di Giuseppe Liuccio
“Sa di pietra e vento il mio paese. La casa dove nacqui è avamposto, fresco d’estate e turbinoso nelle folate a mulinello d’inverno, sulle dentellature dei burroni, che minacciano da secoli il volo nell’abisso. Dalla finestra il mandorlo infiocchettato di neve a gennaio annunziava, però, primavera già a metà febbraio con i fiori fragili ed infreddoliti da fare tenerezza. Una colonia di agavi figliava, e figlia ancora, sciabole minacciose e, ogni anno, accendeva, e accende, candelabri di fiori, che tralucevano d’oro al sole pigro di settembre/ottobre. Ci andavo spesso, giovinetto, alla trasgressione appartata della prima sigaretta o alla sospirata attesa di appuntamenti sempre più fitti nell’assolato meriggio con la prima fidanzata. Era un luogo da paesaggio smemore soprattutto nella primavera avanzata quando le fessure ardite delle rupi esibivano cespugli di sambuco nel trionfo bianco della fioritura, le ginestre ingioiellavano d’oro effimero i petti bianchi scanalati e i capezzoli appuntiti leggermente anneriti di rocce ossificate che suggerivano galoppi delle prime fantasie erotiche così come il cardo in fiore con il tenero velluto spiumato dal cilicio della scorza invitava a baci caldi e carezze tenere. “Sui monti di pietra può nascere un fiore”; e lì la natura esplodeva per miracolo nel trionfo dei germogli spontanei con conseguente ubriacatura di mentuccia, finocchietto, mortella, valeriana, rosmarino, erica, orchidea selvatica. Era il mio eden a impiastricciar melina con il sottofondo di ronzio d’api a succhiare polline e ad inseminare buchi di roccia per altra proliferazione spontanea. E tutt’intorno lo strapiombo aereo di un paesaggio, orrido e bellissimo insieme, si caricava di sottile ma intensa tensione di sensorialità panica. Anche perché lì si materializzava una bella, intensa, commovente e tragica storia d’amore, che la tradizione orale ha tramandato di generazione in generazione, nel corso dei secoli, diversificata nei nomi e in qualche particolare, ma fondamentalmente identica nella sostanza del contenuto. Ha fecondato anche la mia scrittura creativa: Saul, capobrigante, bello come un dio greco, occhi di fuoco e capelli incolti arruffati penetra con violenza nel palazzo del marchese per un saccheggio a mano armata. Isabella, la marchesina, luminosa di grazia e di sorriso, statuaria nella bellezza della verginità intonsa, impavida nella sfida a lamine di guardi. È cotta a prima vista, irresistibile, furente a devastare cuore, anima e pensieri. Saul rinunzia alla rapina, Isabella ha trovato l’uomo dei sogni. L’amore esplode nottetempo nell’alcova del dirupo della Preta ‘Ncatenata, e si consolida negli incontri reiterati fino a quando la delazione servile degli invidiosi di turno non arma la mano del marchese padre/padrone fermamente deciso a stroncare la tresca con un plotone di soldati armati piombati all’improvviso sui giovani amanti spersi nella passione senza freni, al punto che, per non cadere nelle mani dei soldati e finire vittime della vendetta del marchese adirato, con la sola colpa di un amore tanto bello quanto impossibile si baciano, con spudorata ingenuità per l’ultima volta, si incatenano in un abbraccio indissolubile e, insieme, si lanciano nel vuoto a peana di libertà. Una avvincente e coinvolgente storia di amore e morte!!! Ho suggerito al sindaco, Rosario Carione, intelligente e motivato e perciò aperto al dialogo, che ha accettato l’idea con entusiasmo, di riscoprire ed esaltare la leggenda con la creazione di UNA VIA ED UN PARCO DELL’AMORE con percorso attrezzato con piante e fiori in tema e ritmato dai versi, scolpiti su maioliche colorate ad arabesco di muri, di poeti di tutti i tempi. L’Amministrazione Comunale è già al lavoro nella convinzione che l’idea può diventare motore di sviluppo con varie iniziative sul tema: 1) recital di poesie e canzoni d’amore; 2) cineforum con i grandi film d’amore; 3) weekend di enogastronomia all’insegna dei menu afrodisiaci; 4) pasticceria in tema (sospiri d’amore); 5) gadget, frutto della creatività degli artigiani; 6) magliette prestampate con le facce sorridenti degli innamorati suicidi, ecc, ecc. Insomma una serie di appuntamenti lungo tutto l’arco dell’anno, più radi nella bassa stagione, più intensi nei mesi estivi con l’intento di richiamare correnti di turismo giovanile, ma non solo, che dalla vicina costa di Paestum e di tutto il Cilento, ma non solo, salgano fin quassù per una esperienza insolita sull’onda delle emozioni d’amore”.
Questo scrivevo circa quattro anni fa, o giù di lì, lanciando l’idea/progetto della VIA DELL’AMORE. Oggi quel progetto è una realtà. È stato inaugurato il 22 dicembre del 2014 e nel corso di due anni e passa ha registrato un numero sempre crescente di visitatori. Mi sento di suggerire anche quest’anno ai miei lettori questa passeggiata tanto originale quanto insolita in occasione del weekend di San Valentino. Debbo, però, lamentare che il progetto resta ancora un’opera incompiuta. E questo appanna l’immagine di efficienza e di operatività dell’Amministrazione Comunale. Mi dispiace dirlo, ma il rilievo va mosso come stimolo a non allentare la presa sul progetto di futuro, ma anche come atto d’amore per la mia terra di nascita. Rinnegherei me stesso se non lo facessi.