Partiti da Paestum per risalire la Valle del Calore con destinazione Piaggine. Con Gina, arriviamo in tarda mattinata, quando il paese è già invaso dal sole che fa fumare i tetti unitamente ai tanti camini che rilasciano nuvole di fumo verso il cielo terso.
Svoltiamo subito sulla via del “monte” per andarci a godere una passeggiata con sguardo sul Cervati che, superbo, si alza oltre il Cervatello completamente innevato come il suo “fratello” maggiore.
Lasciamo l’automobile sulla SP 388 per risalire a piedi verso il Cervati. La strada che percorriamo fu costruita negli anni ’50 per favorire il trasporto dei tronchi di faggio che venivano tagliati nelle varie “martellate” dei boschi che si stendono tra 1100 e i 1600 m di altitudine lungo la pendice Nord del monte Cervati (1899 m).
È la stessa strada che a circa metà degli anni 2000, fu rifatta con la “connotazione” di “strada bianca”: un’arteria come se ne trovano a decine nella campagna della Toscana. Quella scelta non resse alla dura realtà che si trattava di una vera e propria strada di montagna soggetta a piogge torrenziali, nevicate e gelate. Infatti, fin da subito, il manto di cemento bianco collocato al posto dell’asfalto si frantumò e per l’intera stagione “evaporò” in nuvole bianche che andarono a posarsi su alberi e cespugli cresciuti lungo la carreggiata. Non mancarono le proteste che, in ogni caso, fecero prendere la decisione di coprire tutto con asfalto. Con l’arrivo delle piogge cominciò a “screpolarsi” la massicciata e l’acqua trovò vie diverse dalle cunette di cemento che avrebbero dovuto incanalarla.
Il risultato è che bisogna stare molto attenti se si decide di salire quello che resta della strada per che porta al Cervati. La stessa che fu rifatta per renderla più fruibile con un investimento di circa 300 mila Euro. Inoltre e incredibilmente, chiunque imbocca la strada per salire in quota utilizza una piccola bretella (anch’essa usurata e scavata dalle piogge) invece di quella rifatta che è perfettamente agibile e ben tenuta almeno per i primi 300 metri.
Non è messa meglio la stradina in cemento, anch’essa bianca, che punta verso il vallone dove il Calore si incontra con Fiume Freddo: cemento usurato, ferri che emergono dal terreno, acque che si cercano la strada per congiungersi più a valle …
Noi ci spostiamo a piedi e non abbiamo il problema di quelli che salgono in montagna in auto, per cui ci mettiamo al nostro passo per goderci l’anello di 10 Km ben esposto al sole e gradevolmente toccato dal venticello proveniente affievolito da Nord-Est.
Bovini, caprini ed equini gironzolano in semi – libertà per i pascoli che si risvegliano al richiamo della imminente primavera; terreni da tempo abbandonati, sono interessati da attenzioni da parte dell’uomo che parevano averli dimenticati; pastori e “vaccari”, ormai stanziali, spadroneggiano su terre incolte rassodate e da decenni “dormienti” …
Intanto la natura si risveglia al “canto” degli infiniti rivoli che si precipitano a valle da ogni pendio.
Camminare aiuta a spostarsi senza tensione facendosi accompagnare dai pensieri che volano sulla propria vita a distanza di sicurezza dovuta al tempo passato. E allora è facile essere “buoni” con il proprio passato “bambino” in parte passato su questa montagna che pare non invecchiare come capita all’uomo.
L’incontro, prima visivo e poi a distanza ravvicinata, con il compagno un tempo bambino come chi scrive, induce al confronto sui luoghi. Con Nicola ed altri stanno realizzando una recinzione che, si presume, possa essere preludio all’avvio di una attività silvo-pastorale di antiche radici. Un quarto d’ora ben speso per dare un senso alla volontà di riannodare lo strappo fatto in tempi lontani.
In cima alla salita, dove si incontrano le due vie che portano al monte, ci fermiamo a consumare, come si faceva un tempo, un frugale pasto “asciutto” con gli occhi puntati lontano dal cibo che vagano nel tempo. La neve che si fa “profanare” da passi inattesi, restituisce sensazioni di freschezza che fanno da controcanto al “gigante” che sovrasta l’intera spianata ai suoi piedi.
Infine la discesa, una breve sosta ad ascoltare il “canto” del Calore che si toglie le “bende” bambine. Poi giù fino al punto di partenza che riporta al mondo di oggi che, per la verità, qui sembra ancora infarcito di ciò del tempo che fu.
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