Questo legato alla proprietà dei sovrappassi non rappresenta affatto il solito italico cavillo burocratico-procedurale: a spiegarlo è il presidente nazionale di FederCepi Costruzioni, Antonio Lombardi, il cui appello ha subito sortito risultati concreti.
Presidente, cosa è accaduto, ricostruiamo la vicenda.
«Abbiamo denunciato alle autorità preposte che per 307 ponti, in Campania, l’Anas non riusciva ad accertare la proprietà. Con la conseguenza – ed è la cosa che ci ha allarmato di più – che in assenza di diritti certi, nessuno provvedeva ad effettuare manutenzione e verifiche tecniche periodiche sulla staticità dell’infrastruttura. Verifiche che, giova ricordarlo, sono obbligatorie per legge. I dubbi, al momento della nostra denuncia, riguardavano ben 307 viadotti della Campania ».
Cosa è accaduto poi?
«Che il dato, frutto di un complesso studio compiuto dall’Anas e commissionato dal nuovo amministratore delegato, Gianni Armani, è andato avanti, anche grazie ad un tavolo tecnico attivato al ministero. Appena ventiquattr’ore dopo la nostra denuncia, l’Anas ha chiarito di essere riuscita in qualche modo a risalire alla titolarità di buona parte dei ponti e dei viadotti».
Allarme rientrato quindi?
«Per niente, purtroppo. Certo la situazione di allarme si è drasticamente ridimensionata grazie al lavoro, davvero encomiabile, dell’Anas: oggi parliamo non più di 307 ponti e viadotti dalla proprietà non accertata, ma di 79 strutture in Campania. Che sono comunque tante, molte delle quali insistenti in aree strategiche e ad elevato flusso veicolare, anche pesante»
Un quadro che si chiarisce di giorno in giorno, quindi.
«Esattamente»
Quali le maggiori responsabilità?
«Difficile ancora individuarle con certezza, anche se è la stessa analisi dell’Anas a darci delle prime importanti indicazioni con l’esame del contesto e quindi, ad esempio, della proprietà delle strade sovrastanti e sottostanti i ponti dalla titolarità incerta».
Cosa si evince da queste indicazioni?
«Che delle 79 strutture ancora dubbie, ben 70 ricadono in tratti di competenza Comuni (45) e Province (25). Istituzioni che scontano, per le più disparate ragioni, gravissimi gap in termini di programmazione degli interventi manutentivi sul patrimonio infrastrutturale».
Il crollo del ponte Morandi, a Genova, non ha insegnato nulla?
«Sembrerebbe di no, purtroppo. Per queste strutture dalla proprietà ancora dubbia non risulta, ad oggi, un’attività costante di manutenzione e monitoraggio. Eppure, parliamo anche di strutture costruite mezzo secolo fa. In molti casi, se non in tutti, mancano anche i controlli, obbligatori per legge, sulla verifica tecnica della staticità».
Diceva che sono in Campania. Possiamo indicarne qualcuna?
«Certamente: parliamo di ben quattro ponti sulla Statale 268, tra Nola, Ottaviano e Somma Vesuviana. Ma anche di un ponte sulla Statale 18, in un tratto di competenza, dal punto di vista della viabilità, del Comune di Salerno».
E nel Cilento? Qual è la situazione?
«Tutte le nove strutture dalla proprietà incerta individuate in provincia di Salerno, si trovano tra Salerno, Capaccio, Caselle in Pittari, Contursi Termine e Sanza. Quindi tutte nella parte Sud del territorio provinciale»
Sappiamo di quali ponti si tratta?
«Sono concentrati su varie arterie comunali, sulla Statale 18, e ben cinque sulla variante alla Strada Statale 17, appunto tra Caselle in Pittari e Sanza».
Cosa chiede FederCepi Costruzioni a Ministro e Prefetti?
«Di attivare interventi urgenti per verificare lo stato di manutenzione e sicurezza di questi ponti, impiegando la Protezione Civile, coinvolgendo le Università e, se è il caso, il Genio militare, in attesa di definire la titolarità e chiarire le responsabilità. Parliamo di strutture ad elevata percorrenza, nella quasi totalità dei casi anche con un intenso flusso di traffico di mezzi pesanti, con quarant’anni di età o addirittura, in qualche caso, con oltre mezzo secolo di vita. In mancanza di riferimenti certi sulla proprietà, gli enti si rimpallano responsabilità e competenze, mentre gli automobilisti, percorrendo questi ponti, sono costretti a confidare nella buona sorte, trattandosi di strutture praticamente abbandonate a sé stesse, in molti casi anche da decenni».
Cosa dovrebbero fare, secondo FederCepi Costruzioni, Ministro e Prefetti?
«Intervenire immediatamente per scongiurare rischi e pericoli. Prima che si verifichi un’altra tragedia! Non possiamo attendere le lungaggini della burocrazia legate all’accertamento della proprietà, nonostante il proficuo, incessante impegno dell’Anas: Ministro e Prefetti attivino Università, Protezione Civile e Genio militare per una verifica delle condizioni di sicurezza e staticità. L’identificazione della proprietà ed il conseguente giusto richiamo alle giuste responsabilità, potrà avvenire poi, in un secondo momento. Ora, assolutamente prioritaria, è la sicurezza».
Parliamo peraltro di territori in qualche modo “a rischio”
«Parliamo di territori ad elevato rischio sismico ed idrogeologico. Ai pericoli legati alla scarsa manutenzione, si assommano quindi anche questi pericoli, non secondari. L’ottima condizione statica è quindi fondamentale ed imprescindibile non solo per garantire sicurezza durante la percorrenza quotidiana di queste arterie, ma anche per assicurare vie di fuga e transito dei mezzi di soccorso in caso di emergenza».
Cosa stanno facendo politica ed istituzioni per le infrastrutture del nostro Paese e del Sud in particolare?
«Poco, davvero poco. Sembra che l’attenzione sia tutta concentrata su altri obiettivi, come quota 100 o il reddito di cittadinanza. Eppure, il rilancio infrastrutturale del nostro territorio, e del Sud in modo particolare, è assolutamente fondamentale per rilanciare economia ed occupazione. Quale lavoro potranno mai trovare, e quali proposte di lavoro potranno mai venire ai percettori di reddito di cittadinanza, in mancanza di un serio, organico ed efficace programma di rilancio dell’economia?»
L’edilizia è il settore che sconta di più questo problema
«L’edilizia è da sempre il nerbo vitale dell’economia del paese. Voglio ricordare che in tutte le situazioni emergenziali, dal dopoguerra al post-terremoto, la ricostruzione è stata sempre affiancata da un programma di riqualificazione e rilancio delle infrastrutture. Siamo in ritardo, in fortissimo ritardo, rispetto al resto del Paese e dell’Europa, sia per le infrastrutture materiali che per quelle immateriali, ed occorre colmare con assoluta urgenza questo gap»
Da dove partire?
«Proprio dalla sicurezza, sia dal punto di vista sismico che idrogeologico. La vetustà del patrimonio immobiliare impone oggi una messa in sicurezza di strutture pubbliche, scuole ed ospedali innanzitutto. Si parta da questo. Ma occorre anche rivedere il sistema della viabilità, efficientando e mettendo in sicurezza le arterie esistentie realizzando nuove arterie di collegamento. Si parla tanto di TAV: ma voglio ricordare che raggiungere il Cilento da Salerno, oggi, impone in molti casi tre ore di viaggio in auto e pressoché totale assenza di mezzi pubblici alternativi. Un turista impiega meno tempo ad arrivare da Milano a Salerno che a raggiungere zone rivierasche del sud della provincia dal comune capoluogo o dal capoluogo di regione. Un controsenso, un’assurdità per un territorio che vuol puntare al turismo quale asset fondamentale per il rilancio dell’economia».
Sull’aeroporto di Pontecagnano qual è il pensiero di FederCepi Costruzioni?
«Che può essere fondamentale e strategico: ma l’allungamento della pista, per quanto ovviamente imprescindibile, non è l’unico problema. Occorre una strategia che metta lo scalo aeroportuale al centro e lo renda funzionale e strategico per tutto il territorio, a partire proprio dall’entroterra, dal Cilento ma anche dalle regioni limitrofe. Torniamo quindi al nodo delle infrastrutture. Troppe e ancora troppo brucianti le esperienze di cattedrali nel deserto. Si migliori e si potenzi la viabilità verso lo scalo o davvero questo nuovo aeroporto, per la Campania, non avrà gli effetti impattanti sull’economia che tutti sperano. Anche con la nuova pista più lunga».