Dopo le tentazioni superate e l’esperienza della trasfigurazione, a mezzogiorno di un giorno assolato dedicato alla missione che lo impegna in un viaggio verso Gerusalemme rivelatosi sempre più difficile, Gesù si siede accaldato ed assetato sull’orlo di un pozzo. Sente non solo stanchezza fisica, ma è oppresso dall’angoscia per una missione segnata da opposizioni e tradimenti.
Così è iniziato il passo del vangelo di domenica scorsa, un lungo capitolo la cui esegesi ha avuto una storia molto controversa perché contenuto e significato risultano veramente rivoluzionari. Duemila anni fa una donna che parla con uno sconosciuto generava scandalo, che si trasformava in insuperabile tabù se a dividere i due era anche il culto, la religione, la purezza della razza. Ebbene Gesù supera tutti questi ostacoli quando vede qualcuno nel bisogno. Ma riprendiamo il racconto.
Al pozzo giunge una donna della quale non conosciamo il nome, la sua vita fragile è segnata da un evidente tormento perché incapace di relazioni stabili: ha avuto cinque mariti! Facile intravedere la portata anche simbolica dell’episodio. Di fronte sono l’umanità, rappresentata dalla donna sperduta nel suo confuso quotidiano, e Gesù. I due sono impegnati in un dialogo che prende le mosse da una situazione esistenziale che dovrebbe far emergere l’incomunicabilità a causa delle differenze religiose e identitarie. I Giudei, precisa l’evangelista, non hanno rapporti con i Samaritani; a dividerli è innanzitutto il modo come adorano Dio. Ma il metodo dialogico di Gesù supera anche questo ostacolo; alla fine egli trasforma quello che per la samaritana era solo un pozzo di acqua stagnante nell’esperienza in acqua viva che sgorga da una fonte inesauribile.
E’ lo stile di Gesù. Egli prende per mano e trasforma una radicata opposizione in liberante curiosità che genera sorpresa, dalla quale emerge lo stimolo a pensare, un percorso dell’anima che si conclude con un abbraccio di condivisione d’idee e di vita. In tal modo si genera ammirazione e, di conseguenza, il bisogno di testimoniare: un crescendo vincente rispetto ai muri eretti da stili cultuali diversi o da teologie di scuola che si combattono.
Il dialogo intessuto con Gesù diventa punto di partenza per una relazione che fa superare barriere percepite come insormontabili per le marcate divisioni radicatesi lungo gli anni. E’ il nuovo modo di credere; a Gesù non interessa stabilire dove è giusto adorare Dio, a Gerusalemme o in Samaria. Gli irrigidimenti dogmatici determinano solo l’esclusione di cuori feriti, costretti a rimanere fuori del tempio. Non importa dove; la samaritana è invitata ad adorare il Padre in Spirito e Verità anche se il suo comportamento non è immacolato. Questa donna rappresenta l’intera umanità andata dietro a tanti amori rivelatisi fatui o illusori, ma Dio la vuole riconquistare perché il suo desiderio di amare non si stanca. Egli non enumera gli errori commessi, la sua sete di perdono è più grande di una giustizia riparatrice. Gli basta essere amato, allora si dona senza pretende nulla; offre acqua che diventa sorgente inesauribile perché in Lui non c’è calcolo essendo appunto Esuberanza dell’Amore che si dona.
Tutto ciò emerge dal dialogo che Gesù intesse. Egli usa il linguaggio dei sentimenti. Nel desiderio recondito di una donna il cui percorso di vita è molto accidentato Egli intravede del buono dal quale traspare ancora la sincerità di un cuore. La capacità introspettiva di Gesù è il migliore sostituto ai rimproveri, ai giudizi di condanna, a severi consigli di cambiar vita. La sua è una ineguagliabile terapia di discernimento per la partecipata pazienza nell’illuminare la mente. Così trasforma la donna in tempio che adora Dio avendone sperimentato l’amore misericordioso.
L’EGO EIMI’ di risposta alla samaritana sorpresa, nella finezza teologica del mistico Giovanni evangelista, è una citazione del nome stesso di Dio. Ma Gesù non si limita a sollecitare un atto di fede, apre nuovi orizzonti di concreta felicità. “Colui che viene a me non avrà più sete” assicura a chi deve attingere nelle ore assolate di un quotidiano sempre uguale segnato da tante angosce. E’ l’invito a riflettere sulle necessità di abbinare alla soddisfazione dei bisogni materiali quelli spirituali e passare dai desideri della terra a quelli del cielo. Così Gesù non cambia ma eleva per trovare la sorgente del desiderio in Dio, vero tempio della fede nel Signore, che è con noi perché Amore. Allora, anche se la fame ci angustia, anche se ci riteniamo incapaci, possiamo trovare il nostro equilibrio nell’amore condiviso superando i limiti personali. Tale convincimento pervade di ottimismo la nostra vita. Invece di temere le debolezze, siamo determinati a costruirvi sopra un tempio solido e vincente, un cuore che si riscalda all’amore di Dio. E’ quanto capita alla samaritana, la quale dimentica anche il motivo per cui si è recata al pozzo; infatti, abbandonata l’anfora, corre in città: la sua debolezza è diventata la sua forza; su di essa costruisce la testimonianza di Dio avendo compreso che l’Amore supera tutte le incrostazioni culturali. E’ capace di dimenticare anche le inimicizie religiose perché ha bevuto l’acqua promessa da Gesù. Così la sua vita sprizza gioia ed energia perché ha arricchito di un nuovo, coinvolgente significato il proprio cammino.
Mendicante assetato, ancora oggi Gesù è disposto ad entrare in dialogo con chi, segnato dal risentimento, è pronto a gridare “Tu, giudeo, domandi da bere a me samaritana?” e, scandalizzato, imbraccia le armi, innalza muri, sbatte la porta, non porge il bicchiere d‘acqua per inumidire le labbra di chi, disperato, rischia la vita alla ricerca di dignità.