Raffaele Napoli, originario di Auletta, sceneggiatore di “Un posto al sole”, fortunata soap opera in onda ogni sera su Rai3, durante il programma televisivo “Casa Granata” di domenica 26 febbraio, ha ricordato Maurizio Costanzo che riconobbe il suo talento chiamandolo a lavorare con lui a Mediaset.
Intervistato da Maria Grazia Petrizzo, Raffaele ha risposto alle seguenti domande ed io per Unico ho riportato l’intervista integrale in questo articolo.
Benvenuto Raffaele. Da quanti anni fai lo sceneggiatore di “Un posto al sole”?
Oramai saranno più di dieci.
È una soap di successo, perché?
Innanzitutto per la longevità, perché va in onda dal 1996. Ormai siamo al ventiseiesimo anno e quindi è entrato un po’ nel cuore dei telespettatori. E poi anche per i temi trattati, perché, oltre ai classici intrighi tra i personaggi, le storie d’amore, ci sono anche temi di attualità ispirati a fatti reali che accadono nel nostro Paese. Insomma, in questo mix riesce ad attirare l’attenzione del pubblico.
“Un posto al sole” ha festeggiato un traguardo oramai possiamo dire storico. Vero, Raffaele?
Si. Siamo ormai oltre le cinquemila puntate, le seimila anzi. Anche i vari media se ne sono occupati, perché credo che sia uno dei record a livello europeo e anche mondiale diciamo e di questo insomma siamo contenti perché ormai è diventato un appuntamento fisso che ci inorgoglisce insomma. A me per primo.
Lo sceneggiatore cosa fa? Cosa fai tu? In effetti tu scrivi la trama della puntata?
Si. Essendo un lavoro che va in onda tutti i giorni, cinque giorni a settimana per quarantadue o quarantatré settimane all’anno, ovviamente è un lavoro di squadra. Noi siamo circa otto persone più un ricercatore che si occupa di fare le ricerche di cui abbiamo bisogno per raccontare le storie di attualità, ognuno dei quali scrive un episodio a settimana. Poi c’è un “head writer”, Paolo Terracciano, che è bravissimo e che ci coordina tutti. E ci sono degli “editor” che si occupano diciamo di amalgamare gli episodi che ognuno di noi scrive per conto proprio per dargli una linea narrativa coerente. E quindi settimanalmente noi scriviamo cinque episodi. Poi vengono anche girati cinque episodi. Vengono montati cinque episodi e messi in onda cinque episodi. Quindi è una macchina narrativa che non si ferma mai insomma.
Bisogna mantenere i tempi, perché se salta un anello poi la puntata non va in onda in maniera perfetta suppongo.
Si. Anche perché noi scriviamo molto a ridosso della messa in onda. Questo è anche un altro motivo che, secondo me, decreta il successo di “Un posto al sole”, perché gli episodi che noi scriviamo vengono di solito girati e messi in onda nel giro di un mese e mezzo. Quindi riusciamo a stare molto sull’attualità. Noi ci informiamo quotidianamente su quello che succede in Italia e nel mondo e cerchiamo di portare queste storie all’interno della vita dei nostri personaggi.
Raffaele, sono puntate che poi vengono realizzate negli studi di Napoli a Napoli?
Si si, vengono realizzate negli studi Rai di Napoli che, devo dire, è stata una scelta vincente perché quando “Un posto al sole” è stata pensata produttivamente, è stata pensata a Roma, si scelse di proposito di girare a Napoli perché Napoli rappresenta una città che può avere un interesse sia italiano che internazionale perché è una citta storica turisticamente rilevante, ma è anche un crogiuolo di storie che possono essere raccontate proprio in riferimento ai temi sociali di cui “Un posto al sole” si fa portavoce. E, un altro motivo per cui la soap ha avuto la sua storia, è che ha contribuito anche a rendere produttivi gli studi di Napoli. Grazie a “Un posto al sole” questi studi non hanno mai smesso di avere un ruolo importante all’interno della storia produttiva della Rai. Il fatto che tutte le maestranze, coinvolte nella realizzazione di questa soap sono maestranze interne che lavorano negli studi Rai (è un grande gruppo formato da più di duecento persone) e la possibilità di dare lavoro alle maestranze locali, è un tema che ha reso un orgoglio anche per gli studi produttivi della Rai di Napoli.
Raffaele, tu sei l’esempio concreto di come dalle aree periferiche si può arrivare al successo, perché quando si ha il talento e lo studio appunto si può raggiungere l’obiettivo. Tu arrivi da un piccolissimo paese dell’entroterra della bassa provincia salernitana di Auletta e poi sei approdato in Rai, sei stato anche uno sceneggiatore di Geo & Geo. Insomma, hai curato diversi programmi. Stavamo parlando in studio di come si possa conciliare lo studio con la passione e con la professione che poi si vuole andare a svolgere. Nel tuo caso è stato possibile.
Si. Sono contento di poter salutare il Preside Mandia che io non conosco personalmente però sono contento per i risultati del liceo scientifico di Padula che ho frequentato ormai venticinque anni fa e devo dire che quella è stata un’occasione unica di formazione perché già allora era una scuola prestigiosa con degli insegnanti bravissimi che io ricordo tutt’ora, quindi sono contento per i risultati che sta ottenendo anche oggi e mi fa piacere. Poi vorrei approfittare anche di questo momento purtroppo anche un po’ triste per la scomparsa di Maurizio Costanzo perché io devo molto a Maurizio Costanzo. Io, dopo aver frequentato il liceo a Padula mi sono iscritto alla Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma di cui Costanzo era uno degli insegnanti. Lui insegnava teoria e tecnica del linguaggio radio-televisivo e voglio precisare che non era solamente un insegnante a livello formale che non veniva o mandava gli assistenti. Lui presiedeva quotidianamente sempre tutte le lezioni. Mi ha insegnato tantissimo. E lui stesso è stato poi promotore di una scuola molto importante, la scuola di fiction Mediaset a cui io ho partecipato dopo la quale lui ricordandosi di me sia dai tempi dell’Università che per aver frequentato la scuola, mi ha chiamato personalmente a lavorare con lui. E io sono stato svariati anni a lavorare per Maurizio Costanzo, per Mediaset. Insomma, la sua scomparsa mi ha toccato particolarmente e volevo approfittarne per salutarlo.