di Massimiliano De Paola Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è stata sempre una terra a forte vocazione agricola. Pochi se ne sono accorti in questi anni, ma l’agricoltura è una delle poche vere eccellenze che ci sono rimaste. Torneremo tutti agricoltori? Negli anni ’50 eravamo una terra di agricoltori. Non c’era l’urbanizzazione che c’è adesso e l’agricoltura era ancora di tipo arcaico ed a carattere familiare dalle nostre parti. Non è che sia cambiato tantissimo per la verità, perché, a parte pochi ed isolati casi di eccellenza, oggi, molte aziende del comparto agroalimentare hanno ancora dimensioni molto ridotte, in quanto in molti casi ancora rimane forte la volontà di non distaccarsi troppo dalla dimensione familiare. Pochi sono i casi di vere innovazioni di prodotto e di processo e ciò comporta anche una scarsa attenzione all’internazionalizzazione. L’e-commerce per molti è ancora una parolaccia. Negli ultimi tempi si sta parlando tanto di “decrescita felice”, un concetto dalle mille sfumature che può dare adito a tante interpretazioni. Quello che è certo è che in questi ultimi anni, mentre il PIL italiano cadeva, il valore aggiunto dell’agricoltura italiana è cresciuto, compreso l’export, il quale è decaduto in altri settori. Questa crescita agricola ha avuto effetti benefici anche sull’occupazione, ma non è riuscita ad influire più di tanto su quella generale del Bel Paese, determinata da un forte calo in tutti gli altri settori. Pochi se ne sono accorti in questi anni, ma l’agricoltura è una delle poche vere eccellenze che sono rimaste a questo paese. Come ben racconta l’ultimo rapporto dedicato all’agricoltura, sono ben 77 i prodotti in cui la quota di mercato mondiale dell’Italia è tra le prime tre al mondo, 23 – pasta, pomodori, aceto, olio, fagioli, tra questi – in cui è la prima. La nostra capacità di primeggiare è figlia, soprattutto, della grande qualità delle nostre produzioni. Non è un caso, peraltro, che non ci sia agricoltura in Europa – e poche al mondo – che abbiano una capacità di generare valore aggiunto quanto quella italiana. Da noi un ettaro di terra produce 1989 euro di valore aggiunto: ottocento euro in più della Francia, il doppio di Spagna e Francia, il triplo dell’Inghilterra. Altro dato piuttosto sorprendente è il primato che abbiamo nell’economia delle produzioni biologiche. Nessun paese Europeo ha tanti produttori quanti ne ha l’Italia, che ne può contare ben 43.852, il 17% di tutti i produttori europei. Se allarghiamo lo sguardo oltre i confini continentali, siamo anche sesti al mondo per ampiezza delle superfici a biologico, che crescono a un ritmo di 70mila ettari l’anno. Il risultato di quest’eccellenza è il frutto dell’innesto di menti giovani e di pensieri innovativi dentro mestieri antichi. Oggi, un’azienda agricola su tre è guidata da persone che hanno meno di trentacinque anni. Non ci sono solo loro e non c’è solo l’anagrafe, tuttavia. L’intreccio con nuovi saperi e nuove tecnologie sta davvero cambiando i connotati all’agricoltura. Un tempo agricoltura era sinonimo di coltivazioni con finalità alimentari, oggi non è più così. Oggi l’agricoltura è una piattaforma su cui si innestano molteplici tipi di industrie, dalla alimentare alla chimica, dall’energia al tessile. Con gli scarti della produzione agraria ad esempio è possibile produrre prodotti biologici in altri settori. E’ una sorta di bioeconomy che comprende tutte le produzioni sostenibili di risorse biologiche rinnovabili e la loro conversione, come ad esempio quella dei flussi di rifiuti in cibo, mangimi, o prodotti bio-based, come le bioplastiche, i biocarburanti e la bioenergia. Un macro-settore, questo, che seppur neonato in Italia vale già 241 miliardi di euro ed occupa 1,6 milioni di persone. Forse il ritorno all’agricoltura potrebbe essere non solo la nostra salvezza in tema economico, ma anche quella dell’intero pianeta in tema ambientale. Forse potrebbe risolvere tanti problemi occupazionali anche nel nostro Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Forse potrebbe essere la soluzione a tutti i nostri problemi. Torneremo tutti agricoltori, e potrebbe essere la nostra salvezza! Forse ha ragione Nietzsche, forse la storia è davvero un eterno ritorno dell’eguale.
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