È avvolta nel mistero, sospesa tra storia e leggenda, la nascita della Scuola Medica Salernitana che si vuole fondata da quattro maestri di diverse provenienze: Elino l’ebreo, Ponto il greco, Adela l’arabo e il latino Salernus. Forse una leggenda che viene riportata dal seicentesco Priore del Collegio Medico, Antonio Mazza, ma che ben sottolinea la natura della scuola salernitana: una ricchezza di saperi medici, filosofici e scientifici come non vi era eguale in quel lontano IX secolo in cui si fa risalire la sua fondazione. Al di là, comunque, di ogni leggenda o documento storico, ben può dirsi che la Scuola salernitana fu antesignana delle nostre Università, ebbe una dimensione internazionale e, per certi versi, una sorta di laicità, in un periodo, quello medievale, in cui tutto l’insegnamento era appannaggio del clero, anche se, tra i suoi maestri, figurano personalità come Alfano chierico, Grimoaldo, Garioponto, Maraldo, tutti di formazione cassinese. E vi passarono medici e pensatori come Galeno, Nemesio Alessandrino, Teodoro quasi a rimarcare l’importanza che la Scuola aveva assunto nel mondo dei saperi.
Incerta resta la data esatta di fondazione anche se, come riferisce Massimo Oldoni in un suo testo, nel periodo coincidente con la prefettura amalfitana di Pulcari (867-878) viene riportato il racconto “eloquente” sull’archiatra Gerolamo, medico alla Scuola salernitana, che sentenzia “malattia incurabile” quella di una giovane di Minori, dopo aver consultato “immensa volumina librorum”, per cui è pensabile una preesistenza alla grandezza della biblioteca consultata da Gerolamo, anche se è pensabile una costituzione lenta, per addizioni temporali attraverso concorsi di saperi lungo gli anni. Di certo, tutto ciò, mette la Schola nella considerazione di essere la più antica istituzione dell’Europa occidentale, per l’insegnamento non soltanto della medicina, ma anche di altre discipline. Non va dimenticato che poco distante da Salerno era la greca Elea che aveva dato al mondo il pensiero filosofico di Parmenide e Zenone, e che nelle aule della Schola si teneva in alta considerazione la tradizione medica ispirata al greco Ippocrate, tant’è che Salerno viene, da sempre, definita “Hippocratica civitas”. Tra l’altro la posizione geografica della città la pone al centro di importanti scambi marittimi con l’Oriente e l’Africa, attraverso i traffici mercantili della Repubblica Marinara di Amalfi.
Di grande prestigio godevano i Priori della Schola, molti dei quali li ritroviamo nei nomi delle strade cittadine di Salerno. Un nome, però, di una certa importanza compare nel “Catalogo dei Priori dell’almo collegio ippocratico salernitano dal 1500 al 1812” pubblicato nel 1922 da Giovanni Capasso: è quello del già citato Antonio Mazza, Priore del Collegio e autore di una “Historiarum epitome de rebus Salernitanis”. Nella sua pubblicazione il Capasso annota: «Poiché nel Collegio del 1678, subito dopo C. de C. (Carlo de Caro – ndr) priore, troviamo Antonio Mazza, sotto priore (dicitura equivalente a promotore) siamo sicuri che questi fu il successore immediato. Il suo priorato va dal 1685 almeno, al 1692, dopo il 16 maggio».
Medico, appartenente a una nobile famiglia salernitana iscritta al seggio di Portanova, Antonio Mazza risulta già collegiale il 4 aprile 1669, nello stato libero per il matrimonio che contrarrà con Angela Lanzetta, e nel 1678 ricopre, dunque, la carica di Promotore della Scuola Medica Salernitana e, alla morte di Carlo De Caro, avvenuta il 12 ottobre 1684, ne diventa il massimo rappresentante con la nomina a Priore.
«Nel 1681 – annota Gerardo Carnevale – il Mazza pubblica in Napoli la sua importante opera “Historiarum epitome de rebus Salernitanis”, stampata con i tipi della tipografia J.F. Paci, attingendo agli antichi documenti dell’archivio della Scuola e a tutti quelli reperibili sul territorio». Ma, come tante altre preziose antichità, l’opera che tratta della Storia di Salerno, viene messa nell’archivio della memoria, finché nel 1723, l’editore olandese Piter Vander la ripubblica ampliandone il formato e con una nuova veste tipografica cambiando il titolo in Urbis Salernitanae Historia ed Antiquitates e inserendola in un ampio catalogo di ristampe di opere storiche italiane. Dell’opera del Mazza, Salvatore De Renzi, storico di origine irpina, ma interessato alle vicende della Scuola Medica Salernitana, (pubblica nel 1857 “Storia documentata della Scuola medica di Salerno” e nel 1852-59 la raccolta documentaria “Collectio salernitana”) rileva che l’autore raccoglie nel suo lavoro tutte le tradizioni, anche se con scarso senso critico, ma sarà pur sempre citato “per essere stato il primo che abbia tentato di scrivere intorno a una città famosa, che aspetta ancora il suo storico”.
Una storia, quella del Mazza, dove ben viene messo in evidenza cosa rappresentasse la Scuola medica di Salerno: una incredibile esperienza scientifica, ma anche di apertura al punto di avere non solo allieve donne ma addirittura insegnanti donne che quindi non erano più relegate al ruolo di semplici levatrici ma potevano accedere agli alti gradi della gerarchia universitaria oltre che a poter esercitare l’arte medica.
Nella sua “storia” Antonio Mazza scriveva: «Abbiamo molte donne erudite, che in molti campi superarono o eguagliarono per ingegno e dottrina non pochi uomini e, come gli uomini, furono ragguardevoli nell’ambito della medicina».
Tra le “mulieres salernitanae” (come venivano chiamate le medichesse) più famose possiamo citare: Trotula de Ruggiero, Rebecca Guarna, Abella Salernitana, Mercuriade, Costanza Calenda.
Resta ora una domanda: che fine ha fatto quell’opera così importante da essere ristampata da un editore olandese nel Settecento e ripresa in prestigiosa citazione dal De Renzi nell’Ottocento?
Un attento quanto insistente “topo di biblioteca”, appassionato ricercatore di opere su Salerno e la sua storia, il già citato Gerardo Carnevale, scopre l’edizione settecentesca del Piter Vander. Dall’averla tra le mani e al pensare ad una stampa anastatica è un tuttuno: mai Carnevale si sarebbe fatta sfuggire una tale occasione. Ed è così che a sua cura, per la Ripostes Edizioni di Alessandro Tesauro, nel 2003 ritorna alla fruizione dei lettori l’edizione anastatica dell’opera stampata dal Vander nel 1723.
Fedele alla Storia, nei confronti della quale mai farebbe una sgarberia, Gerardo Carnevale stampa rigorosamente in anastatica quel testo latino che forse rimane incomprensibile ai più, ma che ha un fascino di sapienza non trascurabile. Nella sua breve prefazione, dopo tre righe biografiche su Antonio Mazza, Carnevale scrive: «Nel 1681 pubblica in Napoli la sua opera Historiarum epitome de rebus Salernitanis, stampata con i tipi della tipografia J.F. Paci, attingendo agli antichi documenti dell’archivio della Scuola e a tutti quelli reperibili sul territorio.
La scelta dell’edizione in latino ben si adattava alla consultazione da parte degli studenti della Scuola, dei dotti e alla circolazione in un ambito non propriamente ristretto tanto da favorirne una ampia diffusione.
Successivamente l’editore olandese Piter Vander, nel 1723 circa, la ripubblica ampliandone il formato e con una nuova veste tipografica cambiando il titolo in Urbis Salernitanae Historia ed Antiquitates e inserendola in un ampio catalogo di ristampe di opere storiche italiane».
La storia della città di Salerno del Priore Antonio Mazza anche se all’aspetto sembra un po’ striminzita, alla fine si mostra ampia e ben approfondita, avendo l’autore, come ricorda Carnevale in presentazione, attinto agli antichi documenti dell’archivio della Scuola e a quelli reperibili sul territorio. Così con le notizie su quella Istituzione di ampi saperi, troviamo notizie anche “De Episcopis et Archiepiscopis Salernitanae Ecclesiae” da San Bonosio ad Alfonso Alvarez del 1676 (anno ultimo della serie). E non tralascia i salernitani che hanno onorato la città come Alfano, monaco e vescovo di Salerno, fondatore con il Guiscardo nel Duomo cittadino, monaco benedettino citato in “Chronica Cassinensi” e il salernitano diplomatico fattosi benedettino “Sanctus Alpherius” cioè Adelferius Pappacarbonus primo Abate e “Sacri Coenobii Sanctissimae Trinitatis Cavensis fundator”.
E l’elenco delle notizie sull’Opulenta Salernum potrebbero continuare, notizie che certamente appassionano quanti di questa città ne amano la storia e i suoi personaggi che l’hanno resa grande. Bisogna ringraziare l’intraprendenza di Gerardo Carnevale se oggi quest’opera, con la pregevolezza della stampa anastatica, la si può avere nella propria biblioteca. Scrive il curatore a conclusione della sua breve presentazione: «Con la presente edizione si intende offrire ad appassionati e ricercatori una fedele riproduzione in anastatica dell’opera del Mazza, quella che va sotto il titolo di Urbis Salernitanae Historia ed Antiquitates e non ristampata finora».
Correva voce, al tempo del Priorato del Mazza, che i Medici di Salerno avessero sepolto i Bagni di Pozzuoli. Geniale fu l’idea del Dottor Domenico Antonio Di Leone che, all’apparire del lavoro storico del Mazza, scrisse un sonetto dedicato «Al molto illustre, Promotore e Senatore estimatissimo dell’Almo Collegio di Salerno il Dottor Antonio Mazza per l’opera erudita da lui composta. Tanto contro chi ardì dire che i Medici Salernitani havessero sepolto i Bagni di Pozzuolo, quanto in favor di Salerno, illustrando le sue grandezze e prerogative». E concludeva «…fatta penna sublime, hoggi palesa di Salerno i Gran Preggi in Foglio Aurato».
A conclusione ci piace ricordare che all’Archivio di Stato di Salerno è conservato il diploma di laurea in Filosofia e Medicina conferito dal Priore Antonio Mazza a Giuliano Guarino di Solofra il 27 settembre 1687. Il documento si conclude con la formula “Res ita Salerni peracta est” e la firma del notaio dell’almo collegio preceduta dall’indicazione “Notarius regia et apostolica auctoritate”.
Vito Pinto