Quanto spazio c’è per la tradizione in un anno caratterizzato da un’emergenza sanitaria senza precedenti?
Non facile rispondere, soprattutto se questo interrogativo è destinato a contesti territoriali ridotti, come nel caso del Vallo di Diano.
Area in cui tutto ciò che ruota intorno alla tradizione finisce per diventare riferimento quasi imprescindibile della comunità, con particolare riferimento a quella più matura.
E sì, perché i piccoli paesi sono caratterizzati da una folta presenza di anziani che, in molti casi, hanno negli appuntamenti cerchiati in rosso del calendario uno dei rari momenti di condivisione e distensione.
E allora decreti, colori, restrizioni, “mascheramenti” vari e riduzione del numero di commensali destabilizzano e rendono più fragili quelli che si credevano essere “capisaldi” del proprio anno. E quale maggiore baluardo del Natale e delle festività?
E’ così quest’anno nel comprensorio, come in tante altre realtà territoriali, non si vedono davanti alle case tutte le luminarie degli scorsi anni, né tutti i classici gruppetti composti da giovani e meno giovani che si creano nel momento in cui si torna in paese e ci si vede dopo diversi mesi.
Continuano, tuttavia, le piccole tradizioni più recenti, come quella legati ai presepi nelle “cangedde”, nel centro storico di Teggiano. Si tratta, in pratica, di piccoli presepi allestiti dietro finestre chiuse dalle sbarre di ferro. Un’iniziativa dei cittadini nata nel 2017 e che anche quest’anno ha registrato una significativa partecipazione.
Viene meno, invece, l’incontrarsi alla messa di mezzanotte sia nella Cattedrale che nelle chiese delle altre 4 contrade del centro teggianese. Così come, per forza di cose, non si possono organizzare le tombolate con gli amici, né giocare a “piattino”. E così come si devono sacrificare le lunghe partite a Risiko con gli amici tornati in paese. Partite che, come capitato a me personalmente, a volte, terminano a notte inoltrata, senza che vi sia alcuna pressione legata al giorno dopo, considerato il periodo.
Pressioni che, invece, caratterizzano, per forza di cose, quest’anno. E allora cosa resta di quella che è la tradizione natalizia a Teggiano e nel Vallo di Diano?
Sicuramente lo spirito, seppur parzialmente frenato da un anno che ha, purtroppo, riservato momenti di buio. Resta la naturale tendenza a voler fare e vedere cose diverse rispetto al solito, sia in termini di attività e di persone, sia in termini di piatti. La tradizione culinaria, infatti, non è scalfita dal numero di persone sedute a tavola. E così a Teggiano non possono mancare gli stufati, classico piatto della vigilia. Si preparano cuocendo gli spaghetti in acqua salata, per poi condirli con alici sotto sale, uva passa, mollica sbriciolata finemente e olio d’oliva. Uno spazio assicurato ha anche il baccalà.
Tradizioni da sacrificare e tradizioni da mantenere, quindi, in un equilibrio complicato da immaginare e da trovare, ma che non può non essere garantito, neppure in realtà apparentemente ovattate e “protette” come il Vallo di Diano e Teggiano.
Cono D’Elia