“Bernhard Riemann nacque nella famiglia di un pastore protestante. Crebbe in condizioni di indigenza che ostacolarono i suoi studi giovanili, ridotti, fino all’età di 14 anni, alle sole nozioni insegnategli dal genitore” (da Wikipedia, pagina dedicata a Riemann). Dunque, causa la sua condizione misera, ad essa si aggiunse il disagio dello sbarramento del portone di ingresso al ciclo di istruzione e di studi regolari. Eppure stiamo riferendoci ad uno scienziato i cui contributi spaziarono in vasti ambiti matematici e scientifici. Illustriamone alcuni inerenti al settore matematico: Analisi complessa (un esempio “clamoroso” è la corrente elettrica alternata, studiata con tale Analisi), Teoria delle serie trigonometriche (concetto sorprendente: la somma di infiniti numeri, può fornire un valore finito), Teoria della integrazione (integrazione equivale a somma di infinite quantità “piccolissime” definite “infinitesime”), Topologia algebrica (studio di oggetti geometrici che non cambiano aspetto se sottoposti a particolari strappi o lacerazioni), Teoria delle funzioni Abeliane (sono funzioni periodiche che mantengono particolari proprietà), studio delle Varietà n-dimensionali (insiemi di punti rappresentati con valori numerici, dunque una equivalenza analitica-geometrica), Geometria differenziale (studia le caratteristiche di una linea curva o di una superficie curva svincolandosi dalla loro rappresentazione), Teoria dello spazio fisico (luogo studiato con una particolare nozione di “misurazione”), ecc.; nel campo della Fisica: Meccanica analitica, (studia il movimento e le condizioni di equilibrio dei sistemi meccanici), Elaborazione di un quadro matematico unificante tutte leggi relative ai fenomeni naturali, Elaborazione di un formalismo concernente la forza di gravità (la forza peso dei corpi), trattazione delle forze che si sviluppano nei fenomeni elettrici e magnetici, sviluppo di equazioni regolanti i fenomeni luminosi e termici. Vi è da aggiungere l’aspetto notevole concernente i suoi sviluppi della Geometria differenziale, alla quale in seguito si ricollegò la Teoria della Relatività Generale formulata da Einstein che valse, allo scienziato di Ulma, il conferimento del Premio Nobel per la Fisica nel 1921. L’elaborazione dei tantissimi formalismi Riemanniani hanno avuto un enorme influsso sullo sviluppo della Scienza dell’Ottocento e del Novecento: gli studenti conoscono bene, “si divertono ed amano” – o, questione di valutazioni personali, rappresentano un cruccio dunque “odiano” – gli integrali indefiniti e quelli definiti, ostici ma potentissimi strumenti applicati in tutti i settori scientifici. Torniamo alla Genialità tedesca Riemann. Eccellenti capacità e grandi sacrifici consentirono l’ingresso nel liceo di Hannover, e, nel 1846 nell’Università di Goteborg; vinse una borsa di studio e l’anno successivo si trasferì a Berlino, dove studiò sotto la tutela di Steiner e Dirichlet. Alcuni anni dopo conseguì il dottorato a Goteborg con una tesi assai apprezzata da Carl Friedrich Gauss: in esso lavoro Riemann elaborò la teoria delle variabili complesse, trattò alcune superfici (sono ora chiamate superfici di Riemann) e introdusse metodi topologici per lo studio di esse. Tutte le sue opere hanno un valore fondamentale, ma un ruolo di spicco assume la sua Geometria non euclidea, basata su un’assiomatica diversa da quella proposta da Euclide, e delineata in dettaglio in un famoso lavoro: sinteticamente, tale Geometria viene sviluppata considerando, ad esempio, la superficie di una sfera e vincolando le figure ed i sistemi di riferimento a tale superficie sferica. Mezzo secolo dopo, Albert Einstein dimostrò, in virtù del suo modello relativistico spazio-temporale, che la Geometria di Riemann offriva una rappresentazione più accurata dell’universo rispetto alla Geometria Euclidea. Il superlavoro minò il fragile organismo della Genialità tedesca, nei suoi ultimi anni trascorse diverse stagioni in Italia dove cercò la guarigione da una grave malattia polmonare. Morì in giovane età, in grande sofferenza, prima del quarantesimo compleanno, era il 1866:si arrese alla tubercolosi, malattia analogamente infettiva quale l’attualmente imperversante COVID-19. In effetti Riemann poté dedicare soltanto una quindicina di anni alle sue grandiose elaborazioni e creazioni, un leggiadro volo abbattuto dalla impietosa arma del Destino. Paul Guldin, “italianizzato” Paolo Guldino (1577-1643, matematico e astronomo svizzero), anche se di origine ebraica, venne indirizzato dai suoi genitori alla fede protestante. Divenne orafo e lavorò in quel mestiere durante la sua adolescenza in diverse città tedesche. Nel 1590 era impegnato a Freising e lì lesse una serie di libri che lo indussero a nutrire forti dubbi sulla -da lui praticata- religione protestante. Si recò all’abbazia di Weihenstephan: fu una scelta difficile, una decisione sofferta, manifestò la rinunciò al culto protestante; modificò il suo nome da Habakkuk (nome ebraico proveniente da uno dei dodici Profeti minori) a Paolo, l’ebreo che portò il Cristianesimo ai Gentili ovvero ai Pagani. Guldin dunque si convertì al Cattolicesimo all’età di 20 anni e si unì all’Ordine dei Gesuiti a Monaco di Baviera; fino a quel momento non aveva studiato matematica, tuttavia i Gesuiti erano un Ordine impegnato in una rigorosa educazione ed estesa formazione, dunque il giovane attraverso un lungo processo si acculturò, venne poi ordinato sacerdote gesuita. Mostrò notevoli abilità matematiche, nel 1609 fu inviato al gesuita Collegio Romano a Roma per studiare sotto l’ègida di un professore di matematica, eccezionale insegnante dal quale ottenne una profonda preparazione. Dopo questo ciclo di istruzione, insegnò matematica al Collegio dei Gesuiti di Roma; poi, nel 1617 si trasferì al Collegio dei Gesuiti di Graz, ma dopo pochi anni un grave problema di salute lo costrinse a rinunciare all’incarico. La sua trattazione più importante concerne 2 notevoli teoremi relativi ai solidi ottenuti dalla rotazione di figure piane intorno ad un asse, superficie laterale e volume di tali solidi possono essere ottenuti utilizzando il concetto di baricentro; relativamente al corpo umano, il baricentro può essere ubicato anche all’esterno di esso -accade quando ci pieghiamo- concetto utilizzato dal saltatore in alto americano Fosbury: con una torsione e con un “salto di schiena” si acquisisce maggiore slancio e superiore potenza perché è come si diventasse “più leggeri”, l’idea fruttò la medaglia d’oro alle olimpiadi del 1968.Esiste una correlazione tra Riemann e Guldin: Riemann considerava l’infinitamente piccolo il reale perno delle tecniche di Fisica e Matematica, mentre i gesuiti avversavano tale Teoria degli infinitesimi, propendendo per il Metodo di esaustione. Illustriamo le due teorie, partendo dal Metodo di esaustione ovvero “di esaurimento”. Il procedimento consiste nel “riempimento” di una figura della quale si desidera calcolare l’Area, con poligoni regolari inscritti (“che stanno dentro” l’Area). Consideriamo il cerchio, di cui vogliamo trovare l’Area. Inseriamo dentro il cerchio un poligono di n lati, per esempio un rombo, dunque n=4; se n cresce sempre più (poligono con 10, 20, 30…lati), il poligono si avvicinerà sempre di più al cerchio, la sua area tenderà a colmare l’area del cerchio. Quindi, maggiore è il numero n di lati del poligono, tanto più la precisione sarà elevata, pertanto maggiore sarà la convergenza tra l’area del cerchio e l’area del poligono. Adesso applichiamo il “metodo infinitesimo” per calcolare l’Area del cerchio: questa volta non si considera un numero n finito (es. n=30), bensì un numero elevatissimo, teoricamente infinito, di poligoni inscritti. La mia elaborazione associata al presente scritto include anche una immagine non apparsa nello scorso numero, in sintonia col presente scritto. Relativamente a Guldino: è rappresentato un volto femminile ottenuto dalla rotazione di una figura intorno ad un asse; poi, per quanto concerne l’estroso Creativo, sfortunato Ingegno Riemann: raffiguro il perenne soffrire dell’Umanità, Montaliano “impietrato soffrire senza nome”.
Giuffrida Farina