Scuola: diversità, inclusione e rete di servizi
“L’inclusione reale dell’alunno disabile si gioca nella collaborazione tra tutti i docenti della scuola e, tra questi, con la famiglia e la rete dei servizi sociali e sanitari del territorio, nella costruzione comune di un progetto formativo che inizi nella scuola, ma vada oltre la scuola, verso la possibile autonomia della persona con disabilità”.
È data opportunità, nella scuola italiana, a tutti gli alunni, a prescindere dalle loro eventuali diversità funzionali, di partecipare esperienze di crescita individuale e sociale. L’azione della integrazione scolastica degli alunni disabili è un punto di forza della nostra scuola. La scuola dell’autonomia persegue tale obiettivo, a mezzo una progettualità intensa e articolata. “Il MIM mette in atto varie misure di accompagnamento per favorire l’integrazione: docenti di sostegno, finanziamento di progetti e attività per l’integrazione, iniziative di formazione del personale docente di sostegno e curriculare, nonché del personale amministrativo, tecnico e ausiliare”. Favorisce il processo di integrazione dell’alunno disabile il docente di sostegno, ovvero l’insegnante specializzato assegnato alla classe dell’alunno. In buona sostanza il docente di sostegno è una vera e propria risorsa professionale per tutta la classe, con opportune competenze per soddisfare le istanze educative che il contesto comporta. Le modalità operative di questa risorsa finalizzata all’opera d’integrazione vengono definite nel Piano Educativo Individualizzato (PEI) e condivise con tutti gli attori dell’azione educativa. Il PEI descrive annualmente gli interventi educativi e didattici destinati all’alunno, definendo obiettivi, metodi e criteri di valutazione. È parte integrante della programmazione educativo-didattica di classe. Tutti i docenti sono didatticamente responsabili di tutti gli alunni della classe, con e senza disabilità. “Ogni insegnante dovrà contribuire alla programmazione e al conseguimento degli obiettivi prefissati, didattici e/o educativi, e sarà chiamato di conseguenza a valutare i risultati del suo insegnamento. Poiché l’alunno con disabilità segue dei percorsi di apprendimento personalizzati e/o individualizzati, i reali compiti del docente di classe vanno necessariamente definiti nel quadro di un Piano Educativo Individualizzato. La precisa formulazione degli obiettivi da parte di ciascun insegnante garantisce la chiara definizione delle attività anche per l’alunno con disabilità e nei confronti della famiglia e degli altri soggetti coinvolti in eventuali forme di supporto logistico/organizzativo”. Il Dirigente scolastico risponde dell’organizzazione dell’integrazione degli alunni disabili e della vigilanza sull’attuazione di quanto deciso nel PEI. Nei fatti il dirigente scolastico assegna i disabili alle classi, definisce l’orario, pianifica incontri e progettazione, gestisce la documentazione formale e coordina le azioni didattiche di più soggetti. “Il dirigente scolastico ha inoltre il compito di promuovere e incentivare attività diffuse di aggiornamento e di formazione, di valorizzare progetti che attivino strategie orientate a potenziare il processo di inclusione, di presiedere il GLH d’istituto, di indirizzare in senso inclusivo l’operato dei singoli Consigli di classe/interclasse, di coinvolgere attivamente le famiglie, di curare il raccordo con le diverse realtà territoriali, di attivare specifiche azioni di orientamento per assicurare continuità nella presa in carico del soggetto, di intraprendere le iniziative necessarie per individuare e rimuovere eventuali barriere architettoniche”. La Società Italiana di Pedagogia nel Documento “Ripensare la scuola nella società di oggi. Punti salienti per una vision innovativa, concreta e lungimirante” in tal modo riserva attenzione al tema: “Diversità, inclusione e rete di servizi”: “Una scuola che accoglie tutti è quella presente in Italia da oltre trent’anni (L.517/77). Possiamo essere orgogliosi di come il nostro Paese ha organizzato l’inclusione scolastica raccordandola a quella sociale, attraverso il “Progetto di vita” e i “Progetti per l’autonomia”. L’inclusione concerne tutte le differenze culturali, sociali, linguistiche (ivi incluse quelle derivanti da particolari condizioni sensoriali), razziali, di genere, mentali e fisiche; richiede un’azione di sistema, una buona prassi intesa come azione politica, che possa cambiare l’organizzazione del contesto, legata al tema dell’equità delle opportunità e dell’esigibilità dei diritti umani, in una prospettiva non omologante, ma di cittadinanza per tutte le diversità umane. Oggi, in Italia, lo scenario dell’inclusione si presenta più ampio e articolato perché deve affrontare nuove sfide: migrazione e disabilità; giovani traumatizzati; pluridisabilità derivanti da elevata prematurità ecc., di fronte alle quali gli insegnanti necessitano di affinare e di articolare la propria formazione, sia iniziale che in servizio. Va sottolineato l’impegno dei docenti universitari di Scienze della Formazione nell’attivare i Master finanziati dal MIUR in quest’area, riguardo a DSA, autismo, ecc. C’è la necessità di insegnanti promotori/sostenitori di una cultura dell’inclusione, fiduciosa della possibilità di “educabilità” e di apprendimento di tutti, mediante una significativa, sistematica e intenzionale riconfigurazione dei contesti, capace di fronteggiare e accogliere una realtà complessa, cui rispondere in modo pedagogicamente positivo e propositivo, con competenze articolate e diffuse, da acquisire in percorsi di specializzazione di alto livello formativo. La didattica inclusiva si presenta come la dimensione di base su cui si fondano l’attività formativa e la didattica generale, che si realizzano a scuola come spazio di co-evoluzione, fruttuoso per lo sviluppo umano. L’inclusione reale dell’alunno disabile si gioca poi nella collaborazione tra tutti i docenti della scuola e, tra questi, con la famiglia e la rete dei servizi sociali e sanitari del territorio, nella costruzione comune di un progetto formativo che inizi nella scuola, ma vada oltre la scuola, verso la possibile autonomia della persona con disabilità”. “Gli anni ’70 sono anni cruciali per il tema dell’inclusione a scuola. Così scrive la psicologa Annabel Sarpato sulla sua pagina online. Nel 1971, la legge 118 disponeva che l’istruzione dell’obbligo doveva avvenire nelle classi normali della scuola pubblica. Vengono, quindi, abolite le classi speciali, se non per casi di bimbi con disabilità particolarmente gravi. Il 1977, inoltre, è stato un altro anno di grande svolta, con l’introduzione della figura dell’insegnante di sostegno all’interno del sistema scolastico italiano. Oggigiorno, la principale fonte normativa che riconosce i diritti alle persone con disabilità è la legge 104 del 5 febbraio del 1992. Si tratta della legge quadro per l’assistenza, l’integrazione scolastica e i diritti delle persone con disabilità. Con questa normativa, alla scuola viene riconosciuta la responsabilità di individuare le potenzialità di ciascun bimbo e di favorirne lo sviluppo, anche quando queste possono apparire limitate. La scuola deve, quindi, prevenire e combattere l’emarginazione, lavorando per l’inserimento in società di tutti gli individui. Si passa, così, pian piano, dal concetto di integrazione a quello di inclusione. Non è una rincorsa del piccolo ad adeguarsi alla vita scolastica della classe, ma una strutturazione di contesti educativi adeguati a ciascun bimbo”. La scuola italiana, precisa il MIM in “Progettare l’inclusione. Percorsi e modelli” è una comunità accogliente nella quale tutti, a prescindere dalle condizioni personali, trovano opportunità per realizzare esperienze di crescita. Una intensa e articolata progettualità accompagna l’inclusione degli alunni con disabilità. Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) promuove l’inclusione degli studenti con disabilità e garantisce a ciascuno tutto il necessario per partecipare appieno alla vita scolastica e realizzare il suo potenziale. Il Decreto interministeriale 182 del 2020 definisce il modello unico per il PEI, le linee guida e l’assegnazione delle misure di sostegno. Il Decreto ministeriale 153 del 2023 modifica il lavoro del Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO), le azioni, i modelli, le linee guida. Il ministro Giuseppe Valditara ha espressamente dichiarato il suo desiderio di riformare l’ambito del sostegno per potenziare l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. I problemi più urgenti da risolvere, secondo Valditara, riguardano la continuità didattica, la carenza di insegnanti specializzati e la natura stessa della formazione specifica necessaria. “Dobbiamo concentrarci su tre problemi: il primo è quello della discontinuità del rapporto tra alunno e insegnante di sostegno, a causa dei troppi cambi di insegnante che avvengono durante il ciclo scolastico; il secondo è quello dell’insufficienza numerica dei docenti di sostegno; il terzo è quello della loro disomogenea, e tuttora scarsa, formazione specializzata. Grazie ai fondi previsti per l’edilizia scolastica, provvederemo, infine, alla rimozione di tutte le barriere architettoniche nelle scuole italiane”. (elgr)