L’Istrumentum Laboris presentato la scorsa settimana a Roma enumera gli argomenti che i padri hanno considerato durante il sinodo sulla famiglia in autunno, anche quelli che non hanno ricevuto i due terzi dei sì relativi a tematiche fino ad oggi ritenute tabù da vigili difensori dell’ortodossia. Comunione a divorziati risposati, attenzione alle famiglie ferite, accoglienza misericordiosa alle coppie di fatto, rispetto e delicatezza per tutti sono oggetto di sofferta attenzione di papa Francesco, che vuole tenere le porte della Chiesa sempre aperte. Ma una partecipata comprensione verso queste spinose situazioni allarma la lobby dei conservatori, i quali già alla vigilia dell’assemblea nello scorso ottobre, inquadrati dietro le porpore di cinque cardinali, invocando il rispetto per la immutabile verità di Cristo, hanno messo in guardia anche il papa, impegnato a curare le ferite nel suo Corpo Mistico. Nella sala stampa vaticana, appena presentato il documento, in modo felpato, come sanno fare esperti curiali arrivati al vertice del cardinalato per l’indubbia abilità a cogliere opportunità di carriera grazie a radicate relazioni, un porporato ha invitato a non farsi illusioni ricordando a tutti che l’ultima parola spetta al pontefice, una lapalissiana ovvietà dietro la quale si celano le tante riserve mentali di chi vorrebbe un papa su misura, corrispondente ai propri desiderata ed interessi.
A questo articolato e pervicace gruppo di conservatori forse è opportuno ricordare innanzitutto chi sono i destinatari dell’Istrumentum Laboris: cattolici già orientati in senso ecclesiale o, aprendo la cerchia, l’uomo contemporaneo con i suoi problemi? Determinante è anche considerare il fondamento delle argomentazioni: si tratta di ripetere principi formulati con linguaggio e prospettive concettuali riconducibili alla prassi e al codice canonico oppure cercare il fondamento in Gesù di Nazaret come lo presentano i vangeli per attualizzare il suo messaggio e renderlo comprensibile in ogni epoca? La finalità è dare conforto, in una periodo disorientato e confuso, ai fedeli della cittadella cattolica che si specchiano nella tradizione oppure ricercare una rinnovata prassi per favorire una spiritualità espressione delle esigenze di comprensione globale del cristianesimo? Da qui la necessità di un adeguato orientamento ermeneutico, che non può essere soltanto il consenso determinato dai pronunciamenti del magistero negli ultimi secoli, ma la tensione verso una rinnovata attenzione su quanto ha espresso la chiesa sub-apostolica, considerando il messaggio in relazione ai mutamenti epocali che si stanno sperimentando. Non si tratta di rispettare l’esteriorità di una istituzione ecclesiastica da preservare a tutti i costi, ma approfondire la sensibilità per riforme che si fondano sul messaggio di Gesù e consolidare nella chiesa una coerente opzione evangelica. Perciò è necessario non rimanere immobili per evitare ogni rischio di relativizzazione, ma interpretare in modo critico e alla luce dei vangeli i detti ed i fatti di Gesù sui quali fondare una credibile disciplina ecclesiastica, attenta ad una cornice di pensiero non prona solo a scuole di pensiero del passato, ma aperta all’ampio tesoro di conoscenze conseguite negli ultimi decenni. Una prospettiva d’intransigente conservazione determina la chiusura ad ogni possibilità di dialogo, mentre occorre sollecitare una forte identità simbolico-ecclesiale senza temere l’acquisizione di una adeguata cultura argomentativa per confrontarsi con i tormenti e con i bisogni contemporanei, nella consapevolezza che una fede autentica non danneggia l’essenza evangelica e consente di formulare un messaggio cristiano accattivante anche per una cultura laica mentre si gettano le fondamenta per una riforma ormai indilazionabile.
Una formidabile guida in questo sforzo ermeneutico, pastorale, culturale e di misericordiosa carità la forniscono i quattro principi ai quali si richiama papa Francesco nel suo operare dopo un attento discernimento di sapore ignaziano. Egli è profondamente convinto che il tempo sia più importante dello spazio, che l’unità debba sempre prevale sul conflitto, che la realtà dell’uomo è senz’altro più importante delle idee ed il tutto della Ecclesia è senz’altro maggiore delle sue parti. Egli trae tali convincimenti dall’attenzione che ha sempre prestato alle basilari intuizioni dei fedeli: il popolo fedele. Infatti, non ha esitato a sostenere questi concetti in un famoso discorso a Buenos Aires invitando a guardarsi da “coloro che pretendono di distillare la realtà in un’idea, gli intellettuali privi di talento, i moralisti sgarbati”.
A chi nutre qualche dubbio si propone una breve riflessione esegetica sul capitolo 5,2-43 di Marco, che vede protagoniste dall’amorevole incontro con Gesù una donna ed una ragazzina dodicenne, secondo la logica del tempo, scarto dell’umanità.
La prima aveva una malattia sanzionata dalla comunità al punto da farla precipitare nella vergogna più totale: è una intoccabile, la quale nella sua disperazione umana per i vari tentativi di essere guarita, come ultima risorsa fa appello alla fede che le suggerisce un atto irrituale e contro legge: toccare almeno il mantello del maestro di Nazaret, il quale risponde andando oltre le prescrizioni per salvare una persona in angoscia. A questa donna tenace, che nella sofferenza non cede, Gesù riserva una carezzevole espressione: la tua fede ti ha salvato. Così l’esclusa è riammessa nella comunità dei poveri del Signore e riprende la sua strada in pace. Per il gesto di amore salvifico ricevuto ella inizia una testimonianza e non sappiano quanti hanno conosciuto e creduto in Gesù grazie a lei, che ha posto fiducia in una forza più grande dei codici, salvata dalla tenerezza, che fa sempre la differenza. Quale comma o codicillo di una prassi canonica può impedire a Gesù e, quindi alla sua Chiesa, di donare la sua forza che guarisce a chi crede in lui?
La medesima esperienza é vissuta da Giairo, che continua a credere nonostante le illusioni e le derisioni perché Gesù gli sussurra: tua figlia “non è morta, ma dorme”. Il Maestro, ricostituito intorno al letto della ragazzina il cerchio vitale degli affetti con la madre e il padre – la vera famiglia che genera alla vita – diventa una mano che prende una mano pronunciando deciso: talità kum. La dodicenne torna a scoprire la vita e la fragilità umana è sconfitta: l’amore di Dio libera guarendo perché il suo abbraccio è la nostra risurrezione.