Nella tornata elettorale di questa primavera si terranno le elezioni amministrative a Capaccio Paestum. Si registrano già 6 (dico sei) candidati sindaci e pare che li numero sia destinato a crescere. Stupisce che non ci sia una candidata donna. Gennaro De Caro si è ritirato ed ha lasciato un messaggio che la forza di uno slogan di grande spessore etico “La Capaccio Paestum dei mercanti deve sparire per fare posto a quella delle idee”. Si vota anche ad Agropoli e la coincidenza impone delle riflessioni che io mi riprometto di fare a cominciare da oggi e nelle prossime settimane in vista della data del voto.
Ne divide i territtori il Solofrone che nasce alle radici del monte Vesole, attraversa i coltivi di Trentinara, brilla d’argento nel salto ardito della cascata nella gola di Tremonti, solca zigzagante la pianura di Giungano per miscelarsi, infine, nelle acque magnogreche del mare dei Miti e della Grande Storia. A nord Paestum con il patrimonio dell’umanità dell’archeologia: città dissepolta nel recinto delle mura ciclopiche, templi dorici, necropoli, museo, ecc. A sud Agropoli, luminosa sul promontorio che minaccia voli dall’abisso di una rupe con le falesie ocra arabescate da barricate di fichi d’india fino a pelo d’acqua del porto in festa di vele bianche e catamarani. I due centri sono accomunati dalla storia e potrebbero esserlo ancora di più dalle prospettive di sviluppo, se solo ipotizzassero una progettualità d’insieme a costruzione di futuro.
I Greci scelsero la pianura ricca di corsi d’acqua, che ne garantiva fertilità e buona agricoltura. La cinta dei monti circostanti, lussureggianti di vegetazione assicuravano spazi ampi e clima ideale per la pastorizia. Non ebbero dubbi e vi fondarono Poseidonia, in onore del dio del mare, destinata a diventare presto punto di approdo e snodo di scambi commerciali e di ibridazione di civiltà e di culture lungo le rotte da e per il Mediterraneo. Agropoli nacque in contemporanea o subito dopo, ma certamente ebbe a che fare, anch’essa con la presenza dei greci nel territorio, come testimonia il toponimo, qualunque ne sia l’etimo ( acropoli = “città alta” o Agropoli = “città dei campi”) e convalidano i reperti archeologici di San Marco e di Tresino.
Nel corso dei secoli, pur tra alterne vicende, hanno conservato rapporti di collaborazione per contiguità geotopografica, per comunanza di storia e per cointeressenza di attività economiche.
Potrebbero e, secondo me, dovrebbero costituire, attraverso un protocollo d’intesa, un unico Polo di Sviluppo e, in prospettiva, “una sola città“. Insieme contano 50.000 abitanti o giù di lì e con i rispettivi circondari, da Altavilla Silentina a Torchiara ed oltre, sfiorano i 100.000.
Si integrano per funzioni e servizi: Agropoli dispone di una stazione ferroviaria, degna di questo nome, di una discreta portualità, di una rete di servizi essenziali (sanità, uffici pubblici, istituti scolastici,ecc.), di cui difetta Capaccio Paestum, che, però, a sua volta, vanta una straordinaria area archeologica e conseguenti musei, strutture ottime, alcune di eccellenza, dell’accoglienza e della ristorazione, un’agricoltura/zootecnia di pregio con discreta industria di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, che Agropoli non ha. Se facessero sistema in tutti i campi sarebbero un “polo di eccellenza” in grado di competere e di imporsi con protagonismo sui mercati nazionali ed internazionali.
Ne ho scritto più volte nel corso degli anni su questo come su altri giornali e in qualche pubblicazione di un discreto successo editoriale. Me ne occuperò ancora, nella speranza di aprire un dibattito fra politici ed imprenditori, coinvolgendo, anche, tutta la più vasta società civile.
Secondo me i tempi sono maturi per far nascere una città nuova, ma dal nome antico e prestigioso: POSEIDONIA. Certo ci vuole una classe dirigente che voli alto e che progetti alla grande; politici di spessore ed imprenditori disposti al rischio. Ma, al momento, non ne vedo, perché tutti, o quasi, sono rinserrati nel municipalismo asfittico ed improduttivo, senza l’ebbrezza dei voli e dell’avventura della “curiositas” della scoperta feconda, che fu di Ulisse, che da queste parti passò, senza lasciare tracce di eredità, a quanto pare. Forse predico “in partibus infidelium” e sono “vox clamans in deserto“. Ma “predico” e “clamo” lo stesso non fosse altro che per stare in pace con la mia coscienza e per testimoniare a futura memoria. L’esito del referendum del 4 dicembre scorso ha nullificato di fatto l’abolizione delle province che hanno avuto un prolungamento di vita comatosa. Urge, pertanto, la creazione di un organismo/istituzione sovra comunale che faccia da riferimento/intemediazione tra la Regione ed i Comuni, si chiami Unione dei Comuni o più semplicemente “città”. Di sicuro Capaccio Paestum ed Agropoli hanno insieme le caratteristiche per assolvere a questo ruolo, per contiguità geografica, per comunanza di storia, per cointeressenza di economia. Lancio l’idea provocazione a tutti i candidati sindaci dell’una e dell’altra comunità, nella speranza che la facciano propria e la inseriscano nel loro programma elettorale perché l’attuale ritardo storico, economico, civile e, soprattutto, culturale del Cilento deriva, secondo me, proprio dalla mancanza di una città, che possa svolgerne funzioni e ruolo: sevizi sanitari degni di questo nome, uffici pubblici efficienti e centralizzati, impianti sportivi di dimensioni capaci di ospitare eventi di livello nazionale ed internazionali, scuole di ogni ordine grado con qualche sezione dependance universitaria, magari del Turismo e dei Beni Culturali in sinergia con la storia e l’economia del territorio con conseguenti biblioteche attrezzate da Università, appunto. Pertanto all’efficace messaggio slogan dell’amico Gennaro De Caro, che ho molto apprezzato ne aggiungerei almeno altri tre: 1) privilegiare COSA VOTARE più che CHI VOTARE; e ancora 2) MONETIZZARE LA CULTURA. 3) Coinvolgere tutto il TERRITORIO DELLA KORA PESTANA in una PROGETTUALITÀ DI FUTURO. E, a tal proposito, faccio notare che la nostra Costituzione consente a qualsiasi cittadino, dalle Alpi alla Sicilia, l’esercizio dell’elettorato attivo e passivo, in base al quale anche un cittadino di Bolzano o di Lipari può candidarsi a Capaccio Paestum. Non dovrebbe destare stupore, quindi, o, peggio ancora, suscitare reazioni irridenti o sottilmente polemiche se lo fa un cittadino nato in uno qualsiasi dei paesi della Kora, Giungano, tanto per fare un esempio calzante. Mai come in questa occasione serve spirito di tolleranza e di grande apertura mentale. Il tema “RUOLO E FUNZIONE DELLA KORA” merita un’analisi a parte e la farò a breve, prima che la passione della campagna elettorale degeneri in polemica al di fuori e al di sopra delle righe. CAPACCIO PAESTUM È UNA CITTÀ MONDO. Ed il mondo ci osserva, ci guarda e ci giudica.