Di L.R. Ieri lo abbiamo festeggiato contemplando Gesù sulla Croce, uno strumento di morte da Lui trasformato in trono di regalità, mentre si è tentato un bilancio dell’anno santo della Misericordia appena concluso. Per la verità con scadenza quotidiana gli avvenimenti che ci hanno fatto compagnia in questi trecentosessantacinque giorni sono stati atti di guerra, la paura di attentati, lo stillicidio del martirio di tanti cristiani, muri innalzati e reiterato rifiuto per palesi egoismi verso gli emigrati, mentre anche nell’opulento Occidente i poveri sono diventati sempre più poveri per consentire ai ricchi di sentirsi più ricchi. Nonostante queste incontrovertibili evidenze, noi asseriamo che re di questo tragico mondo è Gesù per cui occorre rispondere alla domanda: come Cristo esercita la regalità. Di conseguenza se ne deduce anche il nostro compito. Gesù è Re perché redentore, perché manifesta il cuore misericordioso del Padre che è più grande e potente del peccato; perciò nel mondo il male non potrà vincere, nonostante le apparenze Dio, che è paziente, attende anche dai cattivi un gesto di resipiscenza. Nostro compito, di conseguenza, è vincere la tentazione di starcene fermi in attesa degli eventi. Invece di un pusillanime “chi me lo fa fare”, siamo invitati ad annunciare il Vangelo per suscitare la nostalgia del Regno mentre lo testimoniamo concretamente in famiglia, sul posto di lavoro, nella società, consapevoli che l’impegno dei cristiani si riassume nella preghiera “Venga il tuo regno”. Così si rafforza la fede nel Re morto amando in modo inverosimile mentre provocatoriamente gli gridavano: se sei il Cristo, salva te stesso! Erano sacerdoti del tempio scandalizzati perché non potevano concepire che Dio lasciasse morire il suo Messia. Erano soldati abituati al primato della forza sul quale fondavano il riconoscimento del proprio re. Erano spettatori curiosi, convinti che nulla potesse valere più della vita. Ma Cristo Re dimostra che esiste qualcosa di maggior valore: l’amore del re che muore amando. Noi possiamo anche rifiutarlo, ma Egli non ci rifiuterà mai perché ha sostanziato la sua scelta col sigillo della risurrezione. Questa considerazione preliminare rende comprensibile il passo del vangelo di Luca letto ieri per la liturgia della festa e che vede in azione un malfattore appeso alla croce il quale chiede di non essere dimenticato. Gesù risponde assicurando che lo avrebbe preso con sé. Orbene in questo bandito si riflette tutta l’umanità, perché in questo malfattore si rinviene la dignità di ogni persona. E’ un grande messaggio: pur se decaduto, per Dio l’uomo è sempre amabile, anche se privo di meriti come quel ladro. Dio non guarda al peccato o al merito, ma valuta soltanto sofferenze e bisogni. Ricordati di me: è la preghiera del malfattore e Gesù, in modo stupefacente, non solo asserisce che si ricorderà, ma s’impegna a fare qualcosa di ancora più eclatante. Lo porta con sé, lo conduce a casa perché la storia della salvezza da lui realizzata non prevede esclusioni, separazioni, respingimenti. Il Regno di Dio è la terra nuova che avanza procedendo sempre per inclusioni. Di questo passo del Vangelo dobbiamo portare nel nostro quotidiano il seguente brevissimo dialogo: Ricordati di me, prega il peccatore; sarai con me, risponde l’amore. È la sintesi di tutte le preghiere. La paura esclama: ricordati di me; l’amore risponde: sarai con me per sempre. Questa dinamica di redenzione trova il suo fondamento nelle ultime parole pronunciate da Cristo sulla croce: oggi, con me, paradiso. L’oggi evoca l’adesso, l’istante che si apre sull’eterno. Il con me assicura la condivisione perché garantisce l’amorevole accoglimento. Il Paradiso fin dall’inizio era il destino dell’uomo; esso ora si concretizza come il luogo i cui confini sono segnati soltanto da una esperienza di luce e di amore. La nostra speranza viene rafforzata dal fatto che ad entrarvi per primo è un uomo dalla vita sbagliata. Se un malfattore sulla croce può aspirare a tanto, allora nulla e nessuno sono definitivamente perduti perché le braccia del re-crocifisso resteranno spalancate fino alla fine dei tempi di fronte all’umanità in attesa. Non rimane che fissare lo sguardo su Gesù con gli occhi del malfattore che ha compreso chi realmente Egli è. Anche se non vede un re glorioso, non esita ad implorare “ricordati di me” perché riconosce nell’impotenza, nella fragilità, nel silenzio e nel perdono la sua regalità. Questa è la Buona Notizia per la quale continuiamo ad allietarci inneggiando a Cristo Re.
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