Era il 18 giugno del 1973 a Castellabate (SA), capitato per caso nel convegno internazionale, nel quale si palesava per me e il mio futuro destino, “la stella cometa”, in una mappa che apparve d’improvviso nella proiezione di un “lucido” ormai ingiallito, per me contenuto e origine della nascita del Parco Nazionale del Cilento .
Il caro amico Bartolo Scandizzo, in un pomeriggio di questa primavera 2024, mi ha invitato a fare qualche riflessione sulla nascita del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, unico ed emblematico esempio del mezzogiorno italiano che si rappresenta oggi come un paesaggio evolutivo vivente e vitale nel mondo contemporaneo per la Sua “biodiversità”, “umanità” e “stile di vita” mediterraneo.
UNICO, per tante motivazioni, ma per me e Bartolo, per aver condiviso la sfida della comunicazione nell’esperienza di primo Direttore del Parco (1996/2004), unendo le tante testate giornaliste del parco, i giovani giornalisti, le genti, le idee, la volontà di cambiamento.
Più che un bilancio delle tante cose fatte, insieme a uomini e donne di buona volontà, con grandi slanci virtuosi e lungimiranti, per me, l’ennesima occasione di una ripartenza da dove tutto è cominciato!!!
L’esperienza di anni trascorsi lontano da queste terre sarà utile per rilanciare e consolidare, conoscenze e aspettative di territori e delle persone, nell’ancestrale, quanto proficuo e utile rapporto, tra UOMO e NATURA.
Era il 18 giugno del 1973 a Castellabate (SA), capitato per caso nel convegno internazionale, nel quale si palesava per me e il mio futuro destino, “la stella cometa”, in una mappa che apparve d’improvviso nella proiezione di un “lucido” ormai ingiallito, per me contenuto e origine della nascita del Parco Nazionale del Cilento .
L’Assessorato al Turismo della Regione Campania, avvalendosi della collaborazione della “Mediterranean Association for Marine Biology and Oceanology” (M.A.M.B.O.) indisse un Convegno Internazionale sul tema “I Parchi Costieri mediterranei”, che si svolse, grazie al lavoro organizzativo dell’Ente Provinciale per il Turismo di Salerno, a Castellabate dal 18 al 22 giugno 1973, come prima fase del Colloquio del “Pacem in Maribus”, continuato a Malta dal 23 al 27 giugno dello stesso anno. Il Convegno aveva come scopo principale quello di approfondire tematiche collegate all’istituzione dei “Parchi Marini” nell’area mediterranea e nelle altre zone che avevano avuto esperienze del genere.
Il Parco Naturale Marino di Castellabate era stata occasione per costituire una Federazione Mediterranea dei Parchi Marini esistenti, in modo da creare una rete strutturata di iniziative, che facciano fronte, con il loro esempio e con la loro attività, alla dilagante degradazione ambientale che rischia di trasformare il Mediterraneo in un mare morto.
Nonostante gli sforzi e la lungimiranza di quegli scienziati “giganti delle conoscenze”, possiamo dire che il Mediterraneo ha poi subito quella sventura annunciata, diventando oggi un mare di morti.
Il Convegno di allora si proponeva di sottolineare le esigenze primarie di una economia in via di sviluppo, rappresentate in prevalenza dalla opportunità di utilizzare risorse presenti in loco senza dilapidare anzi, facendone un uso saggio e programmato in vista dei bisogni futuri.
Oggi diremmo, le possibilità connesse a rivitalizzare un “ripopolamento umano” che le attività di ricerca e studio sui territori di “eccellenza” possono contribuire ad offrire alla scienza e soprattutto alle scienze legate alla prevenzione della salute umana.
Pertanto quel convegno fu lo slancio e l’apertura di un modello attrattivo e consapevole dei riflessi che potevano conseguire confronti e dialoghi sul mediterraneo sui problemi socio-economici da risolvere, adesso come allora, con chi vive sui territori come in quella occasione avvenne con i rappresentati dei pescatori di Castellabate.
Infatti, con straordinaria coincidenza (come un “allineamento di pianeti” che si ripeterà in seguito) in quel Convegno erano presenti uomini e donne che poi hanno avuto un ruolo cruciale in quella che definirei una “sfida impossibile” nel percorso di nascita e crescita del parco… uomini e donne che con sincera e concreta VISIONE del territorio e delle sue vocazioni, hanno inciso nella consapevolezza degli abitanti (in gran parte oggi assunta nell’orgoglio di appartenenza ad un territorio patrimonio del mondo), oltre che nella individuazione di rotte ancora oggi tutte da percorrere.
Fu Roberto Virtuoso, Vice-Presidente della Giunta Regionale e Assessore per il Turismo, il Commercio e l’Ambiente e i Beni Culturali (poi prematuramente scomparso nel 1977) , che tracciò la strada … “Nelle terre del Cilento, parte meridionale della Regione, il nostro impegno trova concreta attuazione nella valorizzazione di un vasto patrimonio di beni naturali e di bellezze paesaggistiche e ambientali, ma anche di zone ad alto valore archeologico, di monumenti eccelsi, di ambienti urbani antichi di suggestiva bellezza per quanto in via di abbandono e di degradazione. Questo pone l’esigenza di interventi rapidi ed efficaci con chiari scopi sociali, volti anche all’evoluzione delle condizioni di vita degli abitanti e alla soluzione dei problemi economici. E noto che il maggior problema che assilla il nostro paese è quello del Mezzogiorno d’Italia, una delle aree depresse dell’Europa meridionale, la cui elevazione economica può dare un contributo ai problemi stessi del resto dell’Italia e dell’Europa. Il Cilento è parte significativa del Mezzogiorno d’Italia perché presenta le stesse caratteristiche di depressione economica, ma non è privo di risorse particolarmente utili allo sviluppo del turismo, dell’agricoltura, dell’artigianato. La valorizzazione dei beni culturali e naturali acquista perciò una particolare importanza, perché può essere realizzata non solo in termini di conservazione e di preservazione dalla degradazione e dall’inquinamento, ma anche come utilizzazione a favore dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni e come offerta di incalcolabile valore per il turismo internazionale”… Ecco perché “il Cilento ha in sé tutte le condizioni per diventare il “giardino d’Europa” e offrire al godimento delle Sue popolazioni e dei turisti europei e mediterranei, le sue bellezze”…Una simile affermazione non poteva cogliere nel segno e nel cuore di un giovanissimo diciottenne come me che sognava di diventare architetto del suo territorio …
Ma la mia “stella cometa” riservava altre sorprese di lì a poco, nel 1975, iscritto alla Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, con tante speranze per la mia terra, con quelle premesse e quella mappa nella testa proposta dal rappresentante dell’International Institute for Environment and Development di Londra, E. Max Nicolson nel suo intervento a Castellabate, incontro la Prof. Gabriella Caterina che nel convegno di Castellabate insieme a Federico Rossi e Augusto Vitale, tracciarono l’analisi e il significato del progetto del parco. Il collegamento fu immediato e mi iscrissi subito al suo corso di Tecnologia dell’Architettura, diventando in brevissimo tempo il suo primo assistente con il titolo (insolito al terzo anno di architettura) di cultore della materia e poi ricercatore e docente nei corsi della stessa professoressa per oltre 15 anni, continuando a “volare alto” e seguire gli accadimenti dei riflessi locali di quel convegno, con la nascita dell’Associazione per la istituzione del Parco dove partecipavano illustri personalità nazionali (il Prof. Corbetta, l’On. Ceruti relatore della legge quadro per le aree protette n.394/91, il direttore del Parco d’Abruzzo Franco Tassi, Lello Capaldo, Grazia Francescato, Giampiero Indelli, Peppe Tarallo, Luciano Mauro e tanti altri ) con i quali, iniziai il mio percorso di approfondita conoscenza del territorio del Parco nella sua immensa estensione e qualità ambientale e culturale ed in particolare con il Prof.
Francesco Corbetta emerito docente ordinario di botanica dell’Università di Bologna e con lui incontrammo più volte molti degli esperti di Castellabate in incontri e convegni di promozione per la nascita del parco.
Allo stesso tempo altri attori presenti a Castellabate, continuarono nel loro impegno istituzionale e politico …
NUNZIO DI GIACOMO all’epoca dell’Assessorato al Turismo che nel convegno traccio le linee guida “Per un Parco Naturale del Cilento” assumendo nel tempo ruoli e funzioni di rilevante responsabilità regionale.
ALFONSO ANDRIA per parte dell’Ente Provinciale per il Turismo di Salerno per poi affrontare con decisione un convinto sostegno al parco nella sua fase nascente e in tutta la sua crescita, nel ruolo di illuminato Presidente della Provincia di Salerno quando nel momento di più disperata crisi della nascita del parco (negli anni 1994/95) con il Prof. Vincenzo La Valva primo e indimenticabile Presidente del parco, lanciammo la proposta di iscrizione del territorio del parco con le emergenze archeologiche di Paestum, Velia e la Certosa di San Lorenzo nella più prestigiosa lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità come Paesaggio Culturale (era il 1998 quando quella sfida fu vinta e di seguito una scossa elettrica sul territorio incredulo -come per Matera- finì la lamentazione territoriale e iniziò una nuova era dove tanti giovani tornarono a riprendere le terre dei padri diventati un “brand” di promozione produttiva nella qualificata progressione evolutiva della qualità enogastronomica del territorio, aprendo una stagione mai conclusa del vero riconoscimento di una possibile e “sana” economia, certificata con oltre 100 “chioccioline” di slow food nell’atlante dei prodotti tipici dei parchi nazionali voluto dal Ministero dell’Ambiente, che riconobbero al Cilento il primato nazionale della “qualità” di quello stile di vita che ci ha resi famosi nel mondo.
Quarantadue progetti europei presero il via: il Patto Ambientale, il PIT del Parco, il PIRAP del Parco, l’Agenda locale 21, Ospitalità da Favola, Quali Parco, gli Agriturismi del Parco, la Rete dei Musei, gli Itinerari, altri riconoscimenti UNESCO e del Consiglio d’Europa per la nascita dell’Osservatorio europeo del paesaggio, il Green Globe al World Travel Market di Londra, membro dell’IUCN, Certificato ISO 14001 per la qualità ambientale, l’Osservatorio della Biodiversità e l’Osservatorio Epidemiologico, i Presidi Ambientali Permanenti, come il Piano del Parco e il Piano Socio Economico approvati all’unanimità dagli 80 Sindaci del Parco negli anni 2000, il riconoscimento dell’Ambasciata Americana nel prestigioso programma IVP George Perkins Marsh, ecc. In quegli anni eravamo più famosi all’estero che in Italia …
“Dai ripari sotto roccia frequentati nel Paleolitico agli insediamenti neolitici, dai commerci carovanieri e marittimi dell’Età dei Metalli fino somme realizzazioni urbane di Paestum e Velia del mondo greco e Lucano, il Parco del Cilento conserva tracce mirabili di una terra che ha intessuto una relazione di forte carica culturale e spirituale con la natura.
Come le specie naturali e gli ambienti geografici così le genti hanno trovato in questi luoghi un punto privilegiato di contatto, la contaminazione e la fusione. Il Cilento realizza l’incontro tra mare e montagna, Atlantico e Oriente, le culture nordiche e quelle africane, fonde popoli e civiltà e ne conserva le tracce evidenti nei caratteri distinti.
Posto al centro del Mediterraneo, ne è il Parco per eccellenza perché ne concretizza gli aspetti peculiari: la biodiversità, la compenetrazione ambientale, e l’incontro delle genti; le stesse caratteristiche implicite nel significato etimologico del Mediterraneo: “centro della terra”.
Riunificati dalla trama dei percorsi: il mare, le grotte, i crinali, le fonti, i pendii, le vette, le valli divengono gli elementi strutturali per un progetto umano. Essi -pure se in forme diverse-, continuamente ricorrono nei vari nei monumenti storici e vengono riutilizzati nell’economia, ridisegnati con l’agricoltura, arricchiti dall’arte e l’architettura, assunti nella concezione mitica metafisica e culturale. In epoca medievale l’arcaico sistema dei percorsi di crinale del Cilento, messo ai margini dalle vie di penetrazione romana, ha una nuova rivitalizzazione e si corona di una trama di paesi, insediamenti, chiese e santuari, sviluppati secondo precise regole e motivazioni che si concretizzano e rinnovano le antiche tradizioni.
Ai nostri giorni il Parco del Cilento continua ad arricchire il suo territorio, che si configura come un paesaggio evolutivo vivente e vitale nel mondo contemporaneo”.
Mi preme evidenziare che tutto questo è stato possibile con l’impegno, la partecipazione se non lo spirito del servire la propria terra con sacrificio e dedizione di molte competenze, operatori e giovani esperti cilentani (nelle commissioni di lavoro come nei gruppi operativi della Comunità del Parco). Solo nell’ufficio di piano erano presenti oltre 40 esperti laureati e programmatori, oltre 600 lavoratori socialmente utili erano affidati al parco che nel tempo era diventata l’istituzione territoriale con il maggior numero di addetti ed occupati.
In questi scenari, bisogna dare merito a illustri personalità che dai banchi del parlamento hanno poi sempre accompagnato e sostenuto ila nascita del parco come il Senatore Michele Pinto che tra il 1990 e il 1991, contava fino a 130 gli incontri per spiegare il valore di questa istituzione ai cittadini e gli abitanti di tutte le contrade e ad Antonio Valiante che a difesa di questa istituzione ha speso le sue maggiori energie di lungimirante politico e uomo del Cilento, dentro le istituzioni nazionali e regionali, rimettendo anche un mandato elettorale .
Conclusioni
Se questa è la sorte di molti cilentani “nel mondo” mai “profeti in patria” vittime dei cosiddetti “scoraggiatori militanti”, come dice il mio amico Franco Arminio paesologo e amante del Cilento, che insieme ad altri illustri uomini e donne del Mezzogiorno, stanno aprendo scenari impensati di consapevole e lucida “rivoluzione pacifica e silenziosa” nelle comunità emergenti di queste terre. Stanno adesso emergendo le basi di un futuro possibile per le nuove generazioni.
A queste ultime, dedicherò tutti i miei sforzi, perché emerga e si rafforzi il talento e l’impegno con i loro linguaggi, con le loro attitudini, con le loro “sfide impossibili” … cosi come per il protagonismo dei “restanti” come dei “tornanti” verso un nuovo modello educativo insito nella Terza Missione delle Università Italiane per ripartire dalla conoscenza per l’esaltazione del capitale umano e delle proprie risorse a partire dalla NATURA primaria e ineludibile ricchezza, con la nascita di un Campus diffuso e integrato nella storia e nella cultura di queste terre che guardi al Mediterraneo a partire dai colloqui “Pacem in Maribus”, (divenuto oggi I.O.I.), sponda di solidarietà e fratellanza per promuove indagini e ricerche sullo spazio mediterraneo e le sue risorse, … per nuove sfide impossibili.
Emergono in questo contesto un rinnovato slancio di conoscenza e comprensione delle dinamiche di comunicazione ed educazione sui cambiamenti climatici e dei servizi ecosistemici, temi da condividere e sottoporre all’attenzione degli organismi istituzionali nazionali ed internazionali!… e allora, chissà se un altro giovane cilentano come me, possa avere per caso e/o per ventura l’occasione all’improvviso di una VISIONE, una nuova “stella cometa” che illumina le menti e il cuore alle persone di buona volontà.