«Allorché per colà passarono coloro che conducevano il Santo deposito in Salerno, il Signore Iddio con stupendi e inusitati prodigi rendette gloriosa la Traslazione del corpo di San Matteo in questa città».
La leggenda narra che nel 954 mentre i fedeli conducevano le spoglie dell’apostolo Matteo da Casal Velino a Capaccio, si verificò un evento miracoloso. I pellegrini, afflitti dalla sete, cercarono ristoro presso Rutino.
Qui videro sgorgare una fonte di acqua limpida e fresca. Così, in ricordo della protezione del santo, realizzarono un’effige e una lapide marmorea. L’antica fontana, chiusa da un muro circa 200 anni fa, oggi è stata riportata alla luce ed inaugurata giovedì 9 maggio. La fonte, nella sua splendida architettura è un simbolo unico nel suo genere perché segno tangibile della presenza di San Matteo. Oltre ad essere oggetto di culto e interesse per i tanti visitatori.
Prima di giungervi, si incontrano raffigurazioni – racchiuse in dieci archi – di pellegrini che condussero il santo in questo luogo e contribuirono alla sua traslazione. Le gigantografie si presentano con un solo segno di matita. Alla fine di questo cammino, si intravede la fontana. Composta da materiale grezzo e ruvido, sprigiona il suo fascino tra mura di pietra di antica data. Le ombre la accerchiano, conferendole splendore e maestosità. Il lento venir fuori dell’acqua rilassa le menti e rende l’animo leggero.
I lavori di restauro e riqualificazione saranno supportati da studi e ricerche, di cui si occuperà l’Università degli Studi di Salerno. Al fine di conoscerne il suo sistema tecnico, la storia che l’ha accompagnata nei secoli e il progetto delle menti che hanno collaborato alla sua realizzazione.
Il paese però è legato anche al culto di San Michele. Al tempo della Traslazione, infatti, Rutino era dominata dai longobardi. Questi, convertitisi al cristianesimo, sostituirono il loro Dio all’Arcangelo Michele, santo guerriero e difensore della comunità. La sua effige fu posta su scudi, vessilli e ne diffusero il culto nei territori occupati. Gli antichi fanno riferimento alla protezione del santo già nel 1567. Si narra – e ne danno certezza anche alcuni documenti – che fosse destinato in terra calabra. La sua statua però divenne così pesante da non permettere il proseguimento del viaggio. Oggi, un ulivo ne testimonia l’evento. In seguito, manifestò la sua protezione ai rutinesi durante il conflitto bellico e il crollo della volta della chiesa nella metà del ‘500.
Data la devozione, ogni seconda domenica di maggio dal 1866, la sua memoria viene onorato con la Sacra Rappresentazione “Il duello fra l’angelo e il diavolo”, ispirata al Paradiso perduto di Milton. In cielo compare un bambino raffigurante un angelo, pronto a lanciarsi. È sospeso nel vuoto, sorretto da una corda che lega le due estremità della piazza del paese. Indosso ha una corazza, una lancia, l’elmo d’argento ed un gonnellino celeste ed oro. La rappresentazione rievoca la cacciata di Satana coi suoi seguaci dal Paradiso. Vana la ribellione degli spiriti superbi, cacciati e condannati a vivere nel baratro infernale dall’Arcangelo.
La vittoria mette in evidenza la superiorità del Bene sul Male. Un invito alla pace e all’amore, volto a scacciare superbia, odio ed orgoglio.
Rutino, dal greco terra che ‘genera rose’ non è legato solo ai culti religiosi e alla memoria di santi come Matteo e Michele. Il borgo, con la sua forma allungata, si distinse per la libertà e l’unità nazionale anche in epoca garibaldina. Da ammirare, oltre a cappelle e monumenti, vi sono anche palazzi storici, come Palazzo Borrelli, Palazzo Cuoco-Voria, Palazzo Magnoni. Molti di questi provvisti di interni in pietra, atrii caratteristici e giardini rigogliosi. Qui si trova anche la casa natale del poeta Ezio Cetrangolo, famoso per le sue poesie e traduzioni sia dal latino che dal greco.