Mi trovo a Roma quando mi giunge la notizia della morte di Franco Palumbo. Sono nella capitale per correre per la seconda volta la Roma – Ostia insieme agli amici della Sporting Colore e la notizia spegne in me ogni entusiasmo per un fatto sportivo che pure mi ha sempre affascinato.
Conoscevo Franco da molti anni, con da quando si candidò per la prima volta a sindaco di Giungano. L’uomo non si è mai separato dal ruolo pubblico che ha ricoperto sia come servitore dello stato sia come sindaco.
La parlata era affabile condita dal sorriso che si apriva sulla sua faccia tonda segnata dal vezzo del baffo che ne sottolineava in rossore che gli si accendeva quando era preso dalla discussione.
I gesti erano misurati, ma aperti, dell’uomo che voleva stabilire rapporti empatici con l’interlocutore anche, a volte, andando oltre la naturale volontà di piacere.
L’ultima esperienza amministrativa lo ha segnato sia come uomo che come politico nel bene e nel male.
Nel bene perché gli è riuscita un’impresa da molti considerata impossibile, nel male perché l’impegno profuso ha probabilmente influito sulle sue condizioni di salute.
Franco Palumbo rimarrà nella storia di Giungano e, soprattutto, in quella di Capaccio Paestum perché è riuscito dove nessun altro ha osato “osare”: scalare da straniero la poltrona più alta di palazzo della città dei templi.
Già 5 anni prima ci aveva pensato, ma rinunciò per dare ascolto a chi riteneva impossibile che i Capaccesi potessero affidare il loro storia comune ad uno “straniero”.
Nel 2017, invece ha gettato il cuore oltre la siepe ed ha scavalcato tutti i dubbi. A dargli una mano la divisione in mille rivoli deglutire eredi di Italo Voza e lui seppe incunearsi nelle contraddizioni della politica capaccese intuendo la stanchezza dei cittadini per i “riti” dei protagonisti della vita politica e amministrativa.
Palumbo, al di là degli errori di gestione del gruppo eterogeneo che aveva assemblato, aveva un’idea di futuro e aveva immaginato soluzioni possibili agli annosi problemi lasciati incancrenire dai suoi predecessori.
Chi verrà dopo di lui dovrà sapere fare di meglio per reggere il confronto e non basterà certo l’appello alla capaccesità che pare sia l’argomento principe di tutti si candidati alla successione.
La sua morte toglierà molti argomenti scontati ai candidati che dovranno guardare avanti più che nello specchietto retrovisore.
Dopo il malore che lo colpì alla vigilia di Natale del 2017, nonostante le rassicurazioni sue e del suo staff, Franco non è stato più lo stesso. Dopo la sua morte la politica capaccese, in ogni caso dovrà confrontarsi con le sue idee di sviluppo della città e dimostrare di saper fare meglio …