E’ capitato a Teggiano per caso. Il destino, infatti, ha voluto che nei primi anni ’60, da Napoli (sua città natia), fosse indirizzato ad insegnare in un una scuola media dell’antica Diano. E da allora la città museo è diventata casa sua.
Il professore Arturo Didier, con la sua recente scomparsa, lascia un’eredità culturale, storica e intellettuale difficile da colmare.
Professore di arte, studioso, storico e scrittore, ha dato vita a 41 pubblicazioni ufficiali, partendo dal 1964, fino ad arrivare al 2017. Il tutto avendo sempre come faro il borgo teggianese e l’intero comprensorio.
Si, perché dal 1961, anno del suo incontro con Teggiano, Didier non se ne è più allontanato. Ha incontrato l’amore, si è sposato e ha risieduto nel centro storico quasi fino alla fine. Gli ultimi mesi li ha, infatti, trascorsi a Roma, dove abitano le figlie.
Tra le sue opere principali “La Storia di Teggiano”, “I regesti delle pergamene di Teggiano”, “Diano e l’assedio del 1497”, “La letteratura dialettale di Teggiano” e “Diario Napoletano”.
Un’attività certosina, continua e dinamica, volta, tra le altre cose, a ricostruire, recuperare e valorizzare la storia locale e che ha permesso a tanti di conoscere la propria storia e le proprie radici, in modo mai banale ed eccessivamente didascalico.
Un lavoro minuzioso, di approfondimento, ricerca e scoperta, sviluppato anche grazie ai documenti custoditi nel prezioso Archivio Carrano, presente a Teggiano, nell’omonimo palazzo. Il prof. Didier, infatti, è stata una delle pochissime persone che, per capacità e caratteristiche personali e per il rapporto di stima, amicizia e fiducia, creato con i proprietari, ha potuto accedere alla struttura ogni volta che ne avesse bisogno.
Negli anni trascorsi nel paese delle 13 chiese, ha dimostrato di essere più “cittadino” di tanti “cittadini”. E ciò è stato anche testimoniato dal fatto che, lo scorso anno, il Comune gli ha conferito la cittadinanza onoraria, per i suoi meriti nel campo della cultura, ma anche perché la comunità lo ha sempre considerato un teggianese doc.
Per quanto mi riguarda, in tante occasioni ho potuto confrontarmi con lui, proporgli delle iniziative, ascoltare i suoi racconti. Mi ha permesso di scoprire cose nuove, interessanti e curiose e di conoscere persone con cui, probabilmente, mai avrei avuto altrimenti a che fare.
Era solito evidenziare il fatto che Teggiano fosse una Ferrari, per l’immenso patrimonio storico, artistico, architettonico, documentario e culturale concentrato in un’area limitata e per le numerose peculiarità.
Diceva: “il paese è uno scrigno culturale e un libro aperto. Ha conservato la conformazione storica e geografica e tutti i documenti. Basta passeggiare per le sue viuzze per venire a contatto con un patrimonio artistico che va dall’età greco-romana all’800”.
Ed evidenziava come la cultura non sempre venisse debitamente considerata, anche per il fatto che, a suo dire, la storia locale doveva essere studiata a scuola, al fine di conoscere bene il proprio territorio.
In conclusione, ho il piacere di riportare le frasi conclusive del suo ultimo libro, “Diario Napoletano”, relative al racconto del giorno in cui è arrivato a Teggiano, per iniziare la lunga carriera di professore di arte e disegno artistico.
“Nel pomeriggio – scrive – siamo scesi a vedere il paese e con nostra grande sorpresa notiamo che è un centro storico medievale, con un grande Castello, una bella piazza in fondo alla quale c’è uno spettacolare belvedere che si affaccia per chilometri sulla valle sottostante. Girovagando qua e là per viuzze e piazzette, notiamo che ci sono chiede medievali, ex conventi e cappelle dappertutto. Ci dicono che il paese è sede di Diocesi con il Vescovado e il Seminario. Ha un collegio femminile, tenuto dalle Maestre Pie Filippini, in cui alloggiano una ventina di ragazze che studiano nel Liceo classico di Sala Consilina. Io e Gino ci guardiamo in faccia e scuotiamo la testa in assenso, come per dire: “Però…non siamo capitati male”.
Nel tardo pomeriggio – si legge ancora – troviamo in piazza i nostri colleghi teggianesi, i quali ci dicono che siamo stati fortunati a essere capitati in una sede scolastica ubicata in un centro storico che è tra i più belli della provincia salernitana (….). Una cosa mi è chiara, e cioè che si apre un nuovo periodo della mia vita”.
E ora per il professor Didier si è aperto ancora un nuovo periodo, che lo vedrà lontano dalla famiglia e dai teggianesi, ma costantemente presente per tutto ciò che a noi ha lasciato.
Cono D’Elia