E’ nella natura dell’uomo piegare a proprio vantaggio la realtà e creare le condizioni per la sua sopravvivenza. E’ sempre stato così per l’uomo, nato senza artigli e senza pelliccia ha sempre dovuto adattarsi alle condizioni ambientali e metereologiche che lo svantaggiavano oggettivamente e anatomicamente per sopravvivere sul pianeta. L’ingegno e lo spirito di sopravvivenza hanno fatto la differenza. Ha costruito strutture sociali per migliorare i parametri di vitalità, ha concepito la Terra e la natura non più come un problema ma come una risorsa da usare a proprio vantaggio. Questa condizione ha finito per trasformare l’uomo in un saccheggiatore totalmente interessato al proprio esclusivo benessere senza mai domandarsi cosa ciò avrebbe comportato.
Da fine ottocento ad oggi, in poco più di 150 anni, l’uomo, nella sua ultima evoluzione industriale per la sopravvivenza, ha consumato, secondo il recentissimo studio (luglio 2019) del Global Assessment Report on Biodiversity, organismo delle Nazioni Unite, il 75% delle risorse disponibili sul pianeta. Il deturpamento dell’intero ecosistema ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha trasformato significativamente il 75% delle terre emerse. La cause principali sono, nell’ordine, l’ alterazione dei terreni e dei mari, l’utilizzo diretto delle specie viventi, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la sovrappopolazione incontrollata. Inoltre, secondo il suddetto studio, i nostri consumi avrebbero compromesso definitivamente la Terra entro il 2050. L’uomo a quel punto avrebbe pregiudicato la vita in senso generale spazzando via l’unico posto conosciuto nell’universo adatto ad ospitarla.
Il coronavirus è, in questo momento, un problema solo per l’uomo, che a sua volta è un problema per la Terra. Il suo modello sociale, il suo modo di intendere l’economia e la finanza avrebbe inevitabilmente compromesso tutto prima o poi. E questo virus ferma bruscamente il processo sociale ed economico che tanto stava facendo male alla Terra e che potrebbe rappresentare un’occasione per saper apprezzare ciò che abbiamo sempre ritenuto scontato. E’ bastato un essere invisibile per mettere in ginocchio l’uomo e le sue regole e da questo dovremmo trarne qualche conclusione. La vita è troppo importante e questo virus sembra essere il freno più brutale ma più logico per fermare una catastrofe annunciata.
Secondo gli ultimi aggiornamenti non esiste un vaccino capace di sviluppare anticorpi e dunque una protezione dal Covid-19; anche tra chi già è stato contagiato. Dunque sarebbe tecnicamente impossibile cancellare completamente il virus siccome i portatori potenziali sono 7 miliardi di persone che nella maggior parte dei casi manco sanno di avercelo (che a loro volta ne infetteranno altri). Anche quando un antidoto si troverà (e ci vorrà un bel po’) riuscire a somministrarlo a tutto il mondo, contenendo nel frattempo il contagio, sarà una impresa senza precedenti oltreché logisticamente improbabile. Pensiamo solo ai paesi centroafricani o a quelli sud americani o ancora a quelli medio orientali, dove non dispongono neanche di attrezzature necessarie a garantire un’assistenza basilare, come faranno a contenere e a isolare questo virus così complesso e a gestire l’isolamento e le quarantene? A quel punto si potrebbe configurare un modello sociale dei confini, cancellando quella che è la globalizzazione e quello che noi concepiamo come modello sociale normale fondato sul libero arbitrio.
La sfida dell’uomo sarà quella di sviluppare un nuovo prototipo social-economico basato su altri criteri e altre logiche diverse da quelle che conosciamo; che comunque stavano demolendo il pianeta Terra ad una velocità spaventosa. L’uomo ha i mezzi intellettivi e morali per poter affrontare questa crisi di sistema, ne ha dato prova nella sua storia, ma bisognerà guardarsi in faccia e studiare un nuovo stile di vita che, per quanto doloroso e faticoso possa essere, consentirà sia alla vita dell’uomo e sia a quella del pianeta Terra di brillare nel buio dell’universo.