Pontevedra, in Galizia, adagiata sulle rive di uno dei principali fiordi atlantici, nell’estremo Nord-Ovest della Spagna, dal 2001 ha messo in atto una politica della mobilità tanto semplice quanto rivoluzionaria. Via le auto che la attraversavano, via tutti i parcheggi di superficie e i semafori. Zona senza auto estesa al centro storico e ai quartieri esterni e limite di velocità di 30 km/h per le (poche) strade dove il traffico è ancora consentito. Per la qualità della vita e per le scelte urbanistiche la città ha ricevuto, negli ultimi anni, riconoscimenti prestigiosi a Bruxelles, New York, Dubai. “For me, this is paradise”, titolava The Guardian poche settimane fa: la frase è attribuita al sindaco Miguel Lores (Bloque nacionalista galego) che diede il “la” alla pedonalizzazione della città, nel 1999, quando fu eletto per la prima volta. L’esempio di Pontevedra è una piccola premessa per ricordare ancora una volta che anche un sogno utopistico come questo può diventare realtà. Sognare di cambiare il mondo potrà sembrare romantico e paradossalmente senza senso ma da questi buoni esempi può venir fuori anche nel piccolo qualcosa di buono. Il problema di Agropoli, e pian piano arriviamo al punto, è senza dubbio la congestione automobilistica soprattutto nel fine settimana e durante il periodo estivo. È vero, Agropoli ha una zona pedonale molto ampia e inoltre è stata una delle prime cittadine a credere in uno spazio senza auto. Era infatti il 2001 e l’allora sindaco Paolo Serra fu, come detto, tra i più lungimiranti. Il bene però può, anche in questo caso, paradossalmente portare dei svantaggi. Lo è stato infatti per l’economia e il commercio, crollati proprio a seguito della zona pedonale. Anche se questo caso può essere la prova che a cambiare dovrebbero essere le abitudini dei cittadini e non le intenzioni degli amministratori. L’agropolese, pigro da sempre, vuole parcheggiare a massimo venti metri dalla meta e la conferma arriva davanti alle scuole agli orari di apertura e uscita. Ma le abitudini, cattive, sono comunque in sostanza ancora un problema secondario e può sviarci dal nostro tema principale. Ovvero una città schiava delle automobili. Gli esempi forti, che mettono di fronte alla realtà, sono due fiori all’occhiello della perla del Cilento. Ovvero il lungomare San Marco e il porto turistico. Il primo da sempre non è valorizzato e con esso anche le attività commerciali a taglio di strada. La passeggiata con vista mare è da sempre segnata dal passaggio, spesso molto invadente, delle automobili. Chiaro che chiudere tutto l’anno il lungomare sarebbe utopia e anche follia, ma pensare alle domeniche senza auto sarebbe non solo fattibile ma anche attuabili. Ovviamente il tutto dovrebbe essere corollato da un lavoro efficiente della polizia stradale e da un piano urbanistico alternativo serio e programmato. La certezza però è che qualcosa va fatta anche perché se la gente (turisti) resta esclusivamente in macchina, il tanto famoso passeggio automobilistico, non gira neanche l’economica. Non ne giovano le attività commerciali, al massimo i benzinai. E attenzione non è solo un modo di dire oppure una semplice previsione basata sul nulla anche perché come prima possiamo citare l’esempio spagnolo di Pontevedra dove la salute ne ha giovato doppiamente: l’aria di Pontevedra è molto più sana, dato che le emissioni di anidride carbonica sono calate del 66% circa, una quantità equivalente a 500 chili annui per cittadino. Questa cifra assume un significato importante ora che sappiamo che nell’Unione Europea si stimano complessivamente 460mila decessi prematuri causati dall’inquinamento atmosferico, di cui circa 33mila in Spagna. Gli abitanti della città non godono solo di una migliore qualità dell’aria, ma sono anche molto più attivi fisicamente con il 70% degli spostamenti a piedi e il 6% in bicicletta, andando incontro alle linee guida dell’Oms che raccomandano un’attività fisica moderata di almeno 150 minuti alla settimana per gli adulti. E inoltre non si sono registrati morti per incidenti in auto dal 2009, nel solo 2017 a Treviso, città con gli stessi abitanti di Pontevedra, sono morte 52 persone. Inoltre, la riqualificazione del centro – dove sono state trasferite più scuole e i reparti ospedalieri di pediatria e maternità – lo ha rivitalizzato, facendo crollare il tasso di criminalità, che nel 2010 ha raggiunto il minimo degli ultimi 10 anni con 34 reati ogni mille cittadini, scesi a 27 nel 2017. Insomma, si trovano solo benefici, attuabili magari anche così non drasticamente. Perché non possiamo immaginare le domeniche senza auto anche per Agropoli città dove inoltre i parcheggi si trovano anche vicino al centro. Proprio un parcheggio è ormai diventato il porto turistico dove le macchine superano di gran lunga le persone a tutte le ore chiaramente il tutto amplificato nei fine settimana. Chi amministra questa città deve pensare un attimo a guardare oltre i sei mesi. Perché il tempo dell’orticello da curare per scopi personali deve finire altrimenti si raggiunge il punto di non ritorno che significherebbe spopolamento, crisi economica e addio a brand di città turistica. Bisogna pensare e agire. Guardare al futuro. Pochi giorni fa proprio il Consigliere Caccamo, forse anche un po’ per caso, ha pensato a una scuola per turismo ad Agropoli. Forse sognare una scuola di formazione è fin troppo ma si dovrebbe realizzare un ufficio preposto che mangia, beve e dorme turismo tutto l’anno. Una squadra di professionisti in grado di garantire un volto a questa città. Ma da Alfieri in poi non c’è neanche mai stato un assessore al turismo, l’ultimo fu con Domini. Insomma, la gente è stanca, le idee ci sarebbero anche ma la prima cosa da fare dovrebbe essere bandire l’insufficienza dagli scanni dell’amministrazione comunale e questo forse il problema più grande perché tra conoscenze e cattive abitudini sono sempre gli stessi a non far nulla o poco più del nulla dalle stanze di palazzo di città.
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