L’essere umano cambia, muta, si trasforma col passare del tempo e delle esperienze vissute. E’ un processo a volte lento e graduale, a volte inaspettato, spesso traumatico e doloroso o faticosamente perseguito, ma pur sempre inevitabile.
Può accadere che il cambiamento diventi un’urgenza vitale che affiora dapprima come una voce interiore indistinta per poi manifestarsi con parole nitide che insistentemente martellano l’animo e la mente, facendo vacillare le certezze apparentemente acquisite. Comincia così un processo di trasformazione sconvolgente che ci rende inizialmente vulnerabili: l’ignoto ci fa sentire smarriti ma al tempo stesso euforici per la consapevolezza di stare per intraprendere un viaggio straordinario, una metamorfosi, in cui ci si riappropria del coraggio di compiere quelle scelte mancate o ignorate che ci permettono di districare il filo aggrovigliato della nostra esistenza, comprendendo e realizzando i nostri più profondi desideri e aspirazioni.
Essere e forma, spinta vitale e gabbia delle convenzioni sociali e familiari: come accade ai personaggi pirandelliani, quando si avverte il fischio di un treno che squarcia il velo dell’inganno esistenziale, non è più possibile tornare indietro, ignorare il bisogno di trasformazione annidato nel nostro animo, temere la paura del cambiamento e di essere considerati folli. Si accetta di trasformarsi in ciò che si desidera essere.
Un simile processo lo racconta nella sua biografia, “Tempra Amore Passione” (Europa Edizioni), Eva Agostinelli, insegnante fiorentina di tap dance (disciplina nota in Italia come tip-tap), coreografa, performer, divulgatrice, musicista e percussionista con i propri piedi.
Nel libro l’autrice esordiente ripercorre alcuni momenti significativi della sua infanzia e adolescenza fino al giorno in cui, decidendo di lasciare il suo lavoro d’ufficio, ritrova se stessa dedicandosi a ciò che davvero ama: la tap dance.
Incontro Eva in una delle consuete giornate afose di questa estate. Di fronte a una tazzina di caffè, con gli occhi che le brillano di entusiasmo, risponde con onestà alle mie domande, avviando così una conversazione che si rivela profonda e interessante.
Come è maturata in te l’esigenza di scrivere una biografia?
Tutto nasce dalla mia curiosità e dalla mia inclinazione a non restare immobile. Un giorno ho trovato su Facebook un post della casa editrice Europa Edizioni che annunciava l’intenzione di pubblicare biografie di sconosciuti all’interno della Collana Chronos. Ho risposto e sono stata selezionata: la storia che avevo proposto era piaciuta. In poco tempo la mia curiosità mi ha portato a scrivere questo libro, mettendo a frutto la mia inclinazione a soffermarmi sui ricordi, a scrivere diari di viaggio. Perciò l’approdo alla scrittura per me è stato un processo naturale.
Nel tuo libro, il cui titolo è esemplificativo di una vita fatta di suoni, ritmo e passi di danza, racconti come il caso abbia influito nel ricondurti sulla strada della tap dance in età adulta, dopo averla brevemente percorsa da bambina, in un corso che affiancava i tuoi studi di danza classica: in molti passaggi del libro rifletti sul concetto di scelta; secondo te ogni scelta è influenzata dal caso?
La scelta è un incredibile atto di responsabilità, nei confronti della vita e di stessi. Non tutti hanno la libertà di scegliere. Quando la vita ti mette davanti a delle possibilità e opportunità, che non necessariamente nascono da cose positive, la libertà di scelta sta nel saperle cogliere. Ogni qualvolta non si sceglie, di fatto si compie una scelta. Questo è un aspetto della vita che ho sottolineato più volte nel libro, ad esempio quando, a conclusione del mio percorso liceale, mi sono iscritta alla Facoltà di Lettere, senza troppa convinzione, pur amando le discipline umanistiche, perché in quel momento la mia difficoltà era proprio dover compiere una scelta. Però credo che nella vita esistano delle coincidenze, delle connessioni che arrivano nel momento giusto, quando cioè sei pronto a coglierle.
Il tema della scelta è legato alla tua indole, a ciò che nel libro definisci come “pendolo”, apparentemente elemento frenante ma che in molte occasioni è stato utile per aprirti a nuovi orizzonti: in che modo questo pendolo ti ha portato a superare i tuoi limiti?
Questo pendolo, fatto di insicurezza e di difetti caratteriali, c’è sempre stato in me, ma col tempo ho imparato a conoscerlo e accettarlo. Magari non è possibile risolvere il dualismo che è in noi, ma il pendolo dell’inquietudine mi permette di attraversare una costante fase di ricerca e approfondimento personale che per me è vitale, perché mi sprona ad andare sempre oltre la mia zona di conforto, sapendo che non è importante ciò che facciamo ma come lo facciamo.
La tua biografia è soprattutto un inno alla tap dance, alla sua storia, dalle sue origini al contributo fondamentale di artisti come Bill Robinson (Mr Bojangles) e i componenti del Copasetic Club, ai grandi maestri internazionali come Gregory Hines, Barbara Duffy, Brenda Bufalino, Honi Coles e Guillem Alonso: come definiresti la tap dance? Secondo te, può essere considerata ancora oggi un veicolo di trasformazione ed emancipazione, come lo è stata in passato, in determinate congiunture storiche?
La tap dance per me è una disciplina viva perché è musica. Se prendo uno spartito ritmico e lo leggo, lo posso eseguire con i miei piedi. Ciò significa che il tap è uno strumento musicale con una vitalità tale che ti porterà sempre ad avere progetti e nuove collaborazioni. Ogni volta che ci esprimiamo attraverso un’arte, facciamo emancipazione. Lo vedo dagli allievi che magari hanno trovato in un corso di tap dance un veicolo di libertà, uno spazio proprio. E’ una sorta di emancipazione dalle proprie frustrazioni, dal proprio lavoro non appagante, come quello che ho lasciato io per essere libera di esprimermi, o dalle proprie infelicità. Se penso poi al momento storico che stiamo vivendo, esiste un gruppo di tap dancer a favore dell’Ucraina (Tap for Ukraine) tra i quali spicca un soldato che, in tenuta militare, ha realizzato un video in cui si è esibito in uno “Shim Sham”, che nella danza rappresenta uno speciale momento di unione e di gioia.
Nel libro dedichi ampio spazio alla borsa di studio vinta per frequentare la prestigiosa “Escola Luthier Musica & Dansa” di Barcellona: che cosa ti è rimasto di quell’intensa esperienza, sia a livello personale sia come bagaglio formativo di tap dancer?
Sono passati sei anni da quell’esperienza e ancora ne traggo vantaggio dal punto di vista didattico, perché mi permette di rinnovarmi quotidianamente e mi ha dato la possibilità di lavorare con talentuosi musicisti, dando piena dignità alla figura del tap dancer, che secondo me è un musicista danzante. Dal punto di vista personale, l’esperienza di Barcellona mi ha dato tantissimo. Il solo fatto di esser stata a lungo sola mi ha portato a investigare su di me, a rispettare i miei tempi e a dare spazio alle mie riflessioni, senza condizionamenti.
Tra le discipline artistiche, come si colloca la tap dance nello scenario della danza italiana? E’ cresciuto l’interesse nei confronti di questa disciplina?
Questa disciplina non appartiene alla nostra cultura. Il tip tap non c’era in Italia, è stato portato da alcuni maestri che comunque lo avevano conosciuto attraverso l’industria cinematografica di Hollywood. Dagli anni Settanta i grandi maestri internazionali hanno cominciato a venire nel nostro Paese o gli insegnanti hanno iniziato a formarsi al di fuori del contesto nazionale. Oggi, dunque, rispetto al mondo dei musical e cinematografico, l’interesse per la tap dance è cresciuto, c’è maggiore consapevolezza di cosa sia questa disciplina e siamo preparati a insegnarla.
Progetti futuri?
Settembre segna l’inizio della fase promozionale del libro, per raccontare la mia storia, un racconto intimo che però riguarda tutti nella riflessione sull’incapacità di saper gestire la rosa di scelte che la vita ci offre, data la tendenza diffusa nel mondo occidentale a voler sempre tutto, compiendo spesso solo scelte materiali.
Il 17 settembre sarò a Roma ospite della trasmissione televisiva dedicata ai libri, “Se scrivendo”, prodotta da Caos Film. Poi spero di poter coniugare le mie due grandi passioni: la danza e i viaggi. Dato che sono un’esploratrice, vorrei continuare a fare il mio lavoro itinerante: il tap mi ha portato in giro per il mondo, sempre aperta a nuovi orizzonti. Magari i miei viaggi mi porteranno a danzare nel Cilento!
“Tempra Amore Passione” è un invito a lasciarci sorprendere dalla vita cogliendo le opportunità che si presentano, imparando ad accettare le nostre insicurezze, a convivere con il nostro pendolo interiore che oscilla tra razionalità ed emotività, a placare la ricerca di un insensato perfezionismo che la società ci impone in modo da realizzare i nostri più profondi desideri. Allora, anche se la strada da percorrere sarà costellata di battute d’arresto e sacrifici, il dedalo della nostra esistenza ci apparirà meno intricato e saremo in grado di imprimere alla nostra vita la giusta direzione, coltivando con tempra e passione le nostre reali aspirazioni, senza inganni o illusioni, restando con i piedi per terra, appagati dalla consapevolezza di aver imparato a compiere quelle scelte che ci permettono di sentirci liberi.