di L.R. Inizia un nuovo anno liturgico nel quale siamo invitati a riflettere sul futuro che ci attende come uomini e come cristiani: l’incontro col Figlio dell’uomo, che è già venuto nella carne fragile e mortale di Gesù, morto e risorto. Egli entra nella vita di ognuno che si pone alla sua sequela per attirarlo a sé e introdurlo nel suo Regno di pace. È lo stesso Gesù, il Veniente, protagonista del giorno del Signore, ma che avverte: “Quanto a quell’ora, (quella dell’incontro) nessuno la conosce” (Mt 24,36); è un termine fissato alla storia conosciuto solo da Dio, circostanza che non può generare da parte nostra distrazione e indifferenza, né giustificare una umanità che continua a comportarsi come ai tempi di Noè, quando la grande inondazione la colse impreparata. Intanto ancora oggi un diluvio di male fatto di violenza, immoralità, perdita di dignità, rifiuto della fraternità, determina scelte mortifere, che sfigurano la terra devastandola. Gesù non propone alternative ascetiche alla normale esistenza: uomini e donne che nascono, crescono, si innamorano, si sposano, mangiano e bevono per sostentarsi, denuncia, invece l’indifferenza verso la proposta di salvezza di Dio Creatore, il quale non castiga, ma invita a riflettere sulla situazione dell’umanità di fronte alla venuta del Figlio dell’uomo. Evento questo, che lungi dal suscitare eccitazioni apocalittiche, in vista di una non meglio precisata fine della storia, deve alimentare in ciascuno il desiderio di tenersi pronto all’incontro vivendo e praticando la comunione fraterna. È quindi una domenica impegnativa per valutare il nostro futuro. Entrano in gioco Misericordia et misera secondo l’espressione di Sant’Agostino nel commentare l’incontro di Gesù con l’adultera (Gv 8,1-11) e secondo l’auspicio di papa Francesco, pienamente fiducioso nell’uomo capace di uscire dal “cerchio dell’egoismo che ci avvolge, per renderci a nostra volta strumenti di misericordia”. È il sentimento che ci deve accompagnare come frutto dell’anno Santo appena concluso. Infatti, la misericordia non è una parentesi; è, invece, manifestazione della verità profonda del Vangelo. Le quattro settimane di Avvento sono una opportunità per consentire al Salvatore di leggere nel nostro cuore il desiderio di essere compresi, perdonati e, quindi, liberati. Il suo non è mai un giudizio di condanna, ma una manifestazione di pietà e di compassione per la nostra condizione. A volte, alle invocazioni di aiuto Gesù fa seguire un lungo silenzio per far emergere la voce di Dio nelle coscienze e consentire di guardare al futuro con speranza, perché la misericordia, malgrado la condizione di debolezza perché peccatori, è celebrazione dell’amore che permette di guardare oltre e vivere il perdono come segno visibile dell’amore del Padre, imperativo che si riscontra in tante pagine del Vangelo. Perciò nessuno può porre condizioni alla misericordia, sempre un atto di gratuità del Padre, amore immeritato che genera la gioia del perdono per le meraviglie di Dio. Egli spezza il cerchio di egoismo venendoci incontro, dolce medicina in una cultura dominata dalla tecnica, che moltiplica forme di tristezza e solitudine che generano incertezza e, quindi, sentimenti di malinconia e di noia, fino alla disperazione. Ben venga, quindi, il tempo di avvento che ci fa guardare avanti per sperimentare con fedeltà, gioia ed entusiasmo la ricchezza della misericordia divina, via maestra per un vero annuncio di consolazione e di conversione. La lettura della Bibbia, che narra le meraviglie della misericordia divina consente di sperimentare di nuovo la sua vicinanza e superare ogni tentazione di rancore, rabbia, vendetta. È un fecondo percorso penitenziale, un aiuto nel paziente pellegrinaggio di conversione grazie ad un lungimirante discernimento nella consapevolezza che non c’è legge o precetto che possa impedire a Dio di riabbracciarci. Fermarsi solo al precetto equivale a vanificare la fede ed ostacolare la misericordia divina. È vero, la Legge ha valore propedeutico (Gal 3,24), ma la sua finalità ultima rimane la carità (1 Tm 1,5) anche nei casi più complessi, quando si è tentati di far prevalere la giustizia ed invece occorre continuare a credere nella forza dalla grazia certi che il Signore ci ama, manifesta vicinanza, è prodigo di affetto e generoso nel sostegno. Far crescere la cultura della misericordia consente di riscoprire la fecondità dell’incontro con gli altri; con la semplicità di gesti che sostengono tutto l’uomo, corpo e spirito. Si determina così una radicale e vincente rivoluzione culturale. Un tempo esclusi dalla misericordia, ora l’abbiamo ottenuta (1 Pt 2,10), perciò non possiamo trattenerla solo per noi, ma farne partecipi i deboli e gli indifesi, i lontani e chi è solo. Con sguardo rispettoso e attento, vinta l’indifferenza, siamo impegnati a scoprire ciò che è veramente essenziale nella vita, convinti che, fino a quando il bisognoso giace alla nostra porta (Lc 16,19-21), non potrà esserci uguaglianza e pace sociale, né si potrà godere il Sole di Giustizia del Natale che si approssima.
Trending
- Scuola, 267 milioni per tutor e orientatori
- Vallo della Lucania, Teatro “Leo de Berardinis”: “Il calamaro gigante” con una straordinaria Angela Finocchiaro
- “Fiumi, Briganti e Montagne”: Il Salernitano tra storie e storia, coraggio, mistero e resilienza
- Orientamento scolastico, Valditara scrive ai genitori
- Un Re venuto a servire
- Il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati chiede al MIM di garantire i diritti dei docenti precari: presentata diffida formale
- OMEOPATIA E DOLORE AI DENTINI DEI LATTANTI
- Scuola: emendamenti ANIEF alla Manovra Finanziaria 2025