Per chi come me ha vissuto 42 nella scuola, non è facile parlarne oggi a cuor leggero anche se da pensionato.
Per chi come me ha lottato per altrettanti anni per immaginare quotidianamente strategie che la rendessero sempre all’altezza dei tempi in cui agiva, è difficile dare consigli ai colleghi che hanno affrontato e ancora sono alla ricerca di nuove metodi per rendere efficace il loro lavoro.
Per chi come me non ha mai smesso di ricercare la “complicità” dei genitori per estendere anche a casa le ricadute dell’azione educativa della scuola, è un complesso intervenire su come rendere effettivamente concorrente all’opera educativa rivolta alle giovani generazioni l’apporto richiesto alla famiglia per chiudere il cerchio della formazione.
Da tre anni sono un insegnante pensionato, per cui mi è difficile entrare nel merito della quotidianità dell’agire di presidi e docenti, lo è ancora di più a seguito dell’impatto devastante causato dalla chiusura delle scuole a causa del Covid 19, in quanto è una situazione inimmaginabile fin quando non la vivi realmente.
Nonostante ciò, sento forte il dovere di intervenire su alcuni aspetti che erano già ferite aperte prima della pandemia e che ora sono ancora lì in attesa di essere presi in carico da docenti e genitori: la valutazione degli alunni e di conseguenza l’efficacia dell’azione educativa, la valutazione del lavoro dei docenti e il modo di interpretare il ruolo che il sistema loro assegna e i rapporti con le famiglie e con il mondo che dovrebbe essere pronto ad accogliere e rendere protagoniste le giovani generazioni.
Sul 1° punto, la valutazione degli alunni, è evidente che la misurazione oggettiva dei risultati, che prescinda da considerazioni di tipo sociali, economiche, provenienze, è la base su cui costruire percorsi personalizzati ma integrati in un ottica complessiva. “Molte valutazioni e poche bocciature” affermava Don Milani nella sua scuola di Barbiana: non c’era giorno che gli alunni non si vedevano misurati i loro progressi nell’apprendimento! Oggi, con il registro elettronico è molto più semplice testimoniare a studenti e genitori l’andamento dell’apprendimento nelle varie discipline senza dover attendere la fine del “quadrimestre” o “trimestre” per la consegna della “pagella”. Solo la presa di coscienza piena di docenti, genitori e alunni può garantire interventi per aggiustare il tiro, anche se solo di poco, per fare un passo (piccolo o grande) nella direzione giusta.
Relativamente al 2° punto: la valutazione del lavoro dei docenti.
È un tema che ha fatto tremare le gambe a qualsiasi ministro abbia messo all’ordine del giorno la tematica: chi insegna, valuta e giudica quotidianamente di suoi allievi non può astenersi dall’essere valutato e veder misurato il suo operato! L’impossibilità di sviluppare una carriera all’interno della scuola per scalare le posizioni intermedie (che non esistono) al di là della progressione legata agli anni di servizio è inesistente. Gli stessi dirigenti scolastici arrivano al ruolo direttivo, oltre che con il concorso, soprattutto in base all’anzianità di servizio!
Infine il 3° punto: i rapporti con le famiglie.
A metà degli anni ’70 fu approvata una riforma della scuola con l’adozione dei decreti delegati istituirono gli organi collegiali: Consigli di circolo e istituto, Giunta esecutiva, Consigli di classe e il Collegio dei docenti che chiamarono i genitori, il personale ATA e, per le superiori, anche gli studenti a collaborare in diversi settori della vita scolastica.
La “rivoluzione” fu accolta in modo diverso dai partiti a seconda della collocazione più a destra o a sinistra del quadro politico allora dominato dalla Democrazia Cristiana e dal Partito Comunista con in mezzo i Partiti Socialisti e quello Repubblicano.
L’idea posta alla base del progetto era quella di favorire un confronto costruttivo tra tutti i soggetti che concorrono alla formazione delle nuove generazioni oltre al fatto che avvicinare alla partecipazione attiva un alto numero di cittadini avrebbe fatto crescere il senso civico oltre alla possibilità di formare una “riserva” di cittadini che, appassionandosi alla cosa pubblica, avrebbero potuto, come in molti casi è avvenuto, anche favorire il ricambio di amministratori comunali che non provenissero solo dalle fila dei partiti.
Purtroppo, si è trattato di un grande fallimento che ha fatto arretrare invece che avanzare le relazioni tra la società civile e la burocrazia scolastica. I presidi si sono sentiti assediati, i docenti messi costantemente sotto accusa e tutto è scemato in un appesantimento burocratico che ha fatto perdere per strada la sostanza dell’idea che voleva coinvolgere per arricchire e non cooptare per spartire potere che, per la verità, ce ne era ben poco visto che i cordoni della borsa rimasero stretti nelle mani della burocrazia ministeriale che si allungavano nei territori grazie alle sedi dei Provveditorati agli studi.
Oggi è sotto gli occhi di tutti l’importanza del tempo scuola in classe che non può essere surrogato da lezioni a distanza avente come terminale un telefonino! La velocità deve fare spazio allo “spazio” fisico che, quando è sufficientemente strutturato, consente anche di ampliare il tempo scuola e impiegare meglio le competenze dei docenti che possono anche aumentare di numero come si appresta a fare il Governo.
Ed proprio il concedersi più tempo per stare insieme deve servire a valutare meglio, valutare bene e valutare tutti.
Solo così la scuola potrà riconquistare posizioni nella considerazione degli studenti, delle famiglie e, soprattutto, dei docenti che finalmente diventerebbero protagonisti.
Bartolo Scandizzo