Torna in campo un ministero specifico per il “Turismo” che avrà un suo portafoglio! Mario Draghi lo ha affidato al Massimo Garavaglia.
Il settore prima della pandemia valeva oltre il 13% del Pil italiano (Prodotto Interno Lordo) con circa 240 miliardi di fatturato, impegnava il 15% della forza lavoro, contribuiva per 44 miliardi di Euro alla bilancia commerciale italiana e registrava un valore della produzione di 190 miliardi.
Il Covid19 lo ha messo a tappeto. Nel 2020 ci sono stati ben 237 milioni di presenze in meno rispetto al 2019.
Investire su un piano di rilancio del turismo vuol dire fare “debito buono”. Infatti si tratta di definire strategie e processi utili a ricostruire su basi solide il futuro del settore.
Secondo il Travel competitiveness report del World Economic Forum, l’Italia è al 63° posto per importanza data al settore mentre, Spagna è al 9°. Esiste da sempre un problema di e manca il coordinamento tra Governo centrale, Regioni, associazioni di categoria … per cui non si riesce a sviluppare una strategia unica.
L’Italia gode di un potenziale d’immagine straordinario, ma la nostra reputazione presso le grandi agenzie di viaggi on-line è più esposta a pubblicità negative sui media internazionali proprio perché frammentata.
Sarebbe, invece più incisiva una comunicazione unitaria con un budget centrale per superare l’assenza di scala negli investimenti di comunicazione. Siamo solo al 5° posto per numero di visitatori internazionali dietro a Francia, Spagna, Usa e Cina, una volta eravamo i primi. C’è da dire che sulla capacità ricettiva è evidente una disomogeneità tra Regioni nel certificare i livelli, le stelle per cui si offrono limitate garanzie di uniformità sia al turista sia ai TO.
Manca, poi, il gioco di squadra perché si incentivano poco le reti di impresa che consentano di condividere risorse, competenze, capacità progettuali e accesso al credito: oggi solo il 5% delle imprese turistiche, lo fanno.
Le 270.000 strutture, di cui 36mila alberghiere frena gli investimenti, e poi c’è un’alta offerta di strutture di fascia intermedia: il 55% degli hotel sono a 3 stelle e di costruzione non recente. Invece la domanda cresce per le fasce alte del mercato.
Ecco perché è importante che il piano punti a favorire la riqualificazione delle strutture: le tecnologie, si veda la fibra ottica ancora difettosa, e la componente green, con impianti efficienti e non inquinanti. Un tema che può divenire strategico è legato agli edifici e aree di grande valore storico ed artistico (borghi, conventi, castelli e fortezze, palazzi) presenti in gran numero in Italia, anche nelle aree interne, e non adeguatamente valorizzati. Il loro forte significato iconico che rappresenta la nostra identità culturale avrebbe un grande impatto per favorire la creazione di una rete dedicata al turismo lento e di medio e lungo termine. Questo attrarrebbe anche capitali privati. Ciò consentirebbe di attrarre turisti in molte aree del Paese dal potenziale ancora inespresso e consentirebbe anche di recuperare il nostro patrimonio storico artistico. Anche l’indotto che creerebbe un’operazione del genere andrebbe a dare ossigeno alle piccole imprese artigiane legate a lavori edili di piccole dimensioni.
Tutto ciò non può prescindere dal fatto che il sistema formativo deve avanzare oltre ciò che è: non basta garantire un lavoro ai giovani che scelgono il settore per realizzare il loro piano di vita, ma bisogna anche dare loro la possibilità di andare oltre e puntare a diventare direttori e management del turismo, del tipo dell’Ecole Hotelier di Losanna.
Nel 2025 ci sarà il grande Giubileo! Il settore turistico dovrà farsi trovare preparato a cogliere in pieno la grande opportunità che esso rappresenta.
Saprà l’industria turistica risollevarsi e farsi trovare pronta per questa grande opportunità.
Biesse