Così, trattenuto nelle “cave spelonche” dell’isola di Ogigia della diva Calipso, additando alla sua patria lontana, cantava Ulisse e così a noi, che leggiamo, sembra, questo nuovo libro di Gina e Bartolo, cantare di nostalgia! Le testimonianze, i ricordi , i racconti raccolti fra i tanti nostri connazionali, molti cilentani che già nella seconda metà dell’ottocento, lasciarono i loro piccoli paesi per cercare una migliore fortuna emigrando in queste estreme “terre argentine” che mutuando una preziosa espressione di papa Francesco, si trovavano alla “fine del mondo”,trasudano infatti di commozione e confermano un amore per la patria lontana mai abbandonato e riposto!
Uomini e donne, novelli Ulisse, molti del nostro Cilento che partendo da Rofrano, di Piaggine, di Fonte di Roccadaspide, di Carretiello, di Montano Antilia, di Vallo dell’Angelo e da tanti altri paesi, non mai hanno dimenticato la loro terra natale e nel sogno impossibile (per molti realizzato in parte nella solenne ricorrenza del santo Patrono!) di tornare, compiaciuti si spandono nella narrazione della loro vittoria, felici di ricordare e Bartolo e Gina di raccogliere, quel“piccolo mondo antico“che troppo presto loro dovettero lasciare e che forse noi troppo presto per andare ad abitare un mondo globale senza più né patrie né dei, abbiamo abbandonato! Un mondo lontano fatto di ricordi, di affetti, di rimpianti, di vite vissute e lasciate che amorevolmente raccolte nel nuovo appassionante libro di Gina e Bartolo, vogliono essere, anche per le poesie che talvolta vi fioriscono improvvise, occasioni per spunti di pensiero, per considerazioni e riflessioni sul nostro mondo attuale: come ben dichiara quel primo imperioso monito“siamo chi siete” che muove le prime pagine del libro!
Ma come era cominciato tutto questo ? E dopo il viaggio dell’anno scorso “nell’altro mondo” inAustralia, come nasce questo nuovo viaggio di Gina e Bartolo nelle estreme terre argentine della “fine del mondo?”
Sembra e ne siamo sicuri, che come“galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse”. accadde tanto tempo fa ai due famosi amanti del “divin poeta” così anche Gina e Bartolo. Scrive infatti Bartolo che : “Se nel mese di ottobre del 2017 propongo a Gina, mia moglie, di effettuare questo viaggio in Argentina, è perché la lettura dell'”Immigrante sconosciuto”, un libro scritto da Biagio Pingaro (poi diventato Blas) nel quale racconta al sua storia di vita vissuta tra Fonte di Roccadaspide, il Brasile e l’Argentina, mi ha veramente toccato nel profondo.I luoghi descritti da Biagio quando bambino vive tra Seude,Fonte e Rovitelle, frazioni di Roccadaspide, prima che la strada cominci a salire verso Serra per poi inoltrarsi nella Valle del Calore attraversando il capoluogo, sono da tempo diventati i miei posti. I discendenti della gente dei suoi primi 20 anni, sono diventati familiari alla mia vista. I suoi nipoti o pronipoti sono diventati miei amici e, alcuni dei loro figli, miei alunni nella scuola di Tempa San Paolo a Vuccolo Maiorano nel comune di Capaccio”. Un libro quindi autobiografico di un onesto cittadino di Fonte di Roccadaspide in cui, continua Bartolo,colpisce la fermezza e la determinazione di un uomo che dopo aver superato le tante difficoltà della sua prima difficile condizione di emigranteed avere raggiunta con la maturità l’agiatezza economica, non dimentica quel sogno segreto di scrivere di quando per servire la famiglia ancora bambino “custode di maiali” fu forzatamente costretto ad abbandonare e si rimette con lena a studiare e studiando riprende i contati con le sue due vecchie maestre di Napoli e prende alacremente a scrivere la sua vita di quell’“Immigrante Sconosciuto”(questo il titolo del libro “galeotto” ) che costretto fin dalla prima infanzia a vivere“ tra partenze di fratelli e il ritorno del padre già migrante nella terra dei fiumi e laghi argentati, l’Argentina” non vuole, ora che la sua vita sta per finire, che l’abisso della morte inghiotta tutto lasciando che “ l’oblio” seppellisca ogni cosa e lo fa con tanto trasporto e passione da far esclamare Bartolo che forse vale la pena di “spendere” un nuovo viaggio per andare in quelle terre estreme della “fine del mondo” dove si è consumata la vita di Blas e dove forse incontrando altre persone ed altre storie potrà meglio capire il nostro attuale mondo e forse, chissà, trovare qualche …risposta!
E così con questo proposito cresce l’attesa e la “smania” di partire e di andare “alla ricerca di storie che possano dare il senso compiuto di cosa ha comportato per intere generazioni il fatto di sradicarsi dalla terra dei padri e innestarsi in un altro mondo, oltre l’Oceano Atlantico”. E quali “viandanti” di altri tempi partono “Io in cammino con te” come amano definirsi, Gina e Bartolo alla scoperta delle “terre argentine”.E come una volta i grandi viaggiatori del “grand tour” anch’essi alla maniera antica si consegneranno oltre che all’arricchimento personale anche a segnare nel loro libro uomini, storie, riflessioni che allora come ora e fu l’Illuminismo , votati alla costruzione di un mondo migliore che per “la paura di perdere il proprio costringe/ a richiudere ogni apertura al mondo degli altri” stenta nascere, si faranno lievito solenne di nuovo umanesimo!
E così riposta con la carta nella bisaccia penna e calamaio, vanno Gina e Bartolo e da veri giornalisti, come è loro costume consolidato, scriveranno narrando di uomini e donne che discendenti di quei primi immigrati di terza, quarta, quinta generazione addirittura, come l’incontro con Ignazio Imaines Scandizzo di professione programmatore gestionale, discendente di un Michele che da Rofrano approdò in Argentina nel lontano anno 1870, hanno ancora l’Italia nel cuore ed è … tanto ed ancora più grande l’orgoglio italiano che molti non mancheranno di ricordare a Gina e Bartolo che in Argentina ci fu un tempo in cui, nella scelta della lingua ufficiale della nazione, la lingua tenne alta la sua bandiera sfidando per giorni la discussione a quella spagnola!
Tanta infatti è la presenza e alta della discendenza italiana (ricordiamo che dei 43 milioni di abitanti argentini quasi 23 milioni vantano una discendenza italiana!) che alcuni di essi, come la santa vita del cardinale Antonio Guarracino di Pollica che emigrato in Argentina fu ordinato sacerdote nell’anno 1945 e poi da papa Giovanni XXIII nominato vescovo fino all’elevazioneda parte di papa Giovanni Paolo II al soglio arcivescovile di Buenos Aires quando diventato poi Primate di Argentina, sarà proprio lui a segnalare al papa l’opera infaticabile di un anonimo sacerdote che “evangelicamente”trascorrendo tra le povere e disagiate periferie di Buenos Aires la sua umile missione pastorale diventerà poi un giorno papa Francesco!
O ancora il vanto istituzionale dell’architetto Alicia Mastrandrea che discendente di una antica famiglia di Valle dell’Angelo è oggi senatore nazionale e deputata provinciale la UCR ( Unione Radicale Civica) e prima donna eletta alla guida dell’assemblea legislativa dello stato del Chaco, con grande successo e responsabilità. Il suo bisnonno Antonio, da ricerche, conferma il sindaco di Vallo dell’Angelo Salvatore Iannuzzi emigrò in Argentina appena dopo l’Unità d’Italia quando: ” Non tutti sono d’accordo! Alcuni contadini, artigiani e pastori prendono i fucili e si danno alla macchia: diventano “briganti”. Come risulta ad Alicia, anche i suoi antenati vengono indicati come tali, ed ecco perché decidono, prima di allontanarsi dal paese (vanno a vivere Castel San Lorenzo) e poi di lasciare l’Italia migrando nel nuovo mondo. Sono proprio Antonio e il fratello Cosmo che si imbarcano a Napoli, con il “cuore in gola” nel 1877. Nei loro occhi sicuramente portano le immagini “della Grotta dell’Angelo, i tratturi di montagna, la neve del Cervati, Pruno, con le sue acque, e le lacrime dei loro genitori e dei loro fratelli e sorelle …” Qualcuno di loro li raggiungerà in seguito, altri rimarranno in paese … 1 viaggio non è piacevole perché siamo alle prime partenze verso le Americhe. Solo nel 1888 le traversate cominciano ad assumere un ritmo regolare e ad offrire condizioni migliori ai viaggiatori con poche risorse e tante speranze Antonio avrà 13 figli in Argentina che vanno a formare una discendenza impressionante se si considera che oggi siamo alla quinta generazione!” O ancora la gloria ancora più memorabile di un certo Pietro Troccoli di Marina di Camerota ( era l’anno 1880 e l’Italia era in parte ancora sotto “il piede straniero”) che, insieme a due amici anch’essi italiani, con una piccola barca a vela “di appena nove metri di larghezza e di due metri e mezzo di larghezza” nominata in onore dell’eroe dei due mondi il “Leone di Caprera” attraversarono salpando da Montevideo tutto l’Oceano Atlantico per andare a portare a Giuseppe Garibaldila “spada della vittoria” perché l’Italia … ma ascoltiamo, per le parole di Gina e Bartolo, la testimonianza accorata della pronipote Mharta Troccoli che vivendo a Montevideo, da dove tutto cominciò, così coltiva e narra quella gloriosa quanto sfortunata impresa: “attraversano l’Oceano Atlantico per venire in Italia e incontrare Giuseppe Garibaldi. All’eroe dei due mondi devono consegnare la spada della vittoria con la quale avrebbe dovuto riprendere la sua lotta in Italia e completare Risorgimento e l’unità d’Italia. La goletta è costruita tra numerose difficoltà, con finanziamenti dì immigrati italiani in Uruguay ed Argentina per iniziativa di Vincenzo Fondacaro,. originario di Bagnara Calabra IRC), di Orlando Grassoni, di Ancona, e di Pietro Troccoli, appunto, di Marina di Camerota (SA).
Il Comandante Fondacaro e i suoi uomini veleggiano nell’eterno mistero del Mare speranzosi di raggiungere a Caprera Giuseppe Garibaldi e di essere abbracciati da un’Italia che dovrebbe accoglierli come concittadini e come esempio di valore marinaresco, ma le loro speranze e i loro sogni furono disillusi. L’Italia di allora, sorda al valore di questa impresa, costringe i tre, caduti in disgrazia, a riprendere la via dell’emigrazione. Vincenzo Fondacaro, inconsolabile comandante, muore nel 1893 nel ventre del Mare, Orlando Grassoni si spegne nel 1901, Pietro Troccoli chiude i suoi occhi a Montevideo nel 1939, narrando ancora del suo straordinario viaggio. Dopo di loro la piccola baleniera peregrina via terra, senza una degna dimora. Fino a che non viene recuperata nella grotta di Marina di Camerota trasportata a Milano e restaurata completamente per essere sposta al museo della marina dove ora si trova. A Camerota so trova una sua copia. Per la traversata compiuta i tre membri dell’equipaggio, solo molto più tardi furono decorati dal re d’Italia con medaglia d’oro”… perché come fin dall’inizio Gina e Bartolo dichiarano questo loro nuovo libro non vuole essere solo un reportage, un resoconto di uomini e donne, di spose bambine che partirono un giorno per “procura” e che un amore sconosciuto portò in un paese lontano ma assolutamente generoso ed ospitale. Scrive infatti ammirando la solenne e sconfinata immensità del Rio de la Plata, un fiume “che si è fatto mare” Bartolo nell’ultima poesia che idealmente chiude con il libro il cammino “Argentina che abbraccia” ammonendo la avarizia della nostra attuale Europa, che “L’unione dei popoli arranca /tra crisi e e slanci cooperativi./ Invidiando l’Europa che oggi,purtroppo/volge lo sguardo all’indietro dove loro sono già”!
Gli immensi, sconfinati, sperduti panorami poi di quella ultima terra che è la australe “Tierra del Fuego” non possono infatti non colpire i nostri viandanti che trasalendo davanti alla grandiosa maestà del suo ghiacciaio di “Perito Moreno” che “man mano che ci si avvicina assume dimensione di un immenso iceberg che emerge dal lago” si commuovono e sprofondando in quella infinita,bianca bellezza che fu una volta il “sublime” canta in Bartolo ancora una volta il poeta :” Perito Moreno, non solo bianco/ ma molto di più / Immobile manto costellato di cuspidi/ al cielo anelanti/ Dai monti più alti, Olimpo di nevi,/ nasconde gli Dei / Il lago in cui affonda osa sfidarlo / senza scalarlo” consegnando a noi, che da tempo “abbiamo piantato il nostro bastone” non solo l’emozione di un nuovo, grande viaggio ma anche la bellezza di una terra generosa ed ospitale che credevamo lontana e che invece, per altre radici, è ancora qui tra noi tra di noi, presente, come il vostro libro,Gina e Bartolo, ad ammonirci che“come ieri è ancora oggi”!