di Luigi Rossi
Azioni misteriose e favole antiche sono il diario di un cavaliere medievale che propone un viaggio nella storia tra realtà e fantasia. Nella prima parte egli descrive le avventure legate a Dragut, rapida incursione nei borghi del Cilento per evocare affetti, proporre reminiscenze, descrivere magie mentre traccia il profilo di paesaggi reali profittando soprattutto della formazione ricevuta quando ascoltava le favole che gli raccontava la nonna. Il tutto viene proposto con garbo ed una fine ironia. Durante il viaggio egli incontra compagni improbabili, come animali parlanti e dei quali si può fidare per compiere le sue imprese grazie ad un fuso d’argento col quale tesse la rete di luce e catturare l’ombra, che giace nel silenzio in ogni paese. L’esperienza fantastica richiama realtà vive ancora di oggi. A Rocca, ad esempio, la Donna Luna rivelatasi nello specchio evoca una nota qualità di vino. Per mantenere fede al folletto, che lo aiuta a sconfiggere Dragut, il cavaliere s’impegna a scriverne la storia. Grazie a questa promessa noi possiamo gustare una godibile descrizione dei borghi del cavaliere: Ogliastro col suo “monaciello”, Prignano con San Nicola attivo a smascherare un oste disonesto, Cicerale dove il fattore della marchesa si rivela un amministratore ingannevole, Lustra, dove una donna denuncia stereotipi di genere. E poi s’incontra la sirena Leucosia, un monaco musicista che commuove i suoi parrocchiani per la dolcezza degli inni che compone, gli avventori di una locanda che, intorno ad un falò in onore di sant’Antonio, si raccontano “cunti”, un cane fedele compagno dello sventurato contadino vittima dei soprusi del feudatario a Perdifuno. A Pioppi una tartaruga salva un pescatore, a Giungano una sacerdotessa coetanea di Spartaco brucia ancora d’amore, fino alle due ascensioni: la prima al castello di Agropoli, dove il cavaliere trova la sua bella, e l’altra con la mente fino al faro nelle tempeste della vita collocato su Monte Soprano a Capaccio. Caratteristica di questi quadretti è il fatto che, letti con attenzione, diventano anche testimonianza storica, come nel caso della piazza di Vallo. Scrive la nostra Guida:”Dal mare stavo risalendo a Vallo della Lucania, un bel borgo a mezza collina ai piedi del monte Gelbison, un paese importante per commercio. Dai dintorni contadini, allevatori e artigiani scendevano al grande mercato domenicale per vendere i propri prodotti”. In poche battute si sintetizza la centralità economica di un paese, cresciuto grazie ad una dinamica di scambi oggi purtroppo finita perché allo stesso mercato, posto in altro luogo, non si recano i contadini per vendere i loro prodotti, gli artigiani i loro manufatti ed i pastori gli animali. Se lo saranno mai chiesto i vigili amministratori, così solenti nell’infiorettare il paese? Non vorrei che il nostro cavaliere medievale urli e sfoderi la spada come fa con i disturbatori del carnevale in un altro borgo! Indubbia abilità della nostra Guida è l’evocazione lirica del paesaggio. Ecco alcuni esempi. A proposito di Cicerale scrive: “ogni tanto in un fazzoletto di terra coltivato la rabbia dell’uomo aveva momentaneamente sconfitto la foresta”. Di Lustra fornisce la seguente descrizione: “Le colline provavano a ripetersi nella fuga, rincorrendosi, cavalcate da olivi che sembravano amazzoni guerriere con folte chiome ricce e ribelli”. In riferimento a Castellabate e Santa Maria osserva: il “confronto continuo con il mare dava respiro incessante all’anima: l’insieme dei due luoghi parlava la lingua antica della storia, della religione e la curiosità di una natura sbarazzina e capricciosa dove nulla si può dare per scontato”; mentre ad Agropoli “dall’alto sembrava che il mare e l’uomo parlassero tra loro, conversando con educazione. L’esperienza proposta è di natura olistica; infatti, tutto partecipa di questa incantata situazione: “Il dondolio del cavallo accompagnava pensieri e tutto quello che intorno sembrava immobile: natura, case e tempo, alla luce del giorno, si illuminavano di nuove speranze”. Ma non ci comunica solo il piacere di raccontare; il cavaliere fornisce anche una morale, insegnamento di grande attualità. Egli registra un diffuso fatalismo, che fa esprimere al guardiano del castello di Rocca: “siamo tutti portatori di qualcosa, colti o ignoranti, siamo come facchini o asini costretti a portare il nostro sapere o la nostra ignoranza e molto spesso il capire aumenta solo il peso del nostro vivere, ma anche questo può essere affascinante”. Una conferma dell’anelito di libertà, malgrado lo scetticismo, viene messa in bocca a Nero, il cane del contadino di Perdifumo, prototipo di tutti i briganti buoni: “Amico noi padroni non ne abbiamo, abbiamo solo dei nuovi compagni di viaggio, cerca anche tu di restare senza padroni”. Continuo è l’invito all’ecologia del profondo perché: “La natura è amica se la sai ascoltare”. Così è possibile realizzare una metanoia economica ricordando che “quello che abbiamo non è nostro, è solo un prestito temporaneo. Il Cilento è un luogo di doni: spiagge, borghi, scogliere, boschi, colline, eremi. Un piccolo mondo ricco di sorprese da difendere e amare”; perciò, occorre: “Dal mare prendere solo il necessario, spero che abbiate imparato la lezione, rispettandolo le sue creature verranno sempre in vostro aiuto”. A queste condizioni: “Il sole si (…) impossessa nuovamente del paesaggio e all’improvviso tutte le campane” potranno di nuovo suonare all’unisono. E’ il miracolo dell’amore: che “è una cosa che rimane sempre”. Convinti di ciò anche noi, pur nella tempesta, come il cavaliere medievale possiamo scorgere la luce: “sembra lontana, ma può salvarti se seguita con fiducia”. E nel dire ciò la nostra Guida indica una Madonna dorata col bambinello che regge in mano un melograno, evocatore di vita feconda.
Gennaro Guida, I Borghi dei Misteri Racconti di un Cilento incantato, L’Argo Libro 2015