Fra Macro e Micro dimensioni oscilla la scelta espositiva dell’artista, performer, scenografa salernitana Antonella Pagnotta protesa costantemente ad un dinamismo creativo ed evolutivo che si muove agevolmente lungo l’eterogeneità dei materiali e delle tecniche. La sequenza delle sue opere viene appesa interamente ai fili alla stessa stregua di “panni stesi al sole”. La sua è una voluta, trasparente allusione ad una consuetudine non solo di quotidianità femminile ma amplificata anche ad una tradizione millenaria oggi andata in disuso: l’esibizione pubblica del lenzuolo della prima notte, lì sotto la luce solare ad attestare, a documentare senza ombre né dubbi a tutti che è stato dato il dono della purezza, che si è superata la prova d’amore della prima volta e che è avvenuta la trasformazione del bruco-giovinetta in farfalla-donna.
Nella costruzione di ogni tela Antonella ci mette senza falsi pudori, né reali timori la sua faccia, si espone in prima persona col suo corpo: procede da un nucleo centrale, dal baricentro fotografico della sua figura messa a nudo per irradiarsi ad altre realtà, fisionomie, storie di donne conosciute o solo sfiorate. In tutte loro ha voluto pienamente immedesimarsi completamente sia con la sua fisicità che con la sua profonda spiritualità. Ed è grazie a tale identificazione che ha potuto vestire i panni della sposa, della geisha e di tante altre esperienze: l’artista diventa volontariamente un replicante, la sua vita individuale si moltiplica, prolifera in altri mondi, in altre storie che ci sono state o che verranno. Storie mutuate da una esperienza lavorativa che per tanti anni l’ha condotta a sviluppare una forte empatia con gli altri nel sociale e nel mondo della devianza. Ma oltre a duplicarsi l’artista scatta luminosi flash sui modi di essere della società tecnologica contemporanea, sulla sua spettacolarizzazione estreme, sul divismo eccedente, sul narcisismo sfrenato che porta a reiterare il proprio io fino al desiderio di immortalità, sull’autoreferenzialità, sulla ricerca di consensi e di applausi ad ogni costo. Cammina sul tappeto del suo corpo con una scarpa appuntita e col tacco a spilloma non in silenzio o in punta di piedi anzi con fragore.
Sono due gli elementi che la supportano: la fotografia e la pittura; sembrano correre su binari paralleli ma poi finiscono per intersecarsi e sovrapporsi in una stratificazione che si amalgama e si armonizza sotto il segno di una sola cifra artistica e stilistica assai singolare. Entrambe parti imprescindibili di un particolarissimo, originale procedimento che conduce Antonella dalla sponda della semplice creatività all’arduo ma autentico approdo all’arte.
Gabriella Taddeo