di moncil
Le trivelle non le vogliamo perché spaventano i pesci, le pale eoliche le rifiutiamo perché deturpano il paesaggio, le centrali solari le bistrattiamo perché occupano suolo destinato all’agricoltura, gli impianti termovalorizzazioni li combattiamo perché producono polveri sottili, le antenne che trasmettono i segnali TV e telefonici le vorremmo abbattere per evitare l’inquinamento magnetico, le centrali idroelettriche non vanno bene perché le acque dei fiumi sono intoccabili, le centrali a biogas e biomasse non si devono fare perché “non si sa cosa ci buttano dentro” …
Insomma, siamo voraci di energia ma non sappiamo bene dove prenderla e come produrla tranne il consolidato legato alle centrali che funzionano con idrocarburi e sono le principali responsabili del riscaldamento del pianeta.
Tutti teniamo alla salute nostra, dei nostri figli e dei nipotini che appena cominciano a camminare e ci inalberiamo quando qualcuno, con lo scopo di produrre l’energia necessaria per garantirci una vita confortevole (il fresco d’estate e il caldo d’inverno), decide di investire risorse proprie attingendo a risorse pubbliche allo scopo destinate, si mette in testa di impiantare una qualsiasi centrale elettrica.
Da un po’ di tempo, lo sport nazionale è quello di sparare a zero contro ogni forma di possibile fonte di “inquinamento” di là da venire, mentre poco si è disposti a concedere attenzione al mondo che ci circonda per evitare che si continui ad inquinare o a tenere atteggiamenti pericolosi per sé e per gli altri.
Ecco alcuni esempi:
- Camminare a piedi o in bicicletta su una strada nei centri abitati o lungo strade diventate vie interne per il 70% sprovviste di marciapiedi, vuol dire assumere rischio mortale molto più concreto di una possibile morte per inquinamento;
- Consentire ai bambini di viaggiare in automobile seduti, da soli o accompagnati, sul sedile di fianco al conducente, è molto più pericoloso che vivere in un territorio servito da un termovalorizzazione che funziona bene come avviene in centinaia di città europee e mondiali;
- Mettere al volante di un trattore o di un auto un minorenne è mille volte più incosciente che respirare l’aria di una vallata dove funziona una centrale idroelettrica;
- Vivere respirando aria e mangiando frutti della terra in una pianura dove vengono usati anticrittogamici non è certo più sicuro di un territorio dove viene impiantata una centrale a biogas o a biomasse;
- Inalare i fumi di un rogo acceso per bruciare plastiche residuali dalle produzioni agricole è certamente più letale che vivere a ridosso di un’antenna che ci consente di essere connessi con il mondo in tempo reale;
- Fare un bagno nei fiumi dove si scaricano le acque provenienti dalle fogne dei paesi che spengono i depuratori per risparmiare sui costi energetici, fa più male alla pelle di chi è esposto alle polveri sottili …
In sostanza, è giusto protestare per evitare di impiantare ogni qualsivoglia tipo di infrastruttura che è pericolosa per la nostra vita, ma è altrettanto importante essere coerenti con tutto ciò che di consolidato esiste intorno a noi al fine di evitare di essere trascinati in un circolo vizioso che lascia sempre l’amaro in bocca.
Siamo tutti ambientalisti “della domenica”, O tutto o niente, ecco la filosofia della protesta populista che, una volta ottenuta la soddisfazione di aver combattuto una battaglia, stremata, si rassegna ad aspettare incoerentemente la successiva senza fare niente per migliorare l’esistente.
Ancora di più, dovrebbero farlo i pubblici amministratori che hanno nelle loro mani il potere di effettuare le scelte a monte, cioè in fase di programmazione, e non a valle scendendo in piazza e mettendosi a capo di una protesta che con un po’ di oculatezza poteva essere evitata.
Ma la coerenza, si sa, non è merce che si acquista al mercato per pochi spiccioli, ma si costruisce con il tempo di una vita. Oggi il mondo ha troppa fretta ed impegnata sull’essere che preoccuparsi del divenire …