Può un Paese discutere e dividersi su uno spot pubblicitario, magari tramite post sui social network?
Questa è la misura dell’assenza di impegno civile, della carenza di partecipazione e di confronto, della distruzione dei contenitori che un tempo costituivano i pilastri della società democratica.
I partiti politici, i sindacati, le associazioni di categoria, i circoli culturali, gli oratori, le biblioteche, le piazze, le assemblee, erano partecipate e costituivano il sale della democrazia e della crescita culturale.
Categorie, alcune forse sorpassate, che contribuivano alla circolazione delle idee, a formare una coscienza, una identità, un idem sentire.Da qui si intrecciava una fitta rete che teneva insieme tutti, elites e masse, centro e periferia.
La distruzione della politica, per cause interne ed esterne, la mancanza di ideali e di ideologie, la spinta forte verso il consumismo, hanno progressivamente sciolto certi legami, fino al raggiungimento di un individualismo sfrenato ed alla perdita di quelle sane occasioni di confronto. Non conta più essere parte di un gruppo, legato da valori comuni, quanto l’esaltazione dell’io, l’ostentazione prepotente delle proprie ragioni, supportate da un consenso fragile, costituito dai “like” e dai “follower”, come una sorta di patente illusoria di credibilità.
La metamorfosi dell’individuo, trasformato da cittadino in consumatore, che si esalta ed indigna per uno spot, ma che non legge un giornale o un libro, non approfondisce un problema, non aggrega consensi su ideali e bandiere, quindi incapace di migliorare la propria condizione e quella degli altri.
Quanti spot occorreranno per accendere la luce nelle tenebre della ragione, spenta da anni, per riappropriarsi di temi come la famiglia, l’educazione, la responsabilità, la partecipazione, la cultura?
Il tempo della ricreazione è finito.
Solo ridimensionando la vanità e la vacuità del sentirci tutti influencer, assurti a moderni santoni dell’effimero, potrà restituire il pensiero nell’alveo naturale della lettura, del ragionamento e del sano confronto.
Senza click, senza spot, senza post e senza dare alibi ad un classe politica che, invece di lavorare per costruire una società migliore, insegue il “sentiment” della comunità, fomentando e cavalcando pulsioni emotive e divisive.