Se si dovessero tirare delle sommarie considerazioni, sul vasto territorio provinciale del Cilento, destinato a vivere di un apparente stato realizzato, per pochi mesi all’anno, diverrebbe facile, inciampare sulla sabbia degli eufemismi. La delusione, il malcontento sociale, hanno contribuito a comunicare, nuovi eventi significativi in negativo. Dallo spopolamento, all’emarginazione, al precariato, al degrado di diverse aree abbandonate nel loro stesso aspetto ed evidente declino, oltre che, dalla visione passiva e collettiva degli stessi abitanti, costringendo alla rassegnazione, chi, per anni, ha cercato invano e non con poche energie a suo carico, un confronto costruttivo con le istituzioni. Il leggero vento di ottobre, inizia a diventare man mano sempre più freddo, anche nel 2021, come ogni anno, agile, forte e ancora progressivamente pungente, da sembrare più insistente e rumoroso nell’attraversare il silenzio assordante dei borghi del tempo autunnale. Già, il tempo, l’unico elemento ad avere sicura traiettoria, senza soste annesse e differenziazioni di genere, passando ovunque inarrestabile, per tutto e tutti, non risparmiando nessuno. In antitesi al suo scorrere, l’appannaggio del segno di una rinascita. Si spera, ci si illude, ci si acceca con parole prive ormai di luce reale, dai contorni propagandistici delle prassi comunicative, mai rinnovate, sui balconi a festa, ricoperti dal frastuono degli urlanti altoparlanti del “cambiamento”, dove in modo sorprendente si svestono improvvise, idolatrie e dichiarazioni di amore verso il proprio popolo. E si continua a perseverare su vecchie tracce affisse, con la stessa colla da parati, in avanzo dalla Prima Repubblica, a voler trasferire con veemenza, la sensazione della vibrazione dell’onda positiva, del rilancio. Ma è l’opera del convincimento, circoscritta in piccole frasi ed eventuali messaggi personalizzati di invito – richiesta del voto, una farla da padrone. Cercare il consenso, sulla base di unidilliaco verso: “Io do a te, se tu convieni al mio incremento numerico”. Un pacchetto promozionale, dove si offrono le possibilità di usufruire, in un domani ipotetico, ma imminente, della corsia preferenziale per cose irrealizzabili, cosicché, dopo anni di porte chiuse o semiaperte all’occorrenza, è il ritorno alla danza inversa dei cambi di rotta che costituiscono il “larsen” più alto del folklore elettorale. Dai candidati ai sostenitori, agli avalli, con riscontri pressoché analoghi ai precedenti, a dir poco imbarazzanti. Tutto un concentrato di squilli telefonici, all’ultimo momento utile. Frettolose,insistenti e accentuate – modalità comune risapute – consuetudini dalla gran parte dei cittadini, inclini a scavalcare le capacità di scelta di ognuno, di anima onesta, di buon intelletto. Ci è sempre andato bene questo modus operandi? Piuttosto che leggere arbitrariamente o sentirsi illustrare, nelle sedi pubbliche ed opportune, i programmi mirati sarebbe vero indice di svolta, nel tentativo di migliorare consistentemente, le capacità gestionali della cosa pubblica, invece di affidarsi all’incognita delle scatole chiuse. Troppo difficile o ci si sente lusingati davvero, per la considerazione di qualche “illustra” figura che, suo malgrado, si farà carico del destino di tutti? Come se l’esperienza nel dar fiducia per conto d’altro, non avesse mai fatto danno alcuno, al punto da richiamare nei più attenti e ormai silenti osservatori, esausti e arresi, ossessivamente ripetitivi, la dicitura dei corsi e ricorsi. Il tempo, quindi, è non solo il prediletto attore naturale, ma il testimone neutrale della storia, impostore a sua volta di diritto, tiranno dalle vesti del giudice spietato, pronto a sentenziare l’andamento della mutazione del vento, volenteroso e impaziente nel mostrarsi ennesimo castigatore. Nel Cilento, quel che manca, sembra addirittura essere questione di comodo, continuando ad essere oggetto di innumerevoli e rimarchevoli appigli elettorali, mica roba da poco! Di tutt’altro animo, invece, gode colui che vive il disagio della realizzazione. È un dato di fatto palpabile in ogni angolo e coinvolge più generazioni. Un’emergenza sulla quale sarebbe finalmente opportuno, iniziare a lavorare con trasparenza e lungimiranza, considerando in accurata analisi, la questione sociale di primaria importanza, Ad oggi sembrerebbe inaccettabile rivedere il remake di un film che, del piattume culturale, ha fatto la cassa di pochi eletti. Un manifesto che continua a bandire slogan di opportunità, di sviluppo, ma scarno ancora di un’alternativa possibile, forte, mutuale, giusta e d’avanguardia, che molta “ricchezza” locale, inespressa e probabilmente sconosciuta, potrebbe davvero sopperire al vuoto, sotto molteplici punti di vista. Intanto, dalle bocche di diversi proclamatori, in alcuni comizi elettorali dei giorni addietro, si sono percepite ancora le solite polpette di zucchero, servite a caldo, con l’uso improprio di frasi di rito – “siamo per le eccellenze del territorio”. Sarebbe stato consono fruire un messaggio più realistico, degno delle aspirazioni e segno di vicinanza per le problematiche relative al lavoro, alle possibilità mancate, per la funzionalità istituzionale, sempre più affogata dall’inefficiente spinta operativa e dal freno della macchina burocratica, tanto per cambiare. Che dite, senza promettere la luna, riusciremo a salvare il salvabile? Al tempo ancora, l’ardua sentenza?