Scuola, abuso di precari. L’Italia deferita alla Corte di Giustizia UE
La Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver posto fine all’uso abusivo dei contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie. Valditara attende fiducioso che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento.
Da Bruxelles, il 3 ottobre scorso, la nota della Commissione Europea; la notizia del deferimento dell’Italia da parte dell’UE: “Oggi, la Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver posto fine all’uso abusivo dei contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie (Direttiva del Consiglio 1999/70/CE). Secondo la Commissione, l’Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione riguardo alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di contratti a tempo determinato successivi. La Commissione rileva che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non prevede un progresso salariale incrementale basato sui periodi di servizio precedenti. Questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progresso salariale. Inoltre, contrariamente alla legge dell’UE, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso abusivo dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Ciò viola la normativa dell’UE sui contratti a tempo determinato. La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di diffida formale alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di diffida formale nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione odierna di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le lamentele espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto in modo sufficiente rispetto alle preoccupazioni della Commissione. Saranno oggetto di ulteriore valutazione e possibile azione futura le lamentele riguardanti la mancanza di misure efficaci per penalizzare e risarcire l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altre parti del settore pubblico”. Il differimento UE si rappresenta il frutto di quasi tre lustri di battaglie da parte dell’ANIEF. Dopo il raddoppio dell’indennizzo deciso un mese fa dal Governo, sostiene il sindacato dei Proff. l’Italia continua a non rispondere in modo sufficiente. Questo provvedimento arriva, precisa Marcello Pacifico, dopo innumerevoli denunce presentate all’UE; l’Italia è stata denunciata all’Europa per abuso contratti a termine e alto tasso di precarietà con il record di 250mila supplenze annuali, che riguardano quindi un insegnante ogni quattro: il deferimento di oggi, frutto di 14 anni di battaglie portate avanti dall’Anief, arriva a 10 anni dopo la seconda procedura di infrazione 4231 attivata, la famosa prima sentenza della CGUE Mascolo, e 25 anni dopo l’approvazione della stessa direttiva UE n. 70/99 mai recepita pienamente per il personale scolastico italiano. “La decisione odierna, prosegue Pacifico, di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le lamentele espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto in modo sufficiente rispetto alle preoccupazioni della Commissione”. Conforta poi la presa di posizione netta dell’UE quando viene affermato “saranno oggetto di ulteriore valutazione e possibile azione futura le lamentele riguardanti la mancanza di misure efficaci per penalizzare e risarcire l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altre parti del settore pubblico”. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nel prendere atto del provvedimento, si attende speranzoso che parificazione docenti precari sia estesa anche a forme di reclutamento. “Prendo atto della decisione della Commissione europea, dichiara Valditara, che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti. Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un’intesa fra la Commissione e il precedente governo, aggiunge, superando le rigidità della riforma PNRR che creano un’oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni. Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento”.
Poco prima del deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea per l’abuso dei contratti a termine, con decisione frettolosa e inopportuna, il Decreto-legge Salva Infrazioni (DL 16 settembre 2024, n. 131) è stato oggetto di discussione alla Camera. Gli emendamenti volti alla stabilizzazione dei lavoratori precari, promossi dall’Anief e sostenuti da deputati del Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, purtroppo, non sono stati considerati. Le proposte sono state respinte dai parlamentari. I politici competenti le hanno giudicate inammissibili. Allo stato attuale non vi sono, in realtà, a seguito del provvedimento dell’UE, utili correttivi da parte del Parlamento. Le sanzioni inferte dall’Europa saranno ineluttabili. Si palesa a questo punto, fra l’altro, ancor più l’urgenza di una riforma utile a fornire la stabilizzazione imparziale e tollerante, senza alcuna discriminazione. “Ad oggi rappresentiamo oltre 100.000 insegnanti in tutta Italia, dichiara Marcello Pacifico, Presidente ANIEF. Abbiamo sempre lottato contro la precarietà, anche con azioni giudiziarie in tribunali italiani, alla Corte di giustizia europea e rivolgendoci ad altre istituzioni in Europa, come ad esempio il Comitato europeo dei diritti sociali e il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Nelle scuole italiane il 25% del personale attivo è precario: proprio a questo proposito, si deve notare che l’Italia non ha recepito nel suo ordinamento la direttiva europea n. 70 del 1999 che tratta il contrasto all’abuso dei contratti a termine e il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato. I nostri insegnanti sono tra i più preparati e specializzati al mondo. Molti di loro hanno dottorati di ricerca e numerosi master e corsi di formazioni. Vorremmo che questo fosse riconosciuto, a cominciare dal riscatto gratuito degli anni di studio e della formazione, ai fini pensionistici. Platone diceva che devono essere gli insegnanti a guidare la società. Questo è lo spirito che dovremmo recuperare. (..) In Italia il docente non gode più della stima pubblica ed è spesso bersaglio di critiche e violenze da parte delle famiglie, percepisce stipendi sempre più poveri, in un caso su quattro è precario e rimane tale troppi anni oltre il dovuto tanto da avere indotto la Commissione UE a deferire l’Italia alla Corte di Giustizia Europea e il nostro sindacato ad avviare una class action per recuperare fine a 24 stipendi come indennizzo per la mancata stabilizzazione. Inoltre, chi insegna nel nostro Paese difficilmente riesce ad avvicinarsi a casa, per via di vincoli immotivati e applicati anche quando vi sono i posti liberi per accoglierlo, hanno una carriera limitata alla sola possibilità di diventare preside. (…) Siamo soddisfatti, aggiunge Pacifico, ma c’è ancora tanto da fare. Per archiviare la procedura d’infrazione bisogna anche prevenire l’abuso dei contratti a termine; quindi, bisogna inserire un doppio canale di reclutamento che eviti questo abuso. Il fatto che venga raddoppiata la sanzione e quindi il risarcimento a favore dei precari ci trova pienamente favorevoli, soltanto negli ultimi mesi abbiamo restituito a 4mila precari più di 9 milioni di euro. L’anno scorso, nel 2023, 11 milioni di euro. È evidente, dunque, che lo sforzo dell’ufficio legale dell’Anief a favore della scuola sia grande, ma va in sinergia con la politica del sindacato in Italia, in Europa contro la precarietà”. I Proff. precari vanno assunti in ruolo. Questi docenti devono essere assolutamente assunti in ruolo per non reduplicare abuso di lavoro precario, cominciando a deporre le disposizioni che vietano di assumere su tutti i posti vacanti. Ivana Barbacci, Segretaria Generale della CISL Scuola dal marzo 2022: “Non sono purtroppo una novità le questioni su cui, a quanto si apprende dagli organi di informazione, si potrebbe avviare una procedura di infrazione sull’abuso di lavoro precario e sulla discriminazione che subisce chi, lavorando con contratti a tempo determinato, non si vede riconosciuta la progressione di anzianità prevista per il personale di ruolo. È una fattispecie, quest’ultima, già oggetto di contenziosi, sostenuti anche dalla CISL Scuola, che hanno visto soccombente l’Amministrazione. Il principio della non discriminazione è peraltro alla base della norma che, recentemente, ha previsto di estendere la card docenti anche ai supplenti annuali. Si tratta ora di vedere in che modo governo e parlamento daranno seguito alle decisioni che assumerà la Corte di Giustizia, mettendo fine alla latitanza che si è registrata rispetto a precedenti richiami. C’è anche un aspetto ai limiti del paradosso, in questa vicenda: la Commissione Europea che avvia la procedura di infrazione è la stessa che da anni si oppone, come è noto, a soluzioni legislative che vadano nel senso indicato dalla CISL Scuola per quanto riguarda il reclutamento, imponendo di fatto di procedere con modalità di reclutamento fallimentari, esse stesse fonte di ricorso inevitabile al lavoro precario, in assenza di alternative da noi indicate, ma respinte ‘perché l’Europa non vuole’. Difficile calcolare con precisione i possibili costi economici, mentre è ancora più evidente la necessità di irrobustire la dotazione di risorse per il prossimo CCNL del comparto. Sull’abuso di lavoro precario, siamo di fronte anche in questo caso a una questione non nuova, che in passato vide addirittura il tentativo di risolvere il problema scaricandone le conseguenze sui diretti interessati, ipotizzando un assurdo divieto di conferire una nuova supplenza dopo tre anni. Dando per scontato che non possa essere questa la risposta, ho solo da ribadire richieste che stiamo facendo da tempo: stabilizzare i posti in organico, rendendo possibile la loro copertura con personale di ruolo, rimuovere le disposizioni che impediscono di assumere su tutti i posti vacanti, rivedere il sistema di reclutamento, perché chi lavora precariamente abbia opportunità di rendere a tempo indeterminato il proprio rapporto di lavoro, attraverso un canale di assunzione che valorizzi l’esperienza maturata, da riconoscere come fattore rilevante di crescita professionale. Superare la precarietà prolungata sarebbe in realtà, a ben vedere, la chiave per risolvere positivamente, in un colpo solo, le due questioni oggetto di infrazione. Nell’incontro che avremo martedì col ministro non mancheremo certo di porre sul tavolo anche questi temi”.