di Lucio Capo
Quando il Duce spronava i suoi ad investire nell’antico e nell’ospitalità
Fin dal 1929 insieme alla Bonifica, Paestum vede un fiorire d’attività di scavo e di restauro. Nel 1931, financo il Duce, invitava i villici e gli indigeni ad investire in archeologia e turismo, per “Offrire al mondo panorami incantevoli e città dissepolte, che non hanno uguali sulla faccia della terra”. Ma si sa nessuno è profeta in Patria, foss’anche un Dittatore. A Paestum, dopo un secolo, per tutto quanto riguarda archeologia e turismo, siamo ancora all’anno zero. Paestum muore se non si da slancio all’archeologia e al turismo. Per ottemperare alla bisogna si deve bonificare la Torre, scavare l’Anfiteatro Romano, espropriare i 100 ettari di terra privata all’interno della Città Antica, rilanciare una grande campagna di scavi archeologici, attivare i parcheggi fuori le Mura Antiche, risistemare la Cirio, trasferire il Museo Archeologico Nazionale nel Tabacchificio del Cafasso, ripristinare i ponti antichi e l’antico fossato che circondava la Cinta Muraria eliminando la strada asfaltata che la cinge, ed, abbattere la spazzatura edilizia abusiva che insozza la 220. Il turismo e l’archeologia a Paestum, invece, vivono nella nuova inconsapevolezza, si ammantano di novella improvvisazione e si accontentano di una valorizzazione episodica. Per rivitalizzare l’Area Archeologica non basta calpestare il Sacro Suolo della Cella del Nettuno, rimuovendo con cipiglio un tabù secolare, ne, trasformare la Città Antica in “fashion location” per congiunzioni nuziali, sotto l’ala protettrice di aquile reali a guardia d’eruttanti zampilli, all’ombra di prospettici timpani post-moderni a segnare ingressi neoclassici, che conducono a saloni marmorei sotterranei, addobbati per luculliani banchetti cerimoniali…E che nessuno si azzardi a ricordare al padre della sposa che il vino è finito, perché sarà pure prosciugato il portafogli, ma il vino può e deve scorrere a fiume. L’interesse archeologico e turistico alligna a Paestum fin dal 1926, quando ad opera della Bonifica si realizzarono strade e scuole. Ingenti finanziamenti furono investiti in archeologia e nel turismo a Paestum, fin dal 1928. In quell’anno nacque la “Commissione per lo sviluppo del turismo”, nello stesso periodo il Demanio dello Stato acquisiva dal Cav. Salati una delle torri della cinta muraria, per destinarla all’ospitalità dei turisti-viaggiatori. E’ in questi anni che vengono espropriati 25 ettari di terreno tra il Nettuno e l’Heraion, lungo la strada borbonica che taglia in due la Città Antica, una vergogna che perdura da 200 anni. Se non fosse stato per il Cav. Benito Mussolini, oggi nessuno potrebbe vantarsi dei tre Templi di Paestum. Quando c’era LUI, non solo i treni arrivavano in orario, ma si facevano, senza tanti fronzoli, espropri e scavi. Bisogna sempre rimpiangere il passato e proiettarsi nel futuro, visto il vacuo presente che stiamo vivendo. Nel 1929 incominciarono, ad Est di Porta Aurea, i lavori sulle mura antiche, furono fatti espropri, abbattute strutture abusive e costruita la strada asfaltata che come un cappio soffoca Paestum. Una irrefrenabile attività di scavo e di sterro di migliaia di metri cubi di terreno e rimozione di decine di blocchi di travertino, utilizzati per ricostruire sommariamente interi tratti di Cinta Muraria. Opere di sbancamento, sterro e scavo, che dovevano esaltare le grandi architetture antiche, come solitarie escrescenze calate in immensi spazi, con lo scopo di provocare ammirazione e timore. L’infelicità e la solitudine delle grandi Strutture Templari orfani della propria Città, è pari solo alla scelta scellerata di costruire un anello d’asfalto che corre tutto intorno alla Città Antica, trasformata nella più grande rotatoria d’Italia. Un primato che mortifica la più Bella Città della Magna-Grecia. Questa strada costruita a ridosso delle Mura Antiche, non consente d’apprezzare la maestosità e la magnificenza della perfezione dell’incastro a raso dei blocchi originari. La strada copre inoltre l’antico fossato, checché ne dicano gli scienziati archeologi contemporanei. A proposito del fossato perduto di Paestum, alcuni anni fa ebbe luogo una nota disputa, tra cittadini informati e sapienti, e, inconsapevoli impiegati pubblici, che ne misconoscevano l’esistenza. Ci volle un articolo della gloriosa “UNITA’” fondata da Gramsci e non quella etero diretta da Renzi, a chiarire la “Quistione” e ripristinare la verità storica… il fossato c’era! Il fossato correva lungo la cinta muraria ed è stato obliterato sia dalla vecchia strada fascista che dalla nuova strada repubblicana. Stessa sorte ha subito il Ponte Romano a Nord di Porta Aurea. L’anello d’asfalto, che cince in un abbraccio mortale i 120 ettari della Città Antica, ferma la sua corsa in un noto ristorante stellato. Costruito in epoca fascista a ridosso di Porta Giustizia, utilizzando un vecchio casale al quale fu aggiunta una nuova ala a tre arcate con vista sulla Basilica e il Tempio di Nettuno, tutto costruito con blocchi di crollo della Porta Antica. Dalle vetrate del ristorante è possibile ammirare le possenti colonne greche dei due Templi del Santuario Meridionale, mentre si addenta una succulenta “Zizzona di Battipaglia” o si succhia un tenero e carnoso cuore di Carciofo IGP di Paestum. Tutto è più godurioso ed eccitante se, mentre ci si riempie la bocca di succose leccornie del Piana del Sele, puoi ammirare la potenza del colonnato eretto 25 secolo or sono. Affacciati agli archi di vetro…si gode! Ci si crogiola al tepore del sole ambrato del tramonto, mentre l’astro infuocato s’inabissa ad incendiare il pelago all’orizzonte, e, rimanere lì a sognare pantagruelici momenti d’estasi, circondati dalla STORIA. Ma è tutta un’altra storia che racconteremo più in là.