“Partì d i là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono (…) e lì non poteva compiere nessun prodigio (…) Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli (…) E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro (…) Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto (…) Ed egli disse loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’” (Mc 6 passim).
L’insuccesso di Nazareth dove, non creduto, ha potuto compiere poche guarigioni, non determina scoraggiamenti, anzi spinge Gesù a moltiplicare gli sforzi: percorre i villaggi per insegnare senza rimettere piede nella sinagoga. Egli ha compreso che chi gestisce i luoghi di culto è refrattario al Vangelo; perciò non vuole perdere tempo, preferisce recarsi nelle periferie esistenziali, dove l’emarginazione agevola l’ascolto. Si fa aiutare dai Dodici, ai quali affida la sua stessa missione fornendo gli strumenti per rendere credibile il loro annunzio. Li costituisce apostoli, cioè inviati, rappresentanti del nuovo Israele, la Chiesa. Egli conferisce loro il suo stesso potere e, per la prima volta, ordina qualcosa: non procurarsi o preoccuparsi dei mezzi materiali. Poveri tra i poveri, devono avere fiducia nel Padre, proclamare il vangelo e testimoniarlo con un comportamento coerente: amare il prossimo e avere il coraggio di manifestare la propria fede.
Il primo annuncio fatto dai Dodici è muto, una testimonianza: passi cadenzati di chi è disposto ad unire le forze non portando con sé nulla, se non il bastone per appoggiarsi quando sente la stanchezza e la presenza di amici per confortarsi a vicenda. Niente cibo nella bisaccia o denaro nella cintura, un andare senza portare cose superflue, anzi privi anche del necessario. Per il successo della missione è sufficiente una fede testimoniata e la fiducia in Dio. Nomadi dell’Amore, gli apostoli confidano nella generosità della gente che apre la porta di casa ed è pronta a dar loro ristoro. Deboli e poveri, vengono inviati nel mondo: privi di tutto ma ricchi della Buona Novella, impegnati ad incontrare gente senza preoccuparsi del cibo e dei vestiti. Così evitano l’impaccio del bagaglio ed hanno movimenti più liberi per contrastare i tanti in preda alla violenza, impauriti dal diverso, incapaci di controllare la volontà di dominio, pronti a togliere ciò che appartiene agli altri, gelose ed invidiose vittime di tante false notizie che propagandano effimere felicità. Cristo ha dato potere contro questi spiriti cattivi, segreto del successo che conferisce tanta gioia a questi missionari inermi.
Vuoi scoprire in anteprima tutte le notizie del nostro giornale?
Clicca QUI per abbonarti all’edizione digitale
Il vangelo di domenica prossima, la XVI del tempo ordinario, presenta un altro aspetto del delicato sentire di Gesù, che invita i discepoli di ritorno dalla missione, stanchi ma entusiasti per i risultati, a rimanere un po’ in disparte con lui per riposarsi e radicare ancor più il senso di comunità, gesto delicato che oggi andrebbe reiterato con un certa frequenza per consolidare il legame tra vescovo e suo presbiterio. Posto al centro il Signore, il senso di unione e di unità si sente più corroborante e coinvolgente. Fortunati se Gesù rivolge anche a noi il suo invito a riferirgli tutto quello che abbiamo fatto e insegnato, allora potremo andare in disparte per riposarci in sua compagnia e sentire la provvida presenza di Dio riempire il nostro cuore.
Certo, allora come ora per il numero limitato rispetto alle esigenze risulta difficile questo momento di pausa comunitaria, tanto necessaria per risposare lo spirito e consolidare mente e cuore per sentire viva la bontà della scelta vocazionale. I fedeli fanno pressione. Significativa la reazione di Gesù; lungi dall’infastidirsi, egli “vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose”. Questa connotazione circa l’anelito missionario di Cristo è capace di smuovere i cuori più duri nel vederlo così sollecito nel rispondere alle esigenze dell’umanità. Col suo sguardo egli sa vedere, oltre le apparenze, il senso di stanchezza, di smarrimento, la mancanza di un approdo sicuro, perciò si commuove, rassicura, incoraggia a scegliere sempre il bene, nonostante le delusioni, la mancanza di un premio immediato per le fatiche sopportate. Finché c’è ancora chi si commuove per l’uomo, il mondo potrà continuare a sperare. La Buona Novella può guarire senza far ricorso a condizionamenti materiali; va annunziata in povertà fidando sulla bellezza del messaggio che genera libertà. Quando il vangelo viene custodito con semplicità si comprende che è un dono al quale deve corrispondere un preciso programma: curare i bisognosi. E’ la missione della chiesa: guarire le ferite del cuore, aprire porte, liberare gli oppressi, annunciare che Dio é buono e perdona tutto perché è un padre tenero, capace di attendere il momento giusto aiutandoci nel nostro discernimento.
Sorprende l’insistenza di Gesù sulle modalità dell’annuncio. Egli sollecita la conversione con l’invito a vedere il mondo sotto un’altra luce, rivolgersi ai malati per rinverdire la loro speranza annunziando la prossimità di Dio, presupposto di ogni guarigione; perciò, compito dei discepoli è la semina, a raccogliere ci pensa il Signore entrando nell’intimo della coscienza di ciascuno.