Da studenti universitari eravamo adusi a momenti di abbandono artistico; ricordo (meravigliosi) istanti di evasione dalle fatiche ingegneristiche: io e l’amico Ugo Galluccio, durante le pause-studio, temporaneamente abbandonavamo libri, schemi grafici e circuiti, energia termica e meccanica, argomenti di Fisica Tecnica, Matematica e quant’altro; nascevano ‘attimi lirici’, declamavamo all’unìsono delicati versi leopardiani: Silvia, rimembri ancora … od impetuose ed urlate terzine foscoliane: Forse perché della fatal quiete tu sei l’imago… Talvolta scendevamo giù per sgranchire ‘la gambistica’, e, passeggiando, Ugo amava catturare l’estemporanea realtà eseguendo foto con lampi di flash scattati con l’ausilio della emozione avvertita in quella particolare circostanza, o cogliendo l’attimo del ritrarre situazioni curiose, paesaggi, persone; poi giungeva la fatidica ora d’intraprendere la ‘ristudiazione’ (conversavamo usando il nostro linguaggio bizzarro, ricordi, Ughissimo?) e lungo il percorso di ritorno inventavamo tenerezze, divertendoci da matti a recitare assurdità e ‘leggerezze’ del tipo:“L’attenzione è pronta al sacrifizio/sull’altare dell’energia termica padrona”…“L’ora della ristudiazione/non ha il calore dolce/di braccia femminili che ti stringono/ rabbrividiamo al pensiero/ dello studio d’un ciclo frigorifero” … Son ben note, d’altronde, la severità e la rilevanza di contenuti delle discipline ingegneristiche. La consorteria in molteplici e simpatiche rivisitazioni poetiche trovava nutrimento e slancio dal nostro lontano, comune amore per le discipline umanistiche; quando frequentammo la scuola media ricevemmo un premio, riconoscimento correlato a prove di carattere letterario. In merito alla mia esperienza, fui inserito tra i ragazzini prescelti a partecipare ad una trasmissione di RAI 1 (“La TV dei ragazzi”) da svolgersi presso il Grand Hotel La Favorita di Sorrento il 15 gennaio 1970, nel corso della quale si doveva realizzare una intervista a Gianni Rivera; intervistatori erano, per l’appunto, studenti delle Medie, e il mio docente di Italiano, prof. Abundo – al quale piaceva il mio modo di recitare versi, amavo Foscolo e conoscevo a memoria diversi suoi sonetti – approntò la riflessione che dovevo proporre a Rivera in merito allo sbarco sulla Luna avvenuto l’anno precedente. Pervenimmo a Sorrento in tarda mattinata, pranzammo con i calciatori rossoneri, era per me un qualcosa d’assolutamente fiabesco conversare con il “paron” Nereo Rocco, con “la roccia” teutonica Schnellinger e l’altissimo portiere Cudicini, con “viso d’angelo” Rosato, con il fantastico Pierino Prati col quale, ricordo, rievocammo la favolosa galoppata che condusse la Salernitana a trionfare nel torneo di serie C del 1965-66, uno degli artefici di quel trionfo fu Pierino; il quale, nella gara che il Milan disputò a Bari 3 giorni dopo, realizzò una quaterna, il Milan si impose 5-0. Ritornando al mio amico, Ugo è nato ad Atripalda nel 1955, da giovincello manifestava passione ed interesse verso la fotografia e la realizzazione di filmati. Relativamente all’aspetto professionale, è ingegnere elettronico libero professionista; per quanto riguarda il campo artistico, tra i suoi soggetti preferiti, inquadrati ed immortalati con fotocamera e cinepresa, vi sono scale e gradinate monumentali, alle quali conferisce splendidi effetti di profondità prospettica; singolarmente originali sono le creazioni aventi per soggetto le fontane ed i getti idrici: Ugo ama bloccare il movimento dell’acqua trasformando il fluire del liquido in un modello scultoreo, dunque, elaborando opportunamente i tempi d’otturatore e di esposizione, realizza “sculture idriche” e “luci danzanti” utilizzanti il liquido catturato dal suo “clic” fotografico e plasmato quale elemento scultorio. Durante la frequentazione delle Medie, nel 1967, conseguì un premio correlato ad una manifestazione indetta dalla sua scuola, la competizione letteraria prevedeva una prova di carattere creativo: occorreva sviluppare un articolo illustrativo della tappa del Giro ciclistico d’Italia il cui traguardo era Salerno. Quel momento rappresentò, metaforicamente, il “direttore d’orchestra” che “diede il LA” alle sue composizioni artistiche. Dunque, si era nel maggio 1967, il Giro d’Italia quell’anno veniva sponsorizzato dalla summenzionata azienda che offriva, in tutte le città fungenti da traguardo di tappa, un premio: invitati, per ciascuna scuola della città, ragazzi bravini nella scrittura, i quali dovevano assistere, dalla tribuna stampa, all’arrivo solitario del ciclista o alla classica volata di gruppo; indi avevano il compito di redigere un articolo analizzando e dettagliando l’arrivo della gara; la competizione, a Salerno, venne vinta dal tedesco Altig, subito dopo tutti gli alunni invitati scrissero il loro bel pezzo giornalistico, il futuro ingegnere mio Ugheggiante amico conseguì il primo premio, ricevé la ‘stella d’oro’ della San Pellegrino insieme ad una cinepresa Kodak, ed il suo articolo fu pubblicato sulla Gazzetta dello Sport. Da quell’intenso momento si è sempre interessato, coltivandola con amore, alla cosiddetta ‘ottava Arte’ (secondo la convenzionale e fittizia classificazione che indicherebbe primeggiante l’Architettura, arte primitiva per antonomasia), realizzando filmati e belle immagini di natura eterogenea, spazianti dal paesaggio alla figura, al cogliere l’atteggiamento inconsueto e sequenze ordinarie e quotidiane di accadimenti, integrando il tutto con effetti suggestivi. Ne fanno fede alcune immagini qui proposte: La foto n. 1 (UN DUPLICE ENIGMA) e la n. 4 (CROCEFISSIONI) evidenziano il mistero (due X, con X=incognita, simboleggianti l’enigma della vita) ed un evento cardine. Le immagini n. 3 e n. 5 sono di carattere letterario: nella n. 3 (titolo: OGNI ALTRA VITA) vi è il richiamo ad una poesia di Umberto Saba descrivente ‘una capra dal volto semita’ personificante il comune destino di sofferenza che, ineluttabilmente, coinvolge tutte le creature; l’ambiente crepuscolare della fotografia n. 5 allude ad una lirica di Corazzini avente quale oggetto un organetto diffondente vecchie e monotone arie. Infine, nella n. 2, il richiamo ingegneristico ad una sollecitazione che grava su strutture e costruzioni, la torsione. Pur affrontando temi correlati a malinconia e rimpianto, le creazioni artistiche di Ugo trasmettono messaggi luminosi, forme scultorie valicanti il ‘buio visibile’ ed ombre che apparentemente sembrano avvolgere impietose ogni minimo aspetto della realtà: a ben osservare credo le vere luci risaltanti siano quelle mistiche.
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