dove il dolore e la gioia si sono fusi per diventare speranza di futuro, non può passare inosservato il senso di spaesamento che si prova anche ad oltre un secolo di distanza.
È facile entrare in una dimensione senza tempo che si percepisce durante tutto il percorso immersivo in un mare di disperazione e di speranza che si congiungono in un futuro tutto da costruire.
La seconda parte della mattinata la passiamo al museo dedicato all’immigrazione, cominciata nella seconda metà dell’ottocento, prima dall’Europa e poi da ogni angolo del pianeta fino agli anni sessanta del novecento.
Tra le tante attrazioni e docufilm, l’area espositiva offre anche la possibilità di ricercare parenti e conoscenti arrivati in America, dà il senso compiuto di come questo stato sa interpretare il sentimento diffuso dei suoi cittadini.
Il resto del giorno lo concludiamo facendoci affascinare dalle colonne di luci che punteggiano i grattacieli del New Jersey che si trovano sull’altra sponda e che prendono il sopravvento man mano che il sole procede col suo passo calante verso Ovest.