di Giuseppe Casale, vescovo di Vallo della Lucania.
Il presule vuole porre l’accento su cosa stiano facendo in questo momento il Governo e la conferenza dei vescovi italiani sull’emergenza umanitaria dei profughi. Un problema che, se da una parte sembra sparito dai tg, dall’altra interroga tutti, credenti e non su come il Paese stia affrontando la problematica di chi scappa dalla propria terra per sopravvivere. Un appello che non puo’ trovare distratti i cristiani, e le sue parole non sono certo carezze per chi guida la nazione.
“No, non è vero che noi italiani siamo i più razzisti d’Europa, come titola Repubblica di domenica 14 giugno, in quarta pagina. In realtà, l’articolo di Chiara Saraceno è molto più oggettivo e sereno e contestualizza le emozioni raccolte da un istituto americano, il Pew, in una drammatica situazione che l’Italia sta vivendo. Le migliaia di profughi che approdano avventurosamente sulle nostre coste pongono gravi e delicati problemi a quanti hanno il compito di regolare un afflusso, che pure era stato previsto e che imponeva non una disordinata rincorsa tra le varie istituzioni politiche e civili, ma un razionale progetto di ripartizione di quanti giungono in Italia e chiedono asilo. Possiamo anche lamentarci per la grettezza dell’Europa e per i respingimenti in atto. Ma prima di fare la voce grossa con gli altri, mettiamo ordine in casa nostra. Non si può continuare ad accogliere migliaia di persone e a lasciarle in campi che somigliano a veri lager oppure a farli morire di fame e di sete sui piazzali delle nostre stazioni. Quello che è avvenuto a Roma e a Milano è segno della nostra incapacità a superare i meschini calcoli politici di parte e a guardare ai bisogni di persone che vengono in cerca di libertà, di lavoro e di pane. Questo lo hanno capito per primi quei cittadini che a Ventimiglia, a Milano e a Roma sono accorsi in aiuto dei migranti rimasti abbandonati a se stessi. Non possiamo continuare a lanciare proclami, ad esprimere insoddisfazioni, a condannare l’Europa, quando noi non elaboriamo un piano ordinato e attento di accoglienza e prima sistemazione di quanti chiedono soltanto un pò di pace e la serenità.
Questo discorso vale anche per la Chiesa, che in questa vicenda ha avuto una voce un pò debole e ha affidato i vari interventi allaCaritas. Ma la Caritas da sola non può far fronte ad un evento epocale, c’è bisogno che tutte le comunità cristiane intervengano in questo dramma che è dramma di un’umanità oppressa e violentata. Non possiamo aspettare che il mitico convegno di Firenze ci indichi le vie del nuovo umanesimo. C’è un’umanità che soffre e implora di essere aiutata oggi da tutti i cristiani. Non da uffici che procedono burocraticamente, ma da comunità di credenti che si fanno carico dei problemi e delle sofferenze degli altri e li rendono partecipi della loro vita. Bisogna proporre alle autorità civili un tavolo permanente di collaborazione per poter prevenire e intervenire al momento opportuno per la collocazione ordinata di tanti fratelli e sorelle che chiedono soccorso. I centri di accoglienza e i campi Rom debbono sparire, non abbattuti dalle ruspe ma svuotati da una intelligente opera di sistemazione dei profughi in case private, in gruppi disposti ad offrire accoglienza, in zone ormai spopolate dove esistono case vuote e necessità di lavoro, specie in agricoltura. La Chiesa non può limitarsi a flebili voci di condanna, ma deve alzare forte la voce soprattutto per richiamare tutti i cristiani al loro compito di servire l’uomo nella sua realtà concreta di fame e di bisogno. Non possiamo limitarci burocraticamente a raccogliere le indicazioni degli uffici e a collocare i profughi in località isolate senza consentir loro di entrare in relazione con la gente e senza aiutarli in una difficile ma necessaria opera di integrazione.
Il problema si fa più grave giorno per giorno. E’ urgente por mano a un programma di interventi immediati per soccorrere quanti chiedono aiuto, lasciando ai politici le risposte a medio e lungo termine che implicano il superamento di pregiudizi, di veti, di interessi particolaristici e di annose divisioni tra i popoli. Come italiano e come vescovo della Chiesa Cattolica rivolgo il mio invito a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà.