L’Italia sta perdendo abitanti. Nel solo 2018 la popolazione italiana è diminuita di 124.427 unità, scendendo sotto la soglia dei 60 milioni. Se non ci fosse stata la componente straniera, dal 2011 al 2019 la popolazione italiana sarebbe diminuita di oltre 800 mila unità. Lo spopolamento in Italia è quindi un dato di fatto.
Sono dati impietosi, che hanno a che fare con l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione delle nascite, come abbiamo spiegato qui. Sono dati che per il 2020 saranno ancora peggiori, perché il Covid purtroppo ha fatto schizzare in alto la mortalità.
I dati non riguardano tutto il paese allo stesso modo: la popolazione cresce al Nord e al Centro e cala al Sud e nelle isole; inoltre cresce nei centri urbani e lungo le aree costiere e diminuisce nei paesi e nelle aree interne.
L’Istat ha pubblicato i primi dati relativi al 2018 e 2019 sulla popolazione italiana e c’è un interessante focus sui piccoli Borghi più belli d’Italia.
Le tendenze demografiche che li riguardano si accentuano ancora di più nelle aree interne del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e sono interessanti per comprendere meglio il più ampio fenomeno dello spopolamento che, da qualche decennio, hanno “desertificato” intere comunità.
Nel nostro territorio ci sono comuni in spopolamento costante dal 1951 al 2019 e, se consideriamo il travaso all’interno degli stessi comuni che comprendono aree costiere o zone pianeggianti, possiamo parlare della quasi totalità degli 80 municipi compresi nel perimetro del Parco.
Ci sono pochi comuni in crescita costante dal 1951 al 2019 e sono quelli più grandi che hanno cannibalizzato intere aree.
Qualche dato più approfondito lo abbiamo, dicevamo, grazie al focus Istat sui borghi più belli d’Italia. Che sono 307, quindi non certo tutti i piccoli comuni del nostro paese, però hanno in tutto una popolazione di 1,3 milioni di persone, sono presenti in tutte le 20 regioni, e sono un interessante osservatorio per le dinamiche demografiche che si riscontrano nei comuni più piccoli e spesso collocati in aree interne, e dunque per approfondire lo spopolamento in Italia.
La contabilità sarebbe ancora più devastante senza l’arrivo delle persone straniere che, per motivo di lavoro (badanti), si sono trasferite in nei comuni ad alta densità di persone ultra ottantenni per garantire quell’assistenza che i Piani di zona non sono in grado di organizzare.
La componente straniera rappresenta attualmente il 7% della popolazione dei 307 borghi più belli d’Italia, un dato che nel 2001 era del 2,2%. Si tratta inoltre di una componente giovane e con un tasso di fecondità più elevato di quella italiana, che ha quindi contribuito al rallentamento dello spopolamento.
Ci sono quindi le basi per un rafforzamento di questo recupero demografico nei prossimi anni. Inoltre, si tratta di borghi con potenzialità turistiche notevoli e quindi contesti potenzialmente dinamici, se alla nuova vitalità data dalle persone immigrate si riesce ad unire uno sviluppo turistico ed economico capace di attrarre anche altri abitanti, soprattutto giovani.
La situazione accomuna le decine di piccoli comuni delle nostre aree interne se solo chi dovrebbe farlo, prendesse in carico il problema come prioritario per la stessa esistenza in vita di quelle comunità!
I segnali di fumo lanciati recentemente in varie direzioni come la “concessione delle case a 1 euro, o comunque a prezzi simbolici, la realizzazione dell’infrastruttura digitale per garantire una connessione internet veloce e la ristrutturazione di centinaia di edifici pubblici e privati destinati solo a fare coreografia, sono dei palliativi per dare “lavoro” a breve termine ma non ha costruire un futuro fatto di vita vissuta …
“Solo” La pandemia dovuta al Covid19, unita alla crisi ecologica, potrebbe tradursi da disastro epocale a fattore favorevole a una rinascita di uno stile di vita che si può ritrovare in questi borghi. e, tuttavia, queste motivazioni più contingenti, non bastano se non sono supportate da chiari investimenti politici ed economici.
Bisogna, però, stare attenti a non ripetere gli errori fatti nel mettere in atto l’ultima iniziativa significativa degli ultimi anni per contrastare lo spopolamento in Italia è stata la cosiddetta Snai (Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne) avviata nel 2012. A proporla fu l’allora Ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca. Furono investiti oltre 550 milioni di euro (di cui 440 provenienti da fondi europei) sono stati destinati a progetti di sviluppo locale in 72 aree di intervento, per un totale di mille comuni e due milioni di persone coinvolte.
Anche in quel caso, nel nostro territorio, si è preferito spendere le risorse in modo “semplicistico” finanziando in buona parte eventi, manifestazioni, concorsi e “ancora” ristrutturazioni di immobili destinati a rimanere vuoti. Poco è stato fatto in funzione degli obiettivi strategici posti alla base di quell’investimento.
Se non ci rende conto che solo partendo da quello che finora è stato in grado di trattenere in loco i pochi giovani (agricoltura di qualità allevamenti) e farne arrivare più di quelli che se ne sono andati (immigrazione controllata in grado di garantire la tenuta del sistema scolastico), allora non ci sarà investimento in grado di garantire l’agognata inversione diella tendenza demografica negativa.
C’è poi da considerare come prioritario la presa in carico da parte dell’unico ente territoriale che può coordinare il recupero del patrimonio abitativo “decadente” con la sua ristrutturazione e immissione sul mercato in base alle tipologie.
Si tratterebbe aiutare la costituzione di un soggetto privato a capitale diffuso suddiviso tra i soggetti che ancora sono attivi in queste aree: aziende legate alle ristrutturazioni per edilizia, alla commercializzazione immobiliare e turistica.
Sarebbe un’iniziativa strategica per contrastare attivamente il fenomeno e portare un beneficio non solo ai comuni coinvolti, ma a tutta l’area compresa nel perimetro del parco.
Ricordo un altro progetto messo in campo dal Parco Nazionale del Cilento Vallo di diano e Alburni alla fine del 2° millennio: “L’ospitalità da favola” al quale aderirono oltre 500 privati cittadini possessori di case. Il progetto ebbe anche un finanziamento da parte della Regione Campania grazie a fondi Europei, ma si impantanò nelle “sabbi mobili” della burocrazia …
Eppure “L’ospitalità da favola “aveva in sé l’idea vincente per avviare il processo virtuoso di inversione della tendenza!
Bartolo Scandizzo