Greci e Romani hanno dominato questo piccolo comune in provincia di Catanzaro, in cui si conservano i resti di un passato memorabile. Il Duomo, il Castello, le antiche chiese costeggiano piazze e vicoli che svelano sorprese agli occhi del visitatore. Prima Skyllation, colonia greca, abitata dagli ateniesi che ne introdussero linguaggi, usanze e riti; poi Repubblica indipendente fino a quando, nel 469 a.C. non fu sottomessa a Crotone. E, ancora, l’annessione a Locri, nel 396 a.C., nuova potenza della Magna Grecia per diventare colonia romana nel 124 a.C. Gli storici concordano che nacque dove oggi si possano ammirare i resti dell’antica “Scolacium”, nelle vicinanze della marina di Catanzaro. Ma con l’arrivo dei Saraceni, gli abitanti furono costretti ad abbondonare la città, rifugiandosi sulle colline dove si trova oggi. Una storia, quella di Squillace, che si intreccia con quella della Chiesa visto che nel V secolo venne istituita una delle sedi vescovili più antiche della Calabria. Da allora si sono succeduti ben 70 vescovi. Oggi è un comune che vive di turismo e di arte, quella dei maestri ceramisti e vasai che con le loro botteghe danno linfa all’economia locale. Il magnifico centro storico vive le sorti di tanti paesi calabresi in cui la popolazione lascia l’entroterra per stanziarsi sulla zona costiera. Così la marina di Squillace da latifondo si è trasformata in zona residenziale, frenando l’emorragia migratoria e portando a un saldo positivo tra chi parte e chi resta. Potrebbero essere stati addirittura i famosi ceramisti di Samo a portare l’arte della ceramica a Squillace. Certo è che le fonti storiche concordano nell’indicare una produzione ininterrotta nel tempo di monili, suppellettili e gioielli esportati anche fuori dai confini nazionali. La fioritura di questa arte è legata alla ricchezza del territorio che circonda il centro caratterizzato da numerose cave di argilla caolinite e ferrosa che, trattata, è una materia prima di elevata qualità. Le caratteristiche della ceramica squillacese riguardano le tecniche di lavorazione, in particolare l’ingobbio. Di origine bizantina, si tratta di una tecnica che consiste nel decorare a graffio il manufatto dopo averlo rivestito di creta bianca. L’argilla, dopo la cottura, assume il colore rosso mattone in contrasto con l’ornato ingobbiato biancastro. La costante produzione artigianale squillacese è rappresentata nel tempo da numerosi reperti di elevato valore artistico che si conservano nei più importanti musei del mondo quali Londra, Parigi, New York, Capodimonte, Palermo, Faenza. Oggi Squillace è inserita nei 32 comuni d’Italia che hanno ottenuto il marchio D.O.C. per la produzione artistica e tradizionale
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