“Spezziamo la violenza. Giovani, in dialogo per risolvere i conflitti”
La guerra in Ucraina e quella in Sudan, i conflitti nella Repubblica Democratica del Congo e in Myanmar, la guerra tra Israele e Palestina, la prolungata crisi ambientale della Somalia, la crisi umanitaria in Afghanistan, la crisi conseguenza dei terremoti che hanno colpito la provincia di Herat. Queste e tante altre diffuse violenze di ogni tipo si rappresentano scenari disumani e preoccupanti. Caritas e MIM si adoperano nel sensibilizzare i giovani contro violenza e conflitti. Oggetto del Concorso è una riflessione o un racconto circa esperienze in cui i giovani si sono schierati contro le logiche della violenza e dello scontro. Lo scopo del bando è quello di valorizzare anche la narrazione di divergenze e conflitti che non vanno negati o dissimulati, come spesso siamo tentati di fare, ma vanno gestiti, per non rimanere bloccati al loro interno e trasformati in opportunità per aprire nuovi processi. Abitare i conflitti significa imparare a convivere con difficoltà, con situazioni che non corrispondono ai nostri gusti, ai nostri piaceri, a quello che vorremmo.
Caritas e MIM si adoperano nel sensibilizzare i giovani contro violenza e conflitti e individuano il dialogo quale medicina a ogni male. Si tratta di un concorso nazionale indetto dalla Caritas italiana, in collaborazione col MIM e destinato agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado. Tanti sono oggi i Paesi in gravi difficoltà. La guerra in Ucraina e quella in Sudan, i conflitti nella Repubblica Democratica del Congo e in Myanmar, la guerra tra Israele e Palestina, la prolungata crisi ambientale della Somalia, la crisi umanitaria in Afghanistan, la crisi conseguenza dei terremoti che hanno colpito la provincia di Herat. Queste e tante altre diffuse violenze di ogni tipo si rappresentano scenari disumani e preoccupanti. Il concorso “Spezziamo la violenza. Giovani, in dialogo per risolvere i conflitti” chiede di rappresentare con una riflessione o un racconto esperienze di schieramento giovanile contro le logiche della violenza e dello scontro. “Scopo del Bando è quello di valorizzare anche la narrazione di divergenze e conflitti che non vanno negati o dissimulati, come spesso siamo tentati di fare, ma vanno gestiti, per non rimanere bloccati al loro interno e trasformati in opportunità per aprire nuovi processi. Abitare i conflitti significa imparare a convivere con difficoltà, con situazioni che non corrispondono ai nostri gusti, ai nostri piaceri, a quello che vorremmo. Il tema degli elaborati deve prendere le mosse da una conoscenza complessiva del contesto attuale e proporre ipotesi, storie ed esperienze di protagonismo e di creatività dei giovani, che scelgono di agire contro corrente, anche in ambiti e contesti inediti, sperimentando nuove vie e nuovi strumenti e gridare il loro NO alla violenza, sotto qualunque forma”. La Repubblica, guardando le conflittualità del mondo, fornisce dati, record di domande di asilo, il Mid-Year Trends Report. “Secondo il rapporto dell’UNHCR, alla fine di giugno nel mondo si potevano contare 110 milioni di persone costrette a sfollare, 1,6 milioni in più rispetto alla fine del 2022. Oltre la metà di coloro che sono costretti a scappare non attraversano mai un confine internazionale. Nei tre mesi che vanno da giugno a fine settembre, l’Alto Commissariato ritiene che il numero degli sfollati forzati sia cresciuto di 4 milioni, portando il totale a 114 milioni. I Paesi a basso e medio reddito hanno ospitato il 75 per cento dei rifugiati e di altre persone bisognose di protezione internazionale. A livello globale, nei primi sei mesi del 2023 sono state presentate 1,6 milioni di nuove domande di asilo individuali, il numero più alto mai segnalato. Sono stati registrati poco più di 404 mila ritorni a casa di rifugiati, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2022, sebbene molti non fossero in condizioni di sicurezza. Quasi 2,7 milioni di sfollati interni sono tornati a casa nello stesso periodo, più del doppio dei rimpatri registrati nella prima metà del 2022. È aumentato anche il numero di rifugiati reinsediati, ovvero trasferiti in paesi terzi sicuri. Il Mid-Year Trends Report. È un rapporto stilato dall’UNHCR che viene lanciato in vista del secondo Global Refugee Forum, il più grande raduno mondiale sui rifugiati e sugli sfollati, che si terrà a Ginevra dal 13 al 15 dicembre. Governi, rifugiati, autorità locali, organizzazioni internazionali, società civile e settore privato si incontreranno per migliorare forzare la risposta globale alla crisi dei rifugiati e cercare soluzioni ai livelli record di sfollamenti che si stanno verificando nel mondo”. In aumento i conflitti sul nostro pianeta aumentano gli sfollati, tantissimi profughi non varcano i confini nazionali. La scuola è vigile a questo racconto cronachistico quotidiano, vuole sensibilizzare i giovani alla non violenza. Papa Francesco, nel corso della Santa Messa della Notte di Natale, nella Basilica di San Pietro, ha voluto evocare i luoghi di Gesù per trasmettere un importante messaggio: “Il nostro cuore stasera è a Betlemme, dove ancora il Principe della pace viene rifiutato dalla logica perdente della guerra, con il ruggire delle armi che anche oggi gli impedisce di trovare alloggio nel mondo”. Dobbiamo convertirci alla pace ha detto il Cardinale Matteo Zuppi durante la messa episcopale che è stata celebrata nel pomeriggio del 25 dicembre nella cattedrale di San Pietro: “Natale è luce nella notte profondissima e drammatica di questo mondo. E’ vita vera, non consumo, esibizione o vitalismo. Le ombre della morte entrano anche nell’animo delle persone, le confondono, riempiono di paura e di rabbia fino a rendere il nostro prossimo estraneo o nemico. Il nostro è un mondo in guerra, che fabbrica armi e non le distrugge e così si riarma anziché disarmarsi. Distrugge la vita e le case rinunciando ad esercitare la via del dialogo e della giustizia. Ci sono davvero pochi messaggeri di pace perché il nostro mondo giudica come una sconfitta il dialogo e preferisce coltivare la forza distruttiva delle armi”. Re Carlo III, dall’Inghilterra, da Buckingham Palace, nel suo discorso natalizio ha sottolineato l’importanza di sostenerci vicendevolmente: “Nel mondo conflitti sempre più tragici, fare di tutto per proteggerci a vicenda”. Ha poi aggiunto: “Il mio cuore e i miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che si servono l’un l’altro, a tutti coloro che si prendono cura della nostra casa comune e a tutti coloro che vedono e cercano il bene degli altri, non ultimo l’amico che ancora non conosciamo”. Ha poi elogiato in questo Natale la “crescita di consapevolezza di come dobbiamo proteggere la nostra Terra”. Insomma, è tempo che la nuova generazione assuma consapevolezza del drammatico disagio umano. La scuola, col far suo, intende praticare un’azione preziosa per sensibilizzare i giovani contro la violenza e i conflitti. “Spezziamo la violenza. Giovani, in dialogo per risolvere i conflitti” è una delle tante proposte che il MIM destina a tutti gli studenti della scuola italiana. “Assistiamo a continui fenomeni di violenza, spesso pervasiva, verbale e fisica, mediatica e social, soprattutto contro soggetti più deboli. Si diffonde tra singole persone, nelle famiglie, a scuola, nelle comunità, tra interi Paesi, che non sanno risolvere i conflitti in altro modo… Cosa vuol dire la parola pace? Significa solamente assenza di guerra? Può essere raggiunta solo dopo scontri violenti, oppure anche grazie ad approcci nonviolenti? Siamo e saremo “inevitabilmente” incapaci di risolvere i vari conflitti che ogni giorno, in ogni luogo, “inevitabilmente” insorgono? Sì, perché i problemi e i conflitti ci sono, in ogni caso; il problema è come gestirli, affrontarli, siano essi grandi o piccoli. Vi sono dei paletti, dei limiti, fissati per legge, da norme, o semplicemente dal buon senso che regolano i rapporti tra le persone, tra le comunità, anche rispetto all’ambiente che ci circonda: conoscere tali regole, approfondirle, osservarle, rispettarle, capirne – appunto – il senso, è un primo passo verso la reciproca tolleranza, o verso il rispetto delle posizioni altrui. Ma questo è solo un primo passo. Occorre approfondire anche le cause dei conflitti, le correlazioni con altri aspetti, atteggiamenti, fenomeni; quello che appare, i comportamenti, le parole che si pronunciano o si scrivono, sono spesso anche il frutto di un contesto di vita: ambiente, famiglia, comunità, quartiere, spesso difficile e problematico. Per spezzare la violenza occorre fare molti “passi indietro”, nella storia, nella società, nella geografia, e altrettanti “passi avanti”, verso nuove strade, nuovi approcci. Sono tutti elementi che aiutano ad andare oltre la superficie, ad approfondire, a capire. Vi sono poi altri elementi da considerare, in particolare l’importanza dell’ascolto, della mediazione e del dialogo per spezzare le logiche della violenza. Nel contesto contemporaneo, anche nella nostra società, nelle nostre classi, pare molto difficile darsi tempi e modi per ascoltare in profondità le altre persone. Il dialogo parte dall’ascolto, senza il quale siamo solo capaci di lanciare messaggi spesso superficiali o aggressivi, anche sui social, senza curarci delle loro conseguenze. La cura, l’attenzione, l’assumere il punto di vista dell’altro, è un passaggio fondamentale, troppo spesso sconosciuto o non adeguatamente praticato. Si potrebbe dire che la pace è fondata sulla giustizia, ma anche questo è solo un punto. Poi ve ne sono molti altri, che occorre approfondire. Un punto di partenza è il proprio senso di responsabilità, attiva, creativa. E poi un cuore aperto alla solidarietà che sappia trasformare le ferite in feritoie per intravvedere una speranza di riconciliazione e di pace”.
elgr