Il Parco Nazionale del Cilento, Diano, Alburni è ancora un progetto di comunità vasta del nostro territorio oppure è da considerarsi un ulteriore occasione mancata per la nostra realtà?
Chi ha in mano il potere di rinvigorire la spinta propulsiva dell’idea che tante speranze aveva suscitato?
Qual è la linea di confine tra la delusione e il rilancio?
Tre domande che, solo perché vengono poste, lasciano l’amaro in bocca. Mo non è questo il punto oggi. Gli interrogativi hanno implicitamente alcune risposte, ma altre devono essere declinate al meglio.
L’idea parco, a mio avviso, è ancora un’opportunità per tutti noi, giovani e mono giovani, per dare risposte concrete agli innumerevoli bisogni emergenti oltre che a quelli atavici. Infatti, se si considera l’andamento dei settori che ancora sviluppano una crescita economica nel settore turistico e in quello delle produzioni alimentari di qualità ecco che si delinea un sistema produttivo che, se non ci fosse il parco, bisognerebbe inventarlo. Solo un territorio capace di far valere le sue peculiarità ambientali e legati indissolubilmente alla biodiversità che ancora pervade l’area protetta più grande d’Italia potrà essere capace di dare copertura integrata ai marchi che da anni stanno proliferando e conquistando spazio nel mondo dell’enogastronomia.
In realtà, anche chi lancia accuse all’ente parco che avrebbe ingessato l’economia edilizia del territorio, dovrà ben presto ricredersi perché, come declinato in ogni consesso, il futuro dell’edilizia non consisterà più nella realizzazione di grandi insediamenti (molto spesso destinati alla sola speculazione immobiliare: Spagna insegna!) ma, al contrario, saranno le piccole e grandi ristrutturazioni a ridare slancio al settore trainante dell’economia.
Rispondere alla seconda domanda è più complicato della prima, ma resta inteso che solo la classe elevata al ruolo dirigente dal voto popolare può e deve farsi carico ponendosi all’avanguardia nell’issare il vessillo “verde” dell’ente parco impegnandovi risorse umane e scommettendo parte della loro credibilità sulla ruota dell’unica speranza possibile per il prossimo futuro. Dotare il nostro territorio di “autostrade informatiche” che consentano ai nostri giovani di essere nel mondo che conta delle nuove tecnologie per poter scegliere se restare o partire ma non perché costretti dalla mancanza di infrastrutture giuste.
Il terso interrogativo è quello più intrigante, in quanto è più difficile da determinare nella sua riuscita. Le scelte, si sa, non sono mai “bianche o nere”. I colori sono tanti e, se combinati tra loro, possono essere infiniti. Per cui, resta importante imboccare la direzione giusta, spiegarla con ogni mezzo, invogliare ad agire e, soprattutto, monitorare i percorsi raccogliendo dati relativi ad ogni settore, aggregandoli tra loro, interpretandoli al meglio e “scodellarli all’opinione comune al fine di farli metabolizzare.
Ovviamente, sono necessarie risorse umane ed economiche che camminino in paranza con le idee e i progetti. Tocca proprio a chi avrà la responsabilità di stilare i regolamenti, validare le proposte, assegnare i contributi e, cosa ancora più importante, controllare i risultati garantire un sereno confronto basato sulla forza delle idee.
Al contrario, i cittadini “custodi” e primi fruitori della nostra biodiversità, avranno ancora strada davanti ma che dovranno percorrere camminando con la testa girata all’indietro ad immaginare quello che poteva essere e non sarà stato!