È da qualche giorno che seguo l’evolversi di una situazione (intrisa di impressioni e commenti) riguardo l’idea di realizzare un altro (ennesimo circo equestre) cosiddetto “Ponte Tibetano” nei territori interni del Cilento. Si parla tanto di “attrattori”, si discute tanto di “accoglienza”, si proclama tanto di “promozione” e ci si ostina ancora a battere sulla filosofia della cosiddetta “sostenibilità”. Ma queste amministrazioni che vedono nell’installare una “struttura” che con quel territorio non ha alcun legame, non presenta alcun volano da cui trarre origine perchè, dico io… perché si pensa di valorizzare il territorio in questa maniera e non pescare – direttamente – dalle risorse (iniziative di singoli professionisti, di associazioni e gruppi) che già da anni, in quei territori, funzionano bene e che grazie al loro impegno, aprono porte di conoscenza, frequentazione e valorizzazione per un territorio che, altrimenti, resterebbe nel dimenticatoio della fruizione?. Diversi tour operator, associazioni (più o meno federate) come Poseidonia, Genius Loci, GolfoTrek, Cooperativa ArcheoArte, Monte Nostrum, Outdoor Cilento, AltaQuota Trek, I Love Vallo, Hard Trek ed altre… e ancora, singoli professionisti, come Lucia Cariello, Marianna Iannone, Vienna Cammarota, Salvatore Calicchio, Nando Ramondo, Piero D’Orsi, Francesco D’Alessandro, Tony Isabella che da tempo cercano in tutti i modi possibili di rendere le bellezze e le risorse del Cilento patrimonio comune di tutti gli escursionisti e gli appassionati amanti del perdersi per orizzonti e scarpinare lungo tracce e sentieri che solo in un territorio come il Cilento vanno a svilupparsi tra la costa, le valli e le cime…
A me (personalmente) non occorre un ponte cosiddetto tibetano in acciaio e cemento prepotentemente inserito in scorci paesaggistici dal fascino unico e, spesso, introvabile. Ma si sono mai calcolati, o presi in considerazione tutti i “prevedibili” danni che la realizzazione di un impianto come questo luna-park della montagna può recare al territorio?
Personalmente se voglio “vivere” luoghi e paesi e far sì che quella mia “presenza” in quel territorio possa divenire volano di conoscenza, amicizia, frequentazione e – perché no – incentivare anche la modesta economia locale (magari acquistando prodotti in loco), io scelgo luoghi ove possa venire accolto come se fossi a casa mia, sentire il profumo dell’erba calpestata, del terreno appena smosso dall’aratro, del letame messo a posa di concime ai piedi degli ulivi, del sapore del latte appena munto, dell’uva appena colta, del caglio appena trasformato in burro, della sansa all’interno del frantoio, dei fichi essiccati nelle “spaselle” in vimini al sole, delle “paranze” e delle “lampare” al largo di baie e insenature, della manualità di maestri artigiani, del “rito” del maiale, dei percorsi penitenziali di congreghe e compagnie, dei pellegrinaggi a piedi scalzi, del timore “reverenziale” e del rispetto che da sempre l’uomo mostra per questo Cilento così intriso di fascino, mistero… bellezza!
Ecco, questo io desidero, quando voglio vivere di emozioni e stati d’animo fuori dal tempo in territori e popoli da sempre capaci di accogliere e non di “distogliere” con artifizi che con quei territori, con quelle culture, con quelle tradizioni… non hanno proprio nulla in comune!